Il tesoriere della Margherita fa sparire tredici milioni di euro su venti, lo stato maggiore dell’ex partito casca dalle nuvole e balbetta, la Guardia di Finanza bussa alla porta del Senato. Mi pare ce ne sia abbastanza per fare due o tre considerazioni sul tema del finanziamento pubblico dei partiti, i costi della democrazia e la disinvolta gestione del denaro pubblico da parte della politica. Non sono tra quelli che pensano che i partiti debbano sparire, anzi credo siano necessari e bisogna impegnarsi a riformarli con urgenza prima che al loro posto si presentino alle elezioni poteri opachi e incontrollabili. Ma sono anche arciconvinto che sia ora non solo di dare una sforbiciata ai rimborsi elettorali (un euro per ogni voto preso e per cinque anni pieni) ma di cambiare le norme sulla natura giuridica dei partiti. I soldi dei contribuenti non possono essere amministrati come un conto privato, i bilanci devono essere sottoposti a controlli severi. Chi li falsifica deve sapere che finisce in carcere, chi distrae i fondi usandoli per scopi diversi dall’attività politica deve esser consapevole che diventa un criminale. Niente mezze misure. Al cittadino si chiedono sacrifici pesanti e i partiti devono essere virtuosi. Il contributo va tagliato perché le spese dichiarate sono vergognosamente inferiori all’incasso e inoltre la durata per l’intera legislatura anche in caso di scioglimento anticipato delle Camere non ha alcun motivo di esistere, è un furto legalizzato. Si cambi la legge, subito. Detto questo, mi chiedo anche come sia possibile che Lusi abbia fatto tutto da solo. I casi sono due: o abbiamo un gruppo dirigente che si fa sgraffignare 13 milioni di euro sotto al naso (e allora non è in grado né di gestire l’Italia né un negozietto di frutta e verdura), oppure in questa storia non tutta la farina d’oro è nel sacco del tesoriere. Così siamo passati da Tangentopoli ad Arraffopoli e ogni volta che uno esclama «abbiamo toccato il fondo» allora compare una vanga e si inizia a scavare. La Prima Repubblica è crollata di fronte a un finanziamento illecito (le tangenti) che serviva a fare attività politica; la Seconda Repubblica tira le cuoia perché il finanziamento lecito serve a scopi di arricchimento personale o di clan. Splendida evoluzione della specie partitante: da Mani Pulite a Mani in tasca. Le nostre.  Mario Sechi,  Il Tempo, 8 febbraio 2012

.…………..Finirà come per le indennità dei parlamentari che sono rimaste tali e quali con l’aggiunta della beffa di un presunto oltre che miserabile taglio di 700 euro che in verità taglio non è ma solo la non corresposnione di un aumento che non c’è stato. E ciò è stato fatto passare dal presidente della Camera come una risposta alla pressante richiesta della gente di vedere ridotti i privilegi della casta politica. Figuriamoci se questa stessa casta rinuncerà alla valanga di soldi che incassano dal finanziamento pubblico che non è solo una indecenza, è una truffa. Senza dimenticare che i cittadini con il referendum proposto dai radicali un ventennio fa  lo eliminarono con una maggiorazna bulgara. Non servì a niente. Di li a poco i partiti eredi dei precedenti o nati dalle ceneri dei precedenti rifecero una legge ancor più ignobile della precedente che consente loro di lucrare, come avvoltoi e spregiudicati masnadieri, sinanche sulle loro spese. Infatti come ricorda anche Sechi ai partiti non viene rimborsato quanto spendiono ma un forfait che supera di molto, anzi di moltisismo le spese sostenute. E con i soldi che ricevono fanno ardite operazioni immoibliari o, come la Lega, va ad investire in Tanzania. O, peggio, se li fanno fregare da improvvisati tesorieri che sanno di rischiare poco o niente. E’ il caso del tesoriere della Margherita, fiduciario di Rutelli il quale anche in questa occasione s’è diiostrato solo “nu bell guaglione”  per dirla con Prodi e nulla più. Eppure quando va in TV e gli si dà la parola pare che stia per parlare un oracolo. Invece è solo uno che s’è fatto sfialre sotto il naso 13 milioni di euro, 300 anni di stipendio di un operaio medio  al quale i soldi sotto il naso li sfilano quelli come Rutelli e il governo delle tasse che Rutelli  ha contribuito a mettere su.  E questo Rutelli ancora si dimena sul palcoscenico di questa italietta  di oggi che fa rimpiangere quella di ieri. g.