Il Pd rischia la bancarotta. E si aggrappa ai finanziamenti pubblici per evitare l’estinzione finanziaria. Dopo il terremoto Lusi che sta facendo tremare la sinistra e mentre si discute dei rimborsi elettorali ai partiti, il Pd in bolletta piange miseria.

Pier Luigi Bersani

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“Rinunciare all’ultima tranche dei rimborsi elettorali? Impossibile, i partiti chiuderebbero. Sarà una verità impopolare ma qualcuno deve dirla”. A lanciare l’allarme in un’intervista al Fatto quotidiano, è il tesoriere del Pd, Antonio Misiani.

Che non usa mezzi termini e svela la disastrata condizione economica del suo partito.

“Abbiamo un disavanzo di 43 milioni di euro“, spiega Misiani, ammettendo che senza l’ultima tranche dei rimborsi (prevista per luglio), i democratici fallirebbero perché “l’80,90% dei nostri introiti sono soldi pubblici e il problema non vale solo per noi. Il Pdl i soldi delle politiche del 2008 li ha tutti cartolarizzati, ovvero se li è fatti anticipare dalle banche. È notizia risaputa. Tutti i partiti hanno bisogno di quella rata per sopravvivere”.

Evidentemente non sono bastati i 200 milioni di euro erogati dallo Stato al Pd negli ultimi 4 anni. Sono stati tutti spesi. Come? “Un partito vive sempre, mica solo in campagna elettorale. Quei soldi li utilizziamo per pagare l’attività politica, il personale. Il nostro bilancio è certificato e i rimborsi per le amministrative li trasferiamo sul territorio“, precisa il tesoriere Pd, ammettendo che “le donazioni da privati sono poche“.

Dichiarazioni pesanti che Bersani conferma a metà. Infatti, il segretario democrat ha spiegato che non vuole mettere il Pd sotto il ricatto dei contributi privati. “Ma si vuol dire di spazzare via il concetto che la politica si possa finanziare con gli ereditieri, la buonauscita dei grandi manager o i palazzinari? No, no, no”.

Durante il suo intervento all’incontro dell’AreaDem, a Cortona (Varese), Bersani ha ricordato come anche il Pd abbia chiesto che ci sia uno slittamento dell’erogazione ai partiti dell’ultima tranche del finanziamento. Solo uno spostamento. Ma i soldi il Bersani li pretende lo stesso.  “Caro Bersani, non spostare ma cancellare tranche finanziamento pubblico da 100 mln. Pd rinunci a questi soldi per destinarli a sociale”, ha risposto a Bersani su Twitter Italo Bocchino.

Sui rimborsi elettorali è intervenuto anche Ugo Sposetti, l’ultimo tesoriere dei Demoratici di sinistra. “Non sono né dissociato né pentito, aumentando i rimborsi per i partiti abbiamo salvato la democrazia”, ha rivendicato Sposetti in un’intervista al Mattino, spiegando poi che i 100 milioni di rimborsi di luglio “vanno erogati regolarmente” perché “sono risorse pubbliche destinate al funzionamento della democrazia e perciò tutte le proposte fatte finora non vanno prese in considerazione. Sono stupidaggini”.

Sposetti infine è tornato indietro nel passato e ha spiegato la situazione economica dei partiti. “Dieci anni fa, quando si è deciso l’aumento dei rimborsi, la democrazia italiana era questa: Forza Italia, di proprietà di Berlusconi, aveva avuto 380 miliardi di lire per le ultime tre campagne elettorali.

Il proprietario, che si era fatto garante di questo indebitamento, possedeva anche alcune televisioni e nel frattempo era diventato premier. Gli alleati, An e Lega, stavano lì con il cappello in mano a pietire risorse. Dall’altra parte, invece, c’erano i Ds, indebitati per oltre 1.100 miliardi di lire. Conclusione: era una democrazia in stile. Domenico Ferrara, Il Giornale 14 aprile 2012

.………….Insomma, è chiaro che i partiti,  tutti, non ci pensano minimamente a tener conto della protesta e della rabbia della gente che non ne vuole più sapere di finanziare con le proprie  tasse i bagordi della politica, gli sprechi delle campagne elettorali, i convegni dove si parla ma nulla si concretizza, le spese pazze e dissolute di cui spesso e volentieri parla l’informazione non conformista. Naturalmente la scusa è bella e pronta: altrimenti si mette  a rischio la democrazia. Questa è l’ultima stupiodaggine che si può ascoltare da chi è con i propri comportamenti che, al più, mette a rischio la democrazia. E poi fosse vero, dovremmo prendere atto che la democrazia italiana ha fondamenta molto debili se è sufficiente mettere a dieta i partiti perchè ess salti. E’ invece vero il contrario: è mettere a dieta gli italiani, vessarli con le tasse, costrignerli a difendersi ogni giorno dalla voracità dello Stato sempre più  onnipotente e onnipresente, ignorare le loro proteste, continuare ad elargire ai grossi manager e funzionari  pubblici stipendi da favola, è ciò che può mettere a rischio la democrazia pe4rchè apre la strada alla voglia di fare piazza pulita di una classe dirigente che non taglia la spesa pubblica, nell’ambito della quale rientrano anche i rimborsi elettorali ai partiti, 2 miliardi e duecentocinquanta milioni  di euro, dal 1994 ad oggi, qualcosa come 4 mila  e 500  miliardi  di vecchie lire, spartiti tra  tutti  partiti che tutti insieme avevano contraddetto la volontà popolare del 1993 facendosi una legge con cui hanno impinguato le loro casse. Ed ora,   mentre gli italiani sono costretti a stringere la cinghia oltre ogni misura, essi pretendono di continuare sulla vecchia strada, mostrando così di non voler porre mano all’unica cosa che andava fatta e va fatta: ridurre la spesa pubblica, quella vera, e  tagliarla con l’accetta, smettendola di  far finta di farlo inseguendo  qualche povera vecchietta,  falsa cieca,  la cui misera pensione, ancorchè ingiusta, non è che una briciola  insignificante rispetto allle dispendiose e allegre e incontrollate    spese pazze della partitocrazia italiana. g.