Il governo ora lo confessa: macchè tagli, solo tasse

Doveva essere un paracadute d’emergenza, è diventata la strada maestra. I mesi passano e la possibilità che l’aumento dell’Iva di due punti percentuali previsto per ottobre riesca ad essere neutralizzato si fa sempre più sottile. Praticamente inesistente. «Dobbiamo vedere, ad oggi l’incremento è previsto. È chiaro che se abbiamo risultanze molto positive, possiamo evitarlo», ha ribadito ieri il viceministro dell’Economia, Vittorio Grilli. «L’impegno per evitare che succeda riguarda tutti», ha aggiunto il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, «anche se è quasi automatico se non troviamo altre fonti». Di sicuro non potremo contare sulla tanto sbandierata spending review, il progetto intorno a cui ruota l’unica speranza di vedere qualche sforbiciata alla spesa dopo le valanghe di balzelli. «Non penso che possa dare decine di miliardi», ha tagliato corto Grilli.

Insomma, la buona volontà c’è. La stangata fiscale pure. Ieri Mario Monti, da Cernobbio, ha finalmente ammesso: «Abbiamo dovuto aumentare le tasse. Non potevamo fare diversamente». Il problema è che la mazzata più dura, dopo quelle sulla casa, sull’Irpef, sui conti correnti, e via dicendo, deve ancora arrivare. Dall’incremento dal 10 al 12% dell’Iva ridotta e dal 21 al 23% di quella ordinaria è previsto un gettito aggiuntivo rispettivamente di 3,2 e 13,1 miliardi di euro. Dall’ulteriore aumento dello 0,5% che scatterà dal primo gennaio 2014 arriveranno nelle casse dello Stato altri 16,4 miliardi. Complessivamente, il macigno di tasse che piomberà sul groppone degli italiani ammonta a 32,7 miliardi di euro. Le stime sull’impatto della super Iva sono abbastanza omogenee. Secondo Confesercenti la spesa aggiuntiva annua a famiglia sarà di 426 euro. Simili i calcoli effettuati dal Codacons, che ritengono quantificabile in 418 euro il peso delle nuove tasse. Mentre Coldiretti prevede che l’aumento dell’Iva costerà agli italiani oltre un miliardo di euro solo per le spese alimentari.

Cifre che non tengono conto degli effetti indiretti sull’inflazione. E quelli sull’economia, che, a cascata, si ripercuoteranno sulle tasche degli italiani.
Per quanto riguarda i prezzi, il cui aumento dovuto alla stangata sull’Iva è dato per scontato anche dalla Bce, le stime oscillano di un incremento tra l’1 e l’1,5%. Rischia di essere devastante anche l’effetto depressivo sui consumi. Secondo i calcoli diffusi ieri dal presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, i rincari dell’Iva «nel triennio 2011-2014 porteranno ad una perdita nei consumi di 38 miliardi di euro».

Esagerazioni? Forse, anche se l’invito al governo ad «attenuare l’aumento delle aliquote Iva, in particolare di quella del 10%, dagli effetti distributivi più regressivi», è arrivato forte e chiaro anche dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco. La stessa Corte dei Conti ha previsto che gli aumenti delle tasse indirette si «trasmetteranno, pur in un contesto di stagnazione della domanda, sulla dinamica dei prezzi al consumo, con un effetto di maggiore inflazione che  prudenzialmente può essere stimato di almeno un punto percentuale».

Monti dice che non si poteva evitare. Eppure, solo qualche mese  fa si parlava di un patrimonio immobiliare dello Stato che ammonta addirittura a 1.800 miliardi di cui 700 immediatamente fruttiferi e di 44 miliardi di partecipazioni pubbliche del Tesoro. Che fine hanno fatto i capitoli dismissioni e privatizzazioni? Monti nel suo discorso programmatico di novembre scorso aveva annunciato un «calendario puntuale». Ieri, però, Passera ha spiegato quali saranno le prossime mosse del governo. «Nei primi 4 mesi», ha detto il ministro dello Sviluppo, «abbiamo preso iniziative strutturali, su riforma lavoro e produttività; oggi dobbiamo impegnarci sui capitoli della crescita, spending review e recupero evasione perché è da lì che possono arrivare risorse». Di privatizzazione e dimissioni non c’è l’ombra. Se consideriamo, poi, che dalla spending review, come dice Grilli, arriveranno pochi spiccioli e che il tesoretto del recupero dell’evasione, come detto recentemente dallo stesso ministro dell’Economia, non potrà essere ancora usato per ridurre le tasse, lo scenario è chiaro. Preparate il portafoglio. di Sandro Iacometti, Libero, 25 marzo 2012

.…………Insomma il nuovo messia “chiamato a risolvere i problemi creati dagli altri” ha inventanto ciò che già c’era, cioè le tasse. E ci voleva Monti’? Bastava un qualsiasi contabile, e Monti lo si poteva lasciare lì dov’era, a fare il consuletne ben pagato delle Banche internazionali.  Di certo avremmo risparmiato i 25 mila euro al mese che percepisce da senatore a vita la cui  nomina ha preteso per accettare l’incarico di contabile.Complimenti a Napoliano e ai partiti,  complici di questo squallido e vergognoso inciucio. g.