Non scatterà una tassa sui messaggini dei telefoni per finanziare la Protezione civile. Ma in caso di calamità, sugli italiani potrebbe abbattersi l’ennesimo aumento del prezzo della benzina, peraltro già salita a un record di 1,991 euro al litro nel centro Italia con i rincari appena decisi da tutte le compagnie.

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Di fronte a un’emergenza, infatti, il governo avrà la facoltà di tassare di 5 centesimi il carburante, con un costo aggiuntivo annuo per ciascun automobilista che il Codacons ha già calcolato: 73 euro. E commentato: «Una provvedimento folle». Se dovesse essere necessaria un’ulteriore copertura finanziaria, le Regioni hanno il potere di aumentare a loro volta il prezzo ai distributori fino a 5 centesimi per litro. Sono le nuove norme contenute nel testo di riforma della Protezione civile approvato, ieri, dal Consiglio dei ministri.
L’aspetto economico era il capitolo più controverso. Alla fine è stato deciso di attingere dalla benzina, anche se il comunicato scritto al termine della riunione del Cdm tende a mostrare questo balzello come una sorta di tassa trasparente: non c’è ora, ma è lì, all’orizzonte. Il rincaro non scatta automaticamente, ma solo in caso di decretazione di stato di emergenza. E anche in questo caso, prima si attingeranno risorse del fondo nazionale di Protezione civile.
Se queste non dovessero bastare, sarà necessario mettere mano al «fondo spese impreviste», il quale dovrà però essere immediatamente «e obbligatoriamente reintegrato». Come? Con risorse ordinarie o con «le maggiori entrate derivanti dall’aumento dell’accisa sui carburanti, stabilita dal Consiglio dei ministri in misura non superiore a cinque centesimi per litro». Se cioè per un terremoto o un’alluvione si dovesse prelevare denaro da quel fondo, ecco allora che partirà immediatamente l’aumento della benzina.
Le Regioni a loro volta «hanno facoltà di elevare l’imposta regionale sulla benzina di loro competenza sino al massimo di cinque centesimi per litro». Nei casi più gravi, quindi, il costo dei carburanti potrebbe schizzare a dieci centesimi in più per litro.
La cosiddetta tassa sulla disgrazia era stata già introdotta dal decreto Milleproroghe del 2011 e a febbraio di quest’anno la Consulta l’aveva bocciata come illegittima, con la motivazione che sarebbe inopportuno penalizzare popolazioni già colpite da calamità. Ma ora l’obolo ritorna, con la possibilità anzi del raddoppio: 5 centesimi dallo Stato e altri 5 dalle Regioni.
La riforma prevede poi il trasferimento della flotta antincendio della protezione civile al Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Sono definiti meglio i compiti del dipartimento, e l’attività di coordinamento tra le amministrazioni viene affidata al premier, che può delegarla «al solo ministro dell’Interno». Per evitare accavallamenti di competenze come accadde per esempio all’Aquila, si stabilisce che la fase dell’emergenza, gestita direttamente dalla Protezione civile, può durare fino a un massimo di sessanta giorni, mentre quella della post emergenza sarà gestita dall’«amministrazione competente in via ordinaria».
Una riforma «strutturale», che «accelera i tempi di azione», il commento del premier Mario Monti. L’Anci, l’associazione dei Comuni, lamenta la «mancata concertazione», con le amministrazioni locali per questa riforma, e dice «no» alla tassa sulle disgrazie. Il Giornale, 14 aprile 2012