È partita la caccia a chi non paga l’Ici. Si allarga il fronte politico di chi vorrebbe maglie più strette per far pagare le tasse anche alla Chiesa. Il presidente della Cei Bagnasco venerdì ha mostrato disponibilità «a valutare la chiarezza della norma». Ma allo stesso tempo l’Avvenire passa al contrattacco segnalando che non soltanto i beni ecclesiastici sono esentati dal pagamento delle tasse sugli immobili. In effetti l’elenco è lungo, e comprende tutti gli edifici di proprietà di organizzazioni internazionali e Stati esteri (compreso però il Vaticano), così come le fondazioni culturali e liriche, le Camere di Commercio, le università, le scuole. Anche i musei, ma a patto che non comprendano attività commerciali come book-shop o caffetterie (il che li esclude praticamente tutti). Sono poi esentate tutte le associazioni impegnate nel sociale, e in questo novero finiscono anche attività ricreative, come buona parte dei 5.500 circoli Arci.

LE STIME – Ma torniamo ai beni ecclesiastici. Secondo stime dell’Anci aggiornate al 2007 – quando ancora esisteva l’Ici sulla prima casa – l’esenzione vale 400 milioni di euro l’anno, al netto dell’inflazione e della rivalutazione degli estimi catastali prevista dalla manovra. Come è noto, solo i luoghi di culto, di pertinenza religiosa o che svolgono funzioni di assistenza ai bisognosi sono esentati dalla legge. Ma da più parti sono stati sollevati dubbi sul rispetto delle norme. Al punto che lo stesso Bagnasco ha chiesto che vengano sanzionati gli eventuali abusi. Il controllo «fiscale» sui beni della Chiesa spetterebbe alle amministrazioni, che però su questo fronte fanno poco o nulla. Secondo alcune rilevazione, addirittura il 20% del patrimonio immobiliare italiano farebbe capo alla Chiesa. Il catasto comprenderebbe 100mila fabbricati, il cui valore si aggirerebbe attorno ai 9 miliardi di euro. Le stime di settore parlano di circa 115mila immobili, quasi 9mila scuole e oltre 4mila tra ospedali e centri sanitari. Solo a Roma ci sono 23mila tra terreni e fabbricati, 20 case di riposo, 18 istituti di ricovero, 6 ospizi. Ma di questi quanti realmente dovrebbero essere tassate?

L’INCHIESTA DEI RADICALI – I Radicali da anni, spesso come voce solitaria, segnalano l’anomalia dei beni di proprietà della chiesa sfruttati a fini commerciali e tuttavia esentati dall’Ici. Il consigliere comunale di Milano Marco Cappato ha presentato un’interrogazione per conoscere quali solo i beni della Chiesa e quanti controlli fiscali sono stati fatti fino ad oggi e con quale risultato: «Non ho ancora ricevuto risposta – spiega – nell’attesa ho chiesto conferma del trattamento riservato ad alcuni dei beni ecclesiastici chiedendo se fossero esentati. Ed ottenuta risposta positiva, abbiamo provveduto noi a fare una piccola verifica». Il segretario dei Radicali Mario Staderini si è presentato in alcuni studentati e convitti ecclesiastici chiedendo una stanza per qualche notte. Ha così scoperto che in qualche caso, dietro la parvenza di una struttura religiosa, si celava un vero e proprio albergo, con tanto di tariffe perfettamente in linea con i costi del mercato. Il tutto filmato da una telecamera nascosta.

LA FISSAZIONE – Per Avvenire bisognerebbe diffidare dalla «Fissazione radicale». Come spiega il direttore Marco Tarquinio, quella in corso è un’offensiva contro la solidarietà: «I promotori della nuova campagna anti-Chiesa, che ha risposto acremente agli appelli del mondo cattolico per misure fiscali pro famiglia e anti evasione, vogliono in realtà tassare la solidarietà». Il giornale dei vescovi ribadisce che l’esenzione compensa il welfare erogato dalle strutture ecclesiastiche.

LE ALTRE ESENZIONI – In un altro articolo appare anche una breve elencazione degli «esenti meno noti», ossia «partiti, circoli culturali e sindacati». Tesi poi ribadita anche da alcuni esponenti politici di primo piano, come Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo alla Camera del Pdl: «Esistono esenzioni fiscali per le attività non lucrative – prosegue – di cui beneficiano non solo le confessioni religiose ma ad esempio anche i sindacati e la vasta galassia dell’associazionismo». Avvenire cita il caso delle sedi associative che diventano ristoranti: «Vi è mai capitato di entrare in un locale dove si ascolta musica, si mangia e si beve allegramente? Prima di entrare vi fanno pagare una piccola quota associativa con tanto di tesserina? Bene, quel locale, noto circolo di una nota associazione ricreativa, non paga l’Ici». E in un duello che inevitabilmente riporta la memoria ai tempi di don Camillo e Peppone, passa poi alle case del popolo. «Così pure i partiti politici», aggiunge il quotidiano, elencando le categorie che, in virtù della loro funzione sociale, sarebbero esenti dall’imposta.

I PARTITI PAGANO – Quindi anche il Partito Radicale, che da anni è l’alfiere della caccia all’esenzione, non pagherebbe l’Ici? «Non è affatto vero – replica Staderini – per la nostra sede noi paghiamo eccome, anche 2-3mila euro all’anno». È ancora più preciso il tesoriere del Pd, Antonio Misiani: «La normativa vigente prevede che i partiti politici siano soggetti al pagamento dell’Ici, salvo diversa deliberazione delle amministrazioni comunali». Che però vengono gestite dai partiti medesimi. Allo stesso tempo, tutte le sigle sindacali hanno provveduto a fare lo stesso comunicato: «Paghiamo regolarmente l’Ici». Su un patrimonio che del resto, restando solo ai confederali, sfiora quota diecimila immobili. Antonio Castaldo, Il Corriere della Sera, 10 dicembre 2011

.……..Bene, prima di dare l’ulteiror stangata ai redditi di lavforatori e pensionati con l’ICI sulla prima casa, si provveda a stangare tutti gli altri che avrebbero già dovuto pagarla e non la paganto, a incominciare oltre che dalla Chiesa per gli immobili utilizzati per lucrose attività commerciali, dia partiti e dai sidnacati, dalle finte associazioni di ogni genrere, comprese finte ONLUS utilizzate al solo scopo di ottenre vantaggi e tra questi sgravi fiscali. E’ tempo che la cuccagna finisca.