Francois Hollande e Nicolas Sarkozy rendono omaggio al monumento al milite ignoto a Parigi, nel corso delle celebrazioni per l'8 maggio, anniversario della vittoria nella II guerra mondiale

PARIGI – La Republique prima di tutto: la Francia divisa dalla politica, si ritrova dopo due giorni e rinasce nel nome delle sue radici profonde. Nicolas Sarkozy, battuto da Francois Hollande in un lacerante duello per l’Eliseo, ha invitato il rivale 48 ore dopo il duello a celebrare con lui la memoria dei soldati di Francia. Sull’attenti, uno accanto all’altro, mentre suonava la Marsigliese e il Canto dei partigiani, hanno regalato al mondo un’immagine inedita e di straordinaria intensità. In una mattinata grigia come le altre di questa primavera mancata, all’Arco di Trionfo si respira un’aria speciale. Si sa che arriveranno tutti e due, ma nessuno immagina che faccia avranno, cosa faranno, che si diranno dopo quello che per mesi é successo. Meno di una settimana fa la rivalità è esplosa in un faccia a faccia in tv durato quasi tre ore in cui Sarkozy ha dato del “piccolo mentitore” a Hollande. C’é l’aria speciale dei momenti storici, delle immagini da immortalare e destinate a entrare nei libri. Arrivano i politici e i militari, qualche ministro del governo, Frederic Mitterrand in testa, qualche antica gloria, Lionel Jospin fra gli altri. La banda della Garde Republicaine suona marce e qualche melodia evocativa. Quando, a sorpresa, intonano la colonna sonora de ‘Il Gladiatore’, invece di Russell Crowe con il tatuaggio scende nell’arena Francois Hollande con gli occhialetti, un po’ goffo, ancora poco padrone della situazione. Si avvia da solo verso il monumento, seguito da centinaia di occhi, e resta lì per diversi minuti. Sarkozy arriva poco dopo, scende con consumata andatura da capo dell’Eliseo e una vera ovazione lo accoglie, come nei comizi: “Nicolas, Nicolas!”. C’é la claque organizzata dal capo del partito, Jean-Francois Copé, ma anche tanta gente comune, che sa che quel momento speciale l’ha voluto lui. Si avvicina all’ex rivale ora successore e gli stringe la mano. Non sorrisi, ma sguardi severi mentre l’enorme bandiera sotto l’Arco di Trionfo si gonfia per un colpo di vento improvviso. Sarkozy fa strada e invita Hollande, qualcuno cerca di captare le parole, di leggere il labiale, ma sono solo formule di cortesia. Non è il momento delle parole, tutti guardano soltanto il gesto, quella corona deposta insieme e poi tutti e due, fermi, immobili, sull’attenti. Abito scuro identico, cravatta blu un po’ più scura per Sarkozy, quasi celeste per Hollande. Al socialista svolazzano i capelli mentre suona la Marsigliese. C’é commozione, gratitudine e soprattutto il riconoscimento dell’identità francese, della Storia, della Republique. Si resta in silenzio, in raccoglimento vero, quello senza applausi, e spunta un sole caldo che cambia completamente la scena. I due presidenti escono insieme dall’immobilità che li ha fissati nella mente di tutti i presenti e si avviano insieme a salutare i reduci in prima fila, poi Hollande si dà in pasto ai giornalisti: “Era una cerimonia che si doveva fare – dice – per mostrare ai francesi che la Repubblica è unita, il paese doveva sapere che è riunito attraverso il presidente ancora in esercizio e il nuovo”. Una cerimonia che si doveva fare ma che nessuno aveva mai fatto prima: due presidenti insieme l’8 maggio, uno che va e uno che viene. Nicolas Sarkozy l’ha voluto e lascia la scena al vincitore con un gesto di classe. Non parla, si avvia a testa alta verso l’auto che lo riporta all’Eliseo. Ancora una settimana, poi il passaggio di consegne e tanto tempo per pensare alla sconfitta e al futuro. Tullio Giannotti, ANSA, 9 maggio 2012

..…………..Questa immagine di unità dei due contendenti sino all’ultimo voto, entrambi irrigiditi sull’attenti dinanzi al Sacello del Milite Ignoto, sotto l’Arco di Trionfo, dove il generale De Gaulle guidò la marcia della ritrovata libertà nazionale l’8 maggio del 1945,   ci commuove e ci fa riflettere di quanto grande sia la distanza tra la Francia ( e gli altri Paesi in cui lo scontro politico si ferma dinanzi agli interessi e alla storia nazionale) e l’Italia, dove invece la battaglia sconfina nell’ingiuria e nell’insulto degli avverdsari, specie se perdenti,  senza limiti e confini. E ci piace dare atto a Sarkozy, verso il quale  pure abbiamo nutrito profonda avversione per il modo sguaiato con cui ha sconfessato la comune matrice popolare con i partiti italiani del PPE, che questo suo gesto, insieme di ritrovata eleganza politica e di  altrettanta  umiltà, lo riconferma  al momento dell’uscita di scena come un  non modesto protagonista della scena politica  europea degli ultimi 15 anni.   g.