SCANDALO SANITA’ IN PUGLIA: ECCO IL CODICE VENDOLA
Pubblicato il 22 dicembre, 2011 in Giustizia, Il territorio, Politica | Nessun commento »
dal nostro inviato a Lecce
Il devastante interrogatorio dell’ex manager Asl di Bari Lea Cosentino, un tempo fedelissima di Nichi Vendola, si arricchisce di nuovi, incredibili, dettagli.
Nel verbale incentrato sulla mala gestione della sanità pugliese da parte del governatore e dei suoi assessori, interrogatorio (pubblicato in parte ieri) rimasto a lungo coperto da omissis e inviato per conoscenza a Lecce per i riferimenti ad alcuni magistrati, la Cosentino non si risparmia quando è chiamata a snocciolare esempi sulle pressioni ricevute per promuovere medici o dirigenti targati Pd o Sel. Per avere un’idea di come Vendola e compagni di giunta concepiscano la sanità pubblica, basta riportare un altro stralcio di questo interrogatorio top secret dell’ 8 aprile scorso. Nomi, fatti, circostanze oggetto di indagini approfondite che rischiano di travolgere l’uomo nuovo della politica che a casa sua aveva aperto le braccia anche al tanto vituperato Don Verzé.
«L’assessore (alla Sanità, ndr ) Fiore – dice la Cosentino – mi contestava il fatto che io non espletassi il concorso per la nomina del primario di rianimazione di Altamura, ma io sapevo che avrebbe vinto il dottor Milella perché uomo di fiducia del professor Fiore. Subii pressioni a cui comunque non cedetti non ritenendo di dover espletare con urgenza questo concorso. Un’altra pressione riguarda la nomina di primario per l’unità operativa complessa di chirurgia toracica del presidio ospedaliero San Paolo. Nel 2008 era andato in pensione il professor Campagnano, molto bravo e infatti quel presidio andava molto bene. Bandimmo il concorso e Vendola mi chiese di procedere velocemente e sponsorizzò la nomina del dottor Sardelli del policlinico di Foggia, suo amico e secondo lui molto bravo: espletai il concorso ma il dottor Sardelli non presentò la domanda confidando di poter essere collocato presso il Di Venere in un istituenda unità complessa.
Quando Sardelli appurò tramite Francesco Manna, già capo di gabinetto di Vendola, che l’istituzione dell’unità di chirurgia complessa del Di Venere non si sarebbe realizzata, Vendola mi chiese insistentemente di riaprire il concorso per consentire al dottor Sardelli di parteciparvi. Io, a fronte di tali richieste e nonostante fosse stata già composta la commissione che non si era ancora riunita, riaprii i termini del concorso, anche se non ero d’accordo, con la scusa di consentire il massimo accesso a tutte le professionalità. Era chiaramente una forzatura ma Vendola mi disse di farlo perché mi avrebbe tutelata». Alla fine, coincidenza, per quella pressione e quell’intromissione di Vendola a cose fatte, «vinse il dottor Sardelli» anche perché più titolato.
A un’imposizione ne seguì un’altra. «Sardelli poi mi impose, attraverso Vendola, di fare una ristrutturazionedel reparto e di dotare il reparto stesso delle attrezzature idonee per la funzionalità dello stesso».
Quanto all’attuale senatore Pd Alberto Tedesco, all’epoca assessore alla Sanità, la manager confessa: «Riguardo alla nomina del professor Acquaviva vi è stata una forte pressione dell’assessore Tedesco sia sui tempi dell’espletamento del concorso sia sul nome dell’Acquaviva: quest’ultimo si era candidato in precedenza alle lezioni amministrative, non ricordo quali, nella lista del Tedesco, il quale sosteneva che Acquaviva fosse ilmigliore». La Cosentino passa poi a parlare del mondo affaristico interessato, attraverso la politica, ad allungare le mani sui milioni della sanità pubblica. Sul punto i magistrati contestano alla manager la famosa intercettazione all’Hotel De Russie di Roma presenti Gianpi Tarantini e l’imprenditore Alberto Intini, vicinissimo a Massimo D’Alema. I pm le chiedono se «ha mai sentito parlare Intini e Tarantini di ripartizione degli appalti »e se la cosa«la coglieva di sorpresa ».
Lea Cosentino, sorpresa non lo era affatto: «In quel periodo mi stavo rendendo conto che le cose che mi raccontavano Tarantini, Gero Grassi (parlamentare Pd, ndr) e Loizzo (ex assessore ai Trasporti, Pd, ndr) e cioè che vi erano delle consuetudini per cui il politico del territorio aveva degli imprenditori di riferimento e si facevano pressioni sulle gare di appalto, erano vere».Sull’incontro al De Russie, precisa, «fui invitata da Tarantini, sapevo che partecipava Intini, ho fatto da agente provocatore avendo avuto percezione nel corso della mia attività dell’esistenza di un sistema che prescindeva dalla mia volontà e che mi avrebbe potuto soverchiare.
Gianpaolo Tarantini mi aveva detto, infatti, in ciò rafforzando la mia percezione e le mie preoccupazioni, che l’appalto delle pulizie e sull’ausiliariato che aveva un valore di 55 milioni di euro circa era stato già oggetto di spartizione fra alcuni imprenditori ». Alla gara partecipò inizialmente anche un’Ati con Intini, poi escluso e che per rientrare «minacciava ricorsi» per altri torti subiti. Loizzo le disse che Intini era molto arrabbiato e «mi chiese di intervenire presso di lui, così lo incontrai al De Russie».
Il governatore tace imbarazzato. E per una volta non sbaglia visto che il suo ex assessore Tedesco (attuale senatore Pd) rischia di nuovo il carcere essendo stata avanzata richiesta d’arresto a Palazzo Madama e il suo ex numero due in giunta, il dalemiano Frisullo, coinvolto nel giro-escort di Tarantini, rischia il processo. Sulla sanità privata è prossima una «bomba » che nessuna fuga di notizie pro Pd, stavolta, potrà attenuare. È una torbida storia che si incrocia anche con gli inciuci da 50 milioni di euro all’ospedale Miulli di Acquaviva. Sta per essere raccontata dalla magistratura. Occorre solo trovare un Narratore. Gian Marco Chiocci, per Il Giornale, 22 dicembre 2011
.………..Per molto meno il pm napoletano, ex potentino, Woodwock avrebbe già emesso mandato di cattura e trasferito il reprobo in una auto 500 a qualche sperduto carcere del pianeta, ristretto con una ventina di detenuti (che goduria!) in attesa di interrogatorio di garanzia. Ma questo è solo un sogno per cui non c’è reato, almeno sino a quando i solerti magistrati italiani non avranno motu propri trasformato il sogno in delitto. g.