Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in un'immagine di archivio Cosa sta succedendo tra il governo e i partiti che lo sostengono? Il quadretto è questo: il Pd di Bersani trova ascolto e fa valere i suoi voti, i centristi di Casini ne sono il faro e fanno pesare i seggi che non hanno, il Pdl viene consultato e preso in considerazione a intermittenza, oggi sì, domani non si sa, e i voti pesano meno di quanto valgano. C’è un grande problema di identità in tutte le formazioni politiche. Il partito di Berlusconi e quello di Bersani rischiano grosso e i centristi sono sovrastimati. In ogni caso, il problema degli assetti presenti influenza gli scenari futuri e la sempre più prossima corsa per le elezioni. Nessuno dei partiti che sostengono Monti sa quale sarà lo scenario del voto nel 2013 e questo elemento di incertezza pesa sull’iniziativa autonoma del Parlamento (ridotta a ben poca cosa e non da oggi) e sui destini dei gruppi politici che fin dal 1994 hanno dato un’impronta ai nostri ultimi diciotto anni di storia repubblicana. Non siamo di fronte a una semplice transizione, a una crisi passeggera, ma a una rivoluzione del quadro politico dentro e fuori dal Parlamento. La crisi italiana non è solo economica, ma morale. E siamo in buona compagnia, perchè i nostri destini sono legati a quelli dell’Europa e la nostra sorte si decide non a Roma ma a Berlino, ma al netto dei desideri teutonici, in Italia si gioca una mano di poker decisiva: quella dei partiti. Destra e sinistra vivono una fase di ristrutturazione impensabile fino a pochi mesi fa: l’asse del Nord tra Pdl e Lega è finito e ricostruirlo su basi credibili e non di semplice convenienza elettorale non sarà facile; il Pd deve fare i conti con la scelta di appoggiare Monti e il suo programma «brussellese» fatto di lacrime e sangue, mentre l’Idv di Di Pietro scalcia, la sinistra altermondista di Vendola morde e i centristi di Casini lanciano una scalata ostile contro i resti del prodismo e del berlusconismo. Il bipolarismo italiano è in fase di smontaggio. È vero che finchè non si cambia la legge elettorale e si fanno due o tre riforme istituzionali tutto può gattopardescamente restare come prima, ma l’Italia in questo momento è un laboratorio politico non felice, ma certamente molto interessante per chiunque voglia misurarsi con i problemi di un Occidente smarrito. Nonostante le incertezze nel far valere il proprio peso specifico nei confronti del governo Monti, quello del centrodestra resta il campo decisivo per il futuro. Berlusconi non ha deciso cosa fare dei prossimi mesi di legislatura, mentre il segretario Alfano non ha tracciato una road map che porti alla scadenza elettorale. Questo percorso non si può fare senza parlare con il Pd e chiarire il destino di Monti e dei suoi ministri. Serve un primo passo: il Pdl deve cominciare a far pesare i suoi voti.  Mario Sechi, Il Tempo, 25 gennaio 2012

.……………Per farlo bisogna volerlo, sopratutto bisogna volerlo tutti insieme, senza fughe in avanti o con l’occhio  fisso a tutelare il proprio futuro. Purtroppo nel PDL è invece esattamente il contrario, ciascuno gioca una propria partita, con conseguenze dolorose per il PDL,  e non è il caso neppure di fare esempi. Meno uno. La Dc del 1992-1994. Mentre imperversava la tempesta di Tangentopoli, la DC affrontò in ordine sparso la riforma elettorale a seguito del referendum promosso da Mario Segni. La scelta cadde sulla riforma che prese il nome del suo promotore, cioè l’on. Mattarella che prevedeva l’assegnazione del 75% dei seggi in collegi uninominali e il 25% in quota proporzionale  secondo un  meccanismo diabolico. Non furono molti quelli che nella DC si opposero a questa riforma che,come poi sarebbe accaduto, avrebbe determinato più di Tangentopoli la fine della balena bianca. Tra quelli che non si opposero ci furono quasi tutti i parlamentari dc del centrosud, tutti meno uno, cioè l’on. Pisicchio, onore al merito, allora e ancor oggi proporzionalista ad oltranza.  La scelta dei parlamentari del centrosud a favore del sistema uninominale fu influenzata dai risultati elettorali del 1992 che avevano assegnato alla DC, nel centro sud, ampi consensi, con punte altissime ancora in Puglia e in Sicilia, confermandole il ruolo di partito di maggioranza relativa. Ciò indusse i parlamentari del centrosud a schierarsi a favore dell’uninominale nella certezza, che risultò poi fallace, che il voto maggioritario  si sarebbe confermato nelle successive elezioni  politiche, per cui nel centrosud i parlamentari,  nei rispettivi collegi uninominali,  sarebbero risultati eletti, e poco importò (e importava!) a quei parlamentari che invece al nord i parlamentari uscenti della DC sarebbero stati falcidiati perchè al nord, ad eccezione del Veneto, la DC era ormai minoranza. Mai calcolo si rivelò  più errato, perchè si erano fatti i conti senza l’oste, che nella fattispecie si chiamò Berlusconi che mettendo su l’inedita e non calcolata alleanza al nord con la Lega e al Sud con l’allora MSI, vanificò le supoerficiali quanto  ottimistiche previsioni della DC meridionale che vide tutti  i suoi candidati nei collegi uninominali, eliminati, proprio come al nord,  come birilli, tra l’altro non ottenendo neanche un onorevole secondo posto  tra i candidati dell’uninominale e conquistando, con ben 6 milioni di voti,  appena 34 parlamnetari alla Camera, tutti eletti nella quota proporzionale. Una disfatta totale! Disfatta che ha tanti nomi, dallo scomparso Martinazzoli, allo stesso Segni, a Buttiglione, ma una sola fondamentale causa: l’aver ciascuno pensato solo a se stesso. E’ quello che ci pare stia accadendo nel PDL in queste ore, dove, per esempio, un ex ministro non perde occasione  per elogiare Monti e dichiararsi convinto sostenitore delle sue scelte, tra cui la violenta tassazione di quei ceti  ex medi, ed ora poveri, che pure sono i riferimenti elettorali del centrodestra. E’ questo che  induce a ritenere che anche adesso, nonostante i precedenti storici che or ora abbiamo ricordato,  c’è chi pensa a se stesso e pratica la politica dell’uovo oggi piuttosto che la gallina domani. Ecco perchè dubitiamo che l’appello di Sechi trovi molti ascoltatori a proposito dei voti da far pesare. Perchè sono in molti a pensare di far pesare i (propri!) voti nel futuro. Ammesso che ci possa essere un futuro e che quei voti ci siano ancora. g.