SENTENZA DELL’UTRI: SBUGIARDATI I FAZIOSI. IL RESTO E’ DEMAGOGIA, di Alessandro Sallusti
Pubblicato il 12 marzo, 2012 in Giustizia, Politica | Nessun commento »
Non nominare il nome di Falcone (e Borsellino) invano. Dovrebbe essere questo il primo comandamento di un magistrato. Ma sono in tante le toghe, Ingroia e Caselli in testa, che in queste ore si lasciano andare alla bestemmia, quella di sostenere che i due pm eroi si stanno rivoltando nella tomba per la sentenza Dell’Utri.
Trascinare Falcone e Borsellino nella più cocente figura di palta della giustizia italiana è operazione squallida e anche un po’ vigliacca, perché come noto i morti non possono smentire. Fino a ieri proprio questi signori pontificavano che le sentenze si accettano e non si discutono. Da oggi non più. Le sentenze, quelle che non piacciono, si possono massacrare e si può chiedere pure di radiare i giudici per loro scomodi, come ha di fatto chiesto ieri Caselli in una intervista a La Repubblica. Una reazione violenta e isterica di chi si sentiva onnipotente e scopre invece di essere messo dai colleghi giudicanti, forse per la prima volta, sulla stesso piano della difesa, quindi fallibile, come prevede la Costituzione.
Borsellino e Falcone erano l’opposto di quelli che stanno usurpando il titolo di loro successori. Si occupavano di combattere la mafia ma il loro rigore nel valutare gli intrecci con la politica era assoluto, nonostante proprio in quegli anni le infiltrazioni fossero più che evidenti. Misero in guardia dai pentiti a scoppio ritardato, non esitarono ad arrestarne alcuni palesemente inaffidabili. Gente come quel mascalzone di Ciancimino junior con loro non avrebbe avuto neppure l’onore di un interrogatorio. Sul reato di associazioneesterna alla mafia misero in guardia il legislatore intuendone con profetica lungimiranza l’uso distorto che mafiosi e pm d’assalto avrebbero potuto farne. Non credo di esagerare sostenendo che con Falcone l’inchiesta dell’Utri non avrebbe superato la fase istruttoria.
Ingroia e Caselli mi sembrano come quei cattopolitici di oggi che si appellano a De Gasperi dopo aver tradito ideali a destra e a manca in cambio di onori e poltrone. Un pm (il pg di Cassazione) pure di sinistra e un collegio giudicante (la Cassazione) hanno giustamente sbugiardato un’inchiesta faziosa che si basava su un teorema politico: Dell’Utri uguale mafia per cui Berlusconi uguale mafia. Non era vero. Tutto qui. Il resto sono solo faide interne alla magistratura che confermano l’urgenza di riformare un sistema ormai fuori controllo. Il Giornale, 12 marzo 2012
.………..Non commentiamo l’articolo di Sallusti. Lo condividiamo in toto. Ci piace però dare atto ad Alessandro Sallsuti di essere un coraggioso, ai limiti della temerarietà. Ed è cosa assai difficile nel giornalismo, specie quello di destra. I giornalisti di sinistra sanno di poter contare sulla “solidarietà“ di una vasta rete di connivenze e di complicità. I giornalisti di destra, o anche quei giornalisti che dicono cose che possono non piacere alla sinistra, invece no. A loro può capitare di tutto. E’ accaduto allo stesso Sallusti, perquisito al giornale e a casa, come un qualsiasi criminale, dopo assai circostanziati articoli sulle attività della presidente di Confindustria, la signora Marcegaglia, è accaduto alla giornalista Annamaria Greco, perquisita addirittura lì dove si cela la più intima femminilità delle donne, solo per aver scritto a proposito di vecchie storie disciplinari della signora Boccasini. E’ accaduto a tanti altri giornalisti, ogni qualvolta hanno scritto in maniera critica di certe storture giudiziarie del nostro Paese. Specie di quei magistrati che hanno scambiato la toga per un cannone direzionato solo verso un obiettivo. Ed è accaduto che questi giornalisti hanno fatto onore al loro impengno di scrivere la verità e dire la loro opinione. E’ quel che fa ogni giorno Sallusti, come altri, sul suo quotidiano o lì dove gli viene chiesto di esprimerla. Interpreta, spesso, la opinione dell’uomo della strada scevro da faziosità e prevenzioni. Lo fa a rischio di se stesso. Per questo gli siamo grati, perchè con la sua voce dà voce a ciascuno di noi. E ci vuole coraggio. g.