Tricolore sui balconi La zuppa inglese è diventata un pasticciaccio brutto e in Nigeria muore un italiano senza che l’Italia possa farci niente, in India due marò sono prigionieri e non sappiamo come tirarli fuori, il teorema giudiziario su Dell’Utri va a carte quarantotto e i mafiologi dovrebbero farsi un bell’esame di coscienza, la produzione industriale in gennaio crolla al meno cinque per cento annuo mentre l’Iva va al 23 per cento e la benzina schizza a due euro al litro, i metalmeccanici della Fiom scioperano mentre il mercato europeo dell’auto cola a picco, la Margherita querela il suo ex tesoriere dalla mano lesta che lancia avvertimenti. Mi fermo qui, perché la giornata di ieri è il quadro impietoso di un Paese in transizione che si dibatte di fronte alle sue contraddizioni, ai suoi dilemmi, alla sua inconsapevole forza e consapevole debolezza. L’Italia è un Paese da rifare e nello stesso tempo da conservare. La sua storia è un rosario di conquiste e perdite, invasioni e ritirate, slanci di generosità e egoismi sconfinati. Ho visto tanti stranieri denigrarla, ma poi innamorarsi perdutamente della nostra Patria fino a piangerla e rimpiangerla. E ora? Ora siamo qui a fare i conti con la dissipazione degli ultimi vent’anni della nostra storia. Tiriamo le somme di un’esperienza politica che sembra non ha prodotto i risultati sperati, a destra e a sinistra. Berlusconismo e prodismo non sono riusciti a cambiare la natura di un Paese che non ha mai voluto fino in fondo risolvere le sue contraddizioni. Vent’anni di lotta politica durissima, di guerra giudiziaria senza regole, di assalto con la baionetta e nessun rispetto reciproco tra avversari, hanno condotto all’ascesa di un governo tecnico senza alcun collegamento con il corpo elettorale e all’annullamento del Parlamento e di conseguenza dei partiti. La sfiducia dei cittadini è grande, l’ho toccato con mano anche ieri, durante un collegamento in diretta con Radio Anch’io, programma magistralmente condotto da Ruggero Po. Un avamposto di libertà e raro equilibrio dentro una Rai anch’essa da riformare. I politici chiamati a intervenire «on air» sono stati sommersi dalla delusione rabbiosa degli ascoltatori e alla fine il filo rosso della trasmissione è stato quello dell’antipolitica senza un progetto, il prodotto radioattivo dell’assenza delle idee nella politica, nei partiti che dovrebbero esserne il volano e il luogo di sintesi. Quando il ministro Riccardi si lascia sfuggire un giudizio qualunquista sulla politica («fa schifo») sbaglia perché è un servitore della Repubblica, ma trova il consenso pressoché unanime del popolo che prova disgusto per le manovre di Palazzo, allora è giunto il momento in cui la fazione non ha più importanza perché c’è un avversario pericoloso da sconfiggere tutti insieme: il Partito dello Sfascio.  Mario Sechi, Il Tempo 10 marzo 2012

………….Lasciamo stare il signor Riccardi, ministro per grazia ricevuta,  che prova schifo per la politica, salvo goderne i vantaggi. Il problema che evidenzia Sechi c’è ed è grande. L’antipolitica è ormai dilagante e nessuno creda di poterla liquidare solo accusanola di essere senza progetti. Anche le rivoluzioni, quelle del passato, e anche quelle più recenti,  sono nate senza progetto e il progetto lo hanno realizzato strada facendo. Sfugge all’analisi, pur condivisibile,  dell’autorevole direttore de Il Tempo che le ragioni dell’antipolitca sono nei partiti della politica  e il progetto se pur non scritto è proprio quello di  modificare la politica eludendo, anzi azzerando,   i partiti. E’ vero, i partiti sono gli strumenti preposti,  anche costituzionalmente, a farsi tramite tra Stato e cittadini, ma questi partiti, tutti, senza distinzione, hanno abdicato a questa loro funzione, lo ribadiamo, anche costituzionale,  per trasformarsi in vere e proprie bande armate dedite all’arrembaggio dello Stato usando il loro ruolo di tramite tra lo Stato e i cittadini solo per trarne vantaggi e privilegi e guai a tentare di toccarli, tant’è che il diio del rigore e dell’equità, tale Monti, si è guardato bene dal toccarli.  Prova ne è che mentre ai cittadini nel cui nome agiscono, citandoli ad ogni piè sospito come centrali nella loro rispettiva  azione parlamentare e di governo,, viene riservato il ruolo dei destinatari di tutte le possibili formule vessatorie di uno Stato sempre più predone e che assomiglia ad un capobanda che utilizza i suoi “”bravi” per metterli gli uni contro gli altri (è di queste ore la notizia che l’Agenzia delle Entrate il cui capo assomiglia anche fisicamente ai comandanti dei campi di sterminio nazisti ha proposto di inclolare sui vetri dei negozi virtuosi  -per le Agernzie delle Entrate -  il “bollino blu”, una specia di caccia all’untore alla rovescia…) a se stessi riservano, continuano arrogantemente a riservarsi privilegi, vantagggi, e stipendi a dir poco favolosi, tanto che a nessuno di loro potrà mai capitare di doversi suicidare per un debito di 1300 euro che una banca, forse una di quelle che ha da pco ricevuto dalla BCE prestiti ad un interesse quasi pari a zero,  ha negato ad un imprenditore disperato.  E’ in questo clima che matura e monta l’antipolitica, è  in questo clima che l’unico progetto che potrebbe  – potrebbe! – maturare è quello di sfasciare tutto nella speranza – solo speranza – che la politica diventi un’altra cosa. E’ un sogno?  Ma lasciateci sognare perchè  almeno i sogni non sono tassabili. Befera permettendo e sino a che non sarà inventato un redditometro anche per quelli. g.