Dirigibiel Goodyear nei cieli di Roma: una veduta aerea di San Pietro (foto Gmt) Come previsto, la vicenda dell’Ici sui beni ecclesiastici è decollata e coinvolge in maniera trasversale destra e sinistra. Le richieste di assoggettare all’imposta gli immobili della Chiesa che ne sono esenti provengono da varie aree politiche. Alcuni sono mossi da un disegno ideologico (sinistra radicale, laicisti, liberali), altri da sentimenti di «equità» più o meno sinceri. Non ci sono dubbi però che il tema sia nell’agenda del Palazzo. Quel che continua ad essere un oggetto misterioso è la posizione del Vaticano. Perché appoggiare la manovra di Monti – come ha saggiamente fatto ieri il segretario di Stato cardinal Bertone – non sposta di una virgola il problema dell’Ici: la Santa Sede e la Cei hanno una linea da presentare non solo ai fedeli, ma anche al contribuente italiano? Il cittadino al quale vengono chiesti, appunto, sacrifici, in cuor suo credo si ponga anche un’altra domanda: cosa ne pensa di questa vicenda il Papa? Come si vede, porre la questione non è un esercizio scolastico, ma valutare le implicazioni del caso. Che non riguardano solo il Fisco, ma anche l’etica e il comune sentire in un momento particolare della vita italiana. Immagino che Ratzinger sia pienamente informato della situazione e che il cardinal Bertone e il cardinal Bagnasco – presidente della Cei – abbiano parlato con il Santo Padre dei risvolti che può assumere questa vicenda. Ci sono ancora alcune domande da porsi: è giusto che la Chiesa faccia muro sul tema e dica no a prescindere? O piuttosto è il caso di aprire un dialogo con lo Stato italiano e trovare una soluzione negoziata? Visto il dibattito interno, valutato il contesto economico e il peso di una manovra da 30 miliardi, penso che la seconda opzione sia quella più conveniente. La categoria di immobili «protetta» infatti è fuori dai Patti Lateranensi (che tutelano gli immobili della Città del Vaticano) e in qualsiasi momento lo Stato potrebbe gabellarvi sopra come meglio crede. Un accordo oggi avrebbe il vantaggio per il Vaticano di operare con certezza sul domani. Renderebbe pretestuose, inoltre, le richieste di revisione del gettito dell’otto per mille. La comunità dei cattolici ha bisogno di risposte certe e meditate. Io da credente me le attendo. Per il bene della Chiesa.  Mario Sechi, Il Tempo, 8 dicembre 2011

…………Ha detto il Cardinal Bertone, Segretario di Stato del Vaticano, che in tempi difficili è giusto imporre e fare sacrifici. Chi può dargli torto? E allora è altrettanto giusto (ci guardiamo bene dal dire “è sacrosanto”!) che tutti facciano sacrificoi. Anche la Chiesa nella sua veste temporale, quale è allorquando ci si riferisce  alle migliaia di immobili di cui è proprietaria, fuori dalla Città del Vaticano, come giustamente nota Sechi, che non sono sottoposti al particolare status derivante dai mussoliniani  (e craxiani) Patti Lateranensi, e per i quali la Chiuesa gode di particolari privilegi, il primo dei quali è l’esenzione dall’ICI, benchè la maggior parte di questi immobili sono utilizzati per lucrose  attività  commerciali che spesso con la Chiesa nulla hanno a che fare. E’ vero, la Chiesa svolge una funzione importante, specie nella meritevole e insostituibile azione di aiuto ai poveri, ma non siamo ormai tutti poveri, specie i lavoratori e i pensionati a carico dei quali pesa la ingiusta, iniqua, settaria manovra dei professori? E allora ci pare che la proposta di Sechi sia una proposta di buon senso. Il Vaticano si sieda a un tavolo di trattativa con lo Stato e accetti di trovare un accordo che salvaguardi la sua azione e nel contempo distribuisca i sacrifici in maniera  più equa. E già che ci siamo, una forbiciata va data anche e subito ai privilegi della politica per nulla toccati dalla manovra di Monti, salvo una avveniristica cancellazione di qualche centinaio di cariche nelle Provincie. VANNO ELIMINATI I VITALIZI, A TUTTI E PER SEMPRE. Ai deputati e ai consiglieri regionali, senza distinzione e immediatamente. I deputati e i consiglieri regionali  scelgono liberamente di candidarsi alle cariche pubbliche e se eletti percepiscono una indennità di carica. Appunto, una indennità che è legata alla carica. Cessata la carica, cessa anche l’indennità. E’ stato un abuso consentire che l’attività politica si trasformasse in un mestiere e alla cessazione della carica e quindi dell’indennità si desse luogo a quello che è stato chiamato vitalizio. Non hanno mestiere deputati e consiglieri regionali? Peggio per loro! E siccome la crisi economica sta travolgendo tutti, è una vera e propria catastrofe secondo Monti,  che però si guarda bene dal fornire  dettagli quasi fossimo tutti cretini, travolga anche e prima degli altri quelli che con il loro comportamento ci hanno portato al punto di non ritorno. Senza fare storie e prenderci in giro. Quando si arriva a negare il modesto adeguamento delle pensioni a chi vive con 1401 euro al mese (sempre che passi l’emendamento che lo consente alle pensioni sino ai 1400 euro mensili) non si possono più fare sconti a nessuno. g.