Pdl in Senato ha i numeri per bloccare Monti: lo scambio imposte-interventi sulle pensioni accontenta forse il Pd, non gli azzurri

Se Alfano e il Pdl ci sono, ora  battano un colpo: è l'ultima  chiamata per fermare Monti

Giorno dopo giorno prende corpo la stangata di Mario Monti, una manovra che secondo le ultime stime dovrebbe aggirarsi intorno ai 23-25 miliardi di euro. All’interno del pacchetto sono quattro i punti che il Pdl proprio non riesce a digerire: Ici, Irpef, patrimoniale e tracciabilità dei pagamenti al di sopra di 500 euro, alias il grande fratello fiscale. Segue il commento di Martino Cervo.

Effettivamente, erano misure «impressionanti», e adesso il pettine è gonfio di nodi. Questione di ore e dovrebbe chiarirsi se le bozze trapelate ieri sono fantasie o realtà con cui le tasche degli italiani faranno rapidamente i conti, con tanti saluti alla lettera alla Bce. C’è una terza ipotesi: che la spremuta di tasse prospettata sia una mossa molto poco tecnica da parte del governo.  Che sia cioè l’equivalente di una sparata a quota 100 fatta per portare a casa 40, guadagnando anche un’immagine di ragionevolezza.

Monti e Angelino Fosse così, a maggior ragione oggi il colloquio tra Mario Monti e Angelino Alfano (e Silvio Berlusconi, se sarà confermata l’intenzione del premier di ascoltare il suo predecessore) assume un peso politico senza precedenti, perché dal suo esito dipendono le condizioni economiche, dunque una fetta di libertà, di milioni di elettori. Attenzione: non necessariamente del Pdl. L’innalzamento delle ultime due aliquote dal 41 al 43 e dal 43 al 45 investirebbe redditi mensili netti a partire da 2.600 euro di lavoratori dipendenti. Privilegiati, certo, ma difficili da considerare benestanti o tantomeno abbienti, se membri di nuclei familiari monoreddito, e senza parlare dell’Ici. C’è di mezzo pure un fiume di elettori del Pd.

Lo scambio di Pier Luigi Sarà interessante capire se è vero che il segretario democratico Pier Luigi Bersani ha di fatto condotto una trattativa che vedeva su un piatto il soffertissimo sì al ritocco delle pensioni contro cui la Cgil prepara barricate e sull’altro la macelleria di ceto medio uscita ieri pomeriggio tramite le agenzie. In pratica, avrebbe «ottenuto» tasse da far dimenticare il livello già record in cambio di assenso politico sulle pensioni e, forse, sugli interventi legati al mercato del lavoro. Se il Terzo polo fosse allineato a questa posizione, la maggioranza alla Camera può esserci. Al Senato, sulla carta, no. Oggi Angelino Alfano ha l’occasione di mettersi alle spalle una giornata storica nel suo cammino di segretario politico del Pdl.

Tecnici addio La garbata perifrasi del governo tecnico è durata lo spazio di settimane stordite dalla novità fulminea imposta dal Colle, ma in queste ore è la politica – caduto il grande alibi del Cavaliere – a fare i conti con scelte raramente così decisive per la vita dei cittadini, per di più con gli occhi di mezzo mondo puntati su Roma. O Alfano gioca il peso in Aula del partito che rappresenta – recuperando, almeno su questo, l’asse con la Lega – e fa valere l’idea di fisco, di persona, di società, che gli elettori hanno mostrato di voler difesa, o c’è da chiedersi se il Pdl meriti di esserci ancora. Anche perché, malgrado sia passato nel dimenticatoio del confuso frullato di manovre estive, il vecchio governo ha già inserito il contributo di solidarietà biennale, cui la stangata Irpef e Ici si cumulerebbe. Rendersi partecipe, con qualunque pressione dettata dall’urgenza o dal calcolo sulla durata dell’esecutivo, di quest’altra batosta, sarebbe un certificato di distruzione di identità.
di Martino Cervo, Libero, 3 dicembre 2011