Ha ufficializzato la data    – sarà il 5 dicembre – ma continua a tenere ben nascosto il conto finale della stangata di Natale. Mario Monti è determinato. Lunedì porterà sul tavolo del consiglio dei ministri la manovra sui conti pubblici. Un mix di misure complesso. Insomma, il solito pacchetto patchwork all’italiana. La cifra non è ancora chiara e  la forchetta resta ampia: da 10 fino a 30 miliardi di euro. Una correzione necessaria sia per tentare di arginare la speculazione finanziaria sia per rimettere le casse pubbliche al sicuro.

Sta di fatto che con in tasca la promozione Ecofin, il premier punta a una approvazione lampo. L’obiettivo, ambizioso, è di varare il provvedimento anticrisi nel giro di pochissimi giorni. Il Professore della Bocconi rifiuta l’accusa di essere in ritardo e, al contrario, rivendica i «tempi record» entro i quali sta portando avanti il lavoro a palazzo Chigi. Ieri Monti a Bruxelles ha presentato il piano dell’Esecutivo all’Unione europea e ha delineato le misure. Molti partner Ue avrebbero rimarcato la «forte credibilità» del nuovo Governo. «Rigore, crescita ed equità sociale» saranno i pilastri su cui poggeranno le misure allo studio. Che insisteranno sul rilancio del Pil non perchè il consolidamento sia «meno importante», ma semplicemente perchè il Governo precedente guidato da Silvio Berlusconi ha già fatto «passi significativi» sul rigore mentre ha latitato sulla crescita.

Di numeri, però, così come il suo vice all’Economia, Vittorio Grilli, il Primo ministro si è guardato bene dal parlare. L’unico dato che conferma è lo «zero» del saldo di bilancio che l’Italia rispetterà pienamente nel 2013. Ragion per cui saranno attuate le due manovre estive, affiancandole con  «ulteriori riforme strutturali». Misure, ha precisato, che avranno «effetti di riduzione» del deficit «nel breve periodo». Solo così, anche in caso di un «deterioramento del ciclo economico», si potranno rispettare gli impegni europei. Traguardo che dovrebbe essere agevolato anche dall’inserimento nella Costituzione del vincolo del pareggio di bilancio (ieri il primo ok della Camera).

È buio pesto, però, sui dettagli delle misure del Governo. I  capitoli di intervento sono quelli annunciati alla Camera e al Senato: evasione, fisco, lavoro, dunque. Ma soprattutto pensioni. Terreno minato sul quale il premier aveva sorvolato in Parlamento nei suoi discorsi di insediamento. E proprio sul delicatissimo capitolo previdenziale, sul quale si trova già il muro dei   sindacati, Monti è stato lapidario: «Penso di agire rapidamente». Tant’è che potrebbero non esserci incontr ufficiali tra il Professore e i segretari di partito. Per le pensioni si configura una stretta importante, dal blocco della perequazione automatica all’aumento degli anni di contributi (oltre i 40), dal contributivo pro-rata per tutti all’anticipo al 2012 della riforma che aggancia l’età pensionabile alle aspettative di vita. L’obiettivo è garantire la tenuta dei conti pubblici non solo nel medio-lungo periodo ma anche nel breve. Sulla questione ieri si è registrata la levata di scudi da parte dei sindacati. Di fatto è scontro aperto tra Governo e sigle. Se Susanna Camusso della Cgil ha parlato di «40 come numero magico intoccabile», Raffaele Bonanni della Cisl ha chiesto invece «un confronto trasparente» per sapere che cosa il governo intende fare anche sulla patrimoniale e sulla spesa pubblica.

Le parti  non sono state ancora contattate dal nuovo governo. Almeno formalmente perchè sarebbero in corso contatti informali. Ma la richiesta è di vedere il pacchetto completo delle misure per poter valutare quanto i sacrifici siano distribuiti. Ieri Monti ha assicurato che «le consultazioni ci saranno» ma si è anche appellato «al senso di responsabilità» delle parti sociali e del Parlamento perché altrimenti «le conseguenze sarebbero molto gravi per tutti». E ha sottolineato che il Governo è stato chiamato per «fare cose che le ritualità tradizionali forse non hanno consentito di fare». Come dire che le trattative coi sindacati si vanno a far benedire. Più morbida la linea di Confindustria: la manovra «è necessaria» ed è «importante che ci siano anche misure che aiutino la crescita, perché il Paese è in recessione», ha detto   Emma Marcegaglia.

Altro tema caldo, le tasse sulla casa. Per quanto riguarda la fiscalità immobiliare si ipotizza un ritorno dell’Ici ma che potrebbe essere progressiva, in qualche modo agganciata al reddito o al numero degli immobili. E comunque coordinata con la nuova Imu prevista dal federalismo. Sulle rendite catastali la via più rapida sembrerebbe quella di una rivalutazione secca del 15%. Sempre in materia di tasse, possibile il rincaro di 1-2 punti per le aliquote Iva del 21% (che passerebbe al 23%) e anche del 10% (all’11%). Occorrerà verificare se questo spostamento del peso delle tasse sulle cose potrà vedere da subito anche un principio di alleggerimento dell’imposizione sui redditi da lavoro e sulle imprese. Libero, 1 dicembre 2011