Renato Busco piange, abbracciato dalla moglie Il simbolo della giustizia è la bilancia, metafora dell’equilibrio, del peso e contrappeso, della giustezza e della precisione. La sentenza d’appello sul delitto di Via Poma risponde certamente al criterio di giustizia, ma evidenzia tutti i mali di cui quel pianeta soffre da decenni senza che il Parlamento li risolva. Non basta che la magistratura si autogoverni – come credono gli esponenti dell’Associazione Nazionale Magistrati – perché il processo diventi un luogo cristallino, senza ombre, senza pregiudizio. Che Busco fosse innocente, che le indagini facessero acqua da tutte le parti, che le prove fossero assolutamente risibili, era chiaro anche a un pivello che comincia a scrivere di cronaca giudiziaria. Ma che questo impianto accusatorio potesse essere considerato sufficiente per condannare un uomo di un delitto così grave ed efferato, è letteralmente incredibile per un paese che vuol dirsi democratico. È ora di cambiare le norme, di introdurre il principio sacrosanto della responsabilità dei magistrati, non per penalizzare chi persegue i crimini, ma per assicurare il corretto funzionamento della giustizia, la sua efficacia, lo svolgimento per l’interesse pubblico e non per il protagonismo dei suoi attori, siano essi i procuratori o gli avvocati. Non sto a snocciolare il dettaglio dei casi che lasciano interdetti la pubblica opinione (Garlasco, Amanda, Yara, Parolisi, Sarah Scazzi) ma è chiara la visione terribile di un groviera procedurale e investigativo che mina la fiducia del cittadino di fronte a un tribunale. Qualunque esso sia. Che la culla del diritto sia ridotta a questo è responsabilità certamente del Parlamento, ma anche in misura seria di una corporazione che pensa di essere irriformabile in un mondo che si evolve alla velocità della luce. La magistratura per prima dovrebbe avere interesse a cambiare lo status quo. Il gradimento dei cittadini nei confronti di questa istituzione è colato a picco nel giro di alcuni anni e invece di correre ai ripari si è preferito mettersi al riparo, sottraendosi a qualsiasi tipo di discussione e addirittura impedendo al Parlamento, che è sovrano, di deliberare su una materia che tocca la vita di tutti. Simonetta Cesaroni è morta, Busco è innocente, la giustizia è malata. Mario Sechi, Il Tempo, 28 aprile 2012

.………Quella della Giustizia è la riforma che non si farà mai. A parole la vogliono tutti, ma come per la legge elettorale, ciascuno la vuole a modo suo, anzi a suo uso e consumo. E così ha la meglio chi sui mali della giustizia costruisce il proprio potere. E la riforma finisce nel cassetto delle cose da non farsi e chi se ne frega dei cittadini che hanno la sventura di imbattersi con i suoi mali, i suoi attori e i suoi comprimari. Cosi è se vi pare. Sconsolatamente. g.