Europa Uno spettro s’aggira per l’Europa e si chiama «Fasciocomunismo». Le elezioni in Francia, Grecia e Germania danno un esito che è incredibile solo per chi non si è ancora ripreso dalla sbronza euroentusiasta. Vent’anni dopo il trattato di Maastricht e dieci anni dopo il varo dell’Euro, si sta chiudendo un ciclo e si apre un’era di caos generata da una politica miope, dissennata, figlia di una classe dirigente sciagurata e di una Germania dominata dall’egoismo. In Grecia i due partiti pro Euro – Pasok e Nuova Democrazia – sono stati sconfitti, i neonazisti di Alba Dorata entrano in Parlamento dopo 40 anni e l’ultra sinistra e i comunisti avanzano a passo di carica. Astensione? Quaranta per cento. Il risultato è che formare un governo – in un Paese ridotto allo stremo dalla ricetta berlinese – è un’operazione difficile. Lo ripeto: alla fine il popolo brucia la casa di chi lo affama. In Francia Nicolas Sarkozy paga la sua alleanza cieca con la Germania, mentre Francois Hollande va all’Eliseo con un programma che prevede la revisione del Fiscal compact, l’abbassamento dell’età pensionabile e una politica di deficit spending. Il dato anche qui è il «no» radicale a Bruxelles e al dispotismo dell’establishment finanziario. La destra non esprime il presidente ma rappresenta la maggioranza degli elettori. Alle legislative madame Le Pen farà il pieno e i neogollisti rischiano di essere fagocitati dal lepenismo nel giro di pochi anni. In Germania Angela Merkel subisce uno stop serio nel land Schleswig-Holstein, il cui destino ora sembra quello di essere governato da una Grosse Koalition. La Cdu di Angela è al primo posto, ma la coalizione con la Fdp cola a picco, mentre il partito dei Piraten entra nel Parlamento regionale tedesco. Chiari segnali di crac. Siamo di fronte alla grande avanzata di un’armata che urla contro la politica economica europea, contro l’austerità che serve al capitale finanziario e non all’economia reale. È la devastazione di tutti gli equilibri, la rottura dell’asse Parigi-Berlino, l’abbattimento dei totem eurocratici e l’inizio di un periodo di instabilità che potrebbe portare alla rottura dell’Eurozona. Queste cose a Il Tempo le scriviamo da almeno due anni. Ricordo qualche parruccone guardarmi con aria di sufficienza quando sostenevo nei dibattiti l’evidenza di questo scenario da battaglia fumante. Eccolo qua, davanti a voi. Ora contemplate il disastro che avete contribuito a creare non raccontando la verità e piegando i fatti alla logica della finanza per la finanza e non della politica. La storia è maestra: non si umiliano le nazioni. In questo quadro cupo dove volano ceneri e lapilli, l’Italia ha votato per un turno amministrativo che darà certamente una linea di tendenza. Attendo curioso l’apertura delle urne. Aspetto anche di vedere cosa faranno i «tecnici» italiani al cospetto del terremoto in corso nel Vecchio Continente. Un governo nato sotto gli auspici di Berlino, ancorato alla Germania, devoto al dogma del rigore e smarrito nella ricerca del Graal della crescita, dovrà prendere atto che la politica non la fa la finanza, ma il popolo. Mario Sechi, Il Tempo, 8 maggio 2012

.………………..E il popolo vota si con il cuore, ma fa lavorare il cervello. E il cervello del popolo la pensa in maniera diversa dai tecnici o pseudo tali che issati sulla tolda della nave Italia la stanno portando verso la deriva, anzi sugli scogli semisommersi dove rischia di sfragellarsi. Il voto francese è un voto di allarme, ancorchè atteso e, forse, da qualcuno anche auspicato, specie nel centrodestra italiano ferito e umiliati da un Sarkozy che per vassallaggio verso la Merkel e la Germania si esibì in uno squallido riso di scherno per la politica e i governanti italiani, che si chiamino Berlusconi o pinzellacchere rimangono pur sempre i nostri governanti. E pur avendo il voto francese fatto giustizia della stupidità  dell’ex alfiere della destra moderna ed europa (per dirla con Fini che di Sarkozy divenne subito il ventriloquo italiano) mandato a casa a meditare sui suoi errori, non ci riesce di non dolerci, comunque, della sconfitta della destra francese che, però, potrà risorgere dalle sue ceneri proprio per reazione alla sconfitta subita. Ma se il voto francese è un voto di monito, quello greco è un avvertimento forte ai partiti italiani che si ostinano a sostenere il governo filotedesco di Monti che della Merkel è il plenipotenziario italiano. La clamorosa sconfitta dei due maggiori partiti greci che sostenevano il governo imposto dalla Germania insieme alle misure affamatrici del popolo greco, apre scenari apocalittici anche nel nostro Paese, per entrambi i due maggiori partiti della più eterogena maggioranza che mai sia stata messa insieme nel Parlamento italiano,il Pdl  e il PD. Ma se di quest’ultimo non tocca a noi preoccuparci, del PDL non in quanto sigla ma perchè crocevia da ultimo delle attese e delle speranze del popolo del centrodestra italiano, come in Francia, anche in Italia  maggioranza numerica, abbiamo non il dovere ma il diritto di doverci preoccupare. Anche perchè, a differenza della Francia, dove un forte, agguerrito e ben radicato Fronte Nazionale è in grado  di intercettare, sostituedosi al gollismo, i voti degli elettori di centrodestra che comunque hanno attributo  al ballottaggio a Sarkozy un considerevole 48% dei voti, in Italia lo svuotamento elettorale  del PDL sarebbe una voragine nella quale precipiterebbero per decenni  a venire le possibilità del centro destra di svolgere un ruolo attivo, sia pure stando all’opposizione, sul palcoscenico della politica italiana, anche perchè, a differenza della Francia, in Italia non v’è altra forza politica capace e meritevole di sostituirsi al PDL e di farsi interprete della “maggiorazna silenziosa”  del nostro Paese. Quella che armò l’animo dei 40 mila dipendenti della Fiat che alla fine degli anni 70 scesero in piazza per rivendicare il diritto al lavoro o quella che capeggiata dal coraggioso e indimenticato consigliere comunale di Milano Massimo De Carolis interpretò la volontà di voltar pagina dopo gli anni di piombo. Gli anni che ci attendono sono altrettanto perigliosi di quelli che videro il selciato del nostro Paese bagnato dal sangue delle vittime della barbarie comunista , e sarebbe un grave pericolo se proprio ora venisse meno un riferimento politico per gli elettori di centrodestra. Per questo bisogna  che il PDL stacchi la spina a questo governo, per restituire il Paese alla politica, impedire che a farlo sia non il popolo ma gli estremisti. g.