L’Europa si sta giocando il suo futuro, la Germania la sua credibilità e forza, la Francia il suo ruolo di Paese dei Lumi, l’Italia la sua anima mediterranea, la Grecia la sua grandezza mitologica. Siamo a un passaggio decisivo della nostra storia. L’altro ieri a Bruxelles, al Parlamento europeo, ho avuto la netta sensazione che stiamo per attraversare il passo scosceso della rottura dell’Eurozona, che le forze irrazionali abbiano preso la guida della diligenza impazzita del Vecchio Continente. Corre verso il vuoto. Quando il presidente della Commissione Ue, il portoghese Josè Manuel Barroso, dice senza curarsi troppo del peso delle sue parole che «se la Grecia non rispetta i patti, allora è meglio che vada via dall’Euro», siamo allo scasso istituzionale. Il voto dei popoli per gli euroburocrati non conta niente. E invece no, caro Barroso, quel voto conta. Bisogna interpretarlo e trovare le soluzioni per un problema che l’Europa – insieme alla classe politica greca – ha creato. Non riconoscerò mai un’Unine che affama i bambini greci. E siamo in tanti a pensarlo.

Nelle stesse ore in cui Barroso certificava il suo fallimento culturale, il presidente del Consiglio Mario Monti scriveva una lettera al capo dello Stato Giorgio Napolitano in cui ribadiva la «determinazione nella realizzazione del mandato che Lei ci ha affidato». Caro Monti, vuole farci la grazia di chiarirci qual è il mandato in questo scenario? L’Unione Europea si sta sfracellando sul muro di titanio eretto dalla Germania, noi che facciamo? Stiamo a guardare il dito della cancelliera Merkel che indica la luna o ascoltiamo l’urlo di disperazione che si sta alzando dalla parte produttiva del Paese? Fin dal suo insediamento il governo ha sciorinato analisi sulla crisi – tra l’altro, con non pochi punti di riferimento sbagliati e un’insufficiente conoscenza dell’operatività reale dei mercati finanziari – ma le soluzioni, quelle che hanno il dovere di fornire i governanti, sono state tutte improntate al torchio fiscale. Se escludiamo la riforma previdenziale, il resto, con tutto il rispetto, è tutto loden e tasse.Nel frattempo l’Europa sta saltando per aria e il rischio di un breakup dell’Eurozona è sempre più vicino. Due euro. Quando la scorsa estate pubblicammo sul nostro giornale i primi scenari sull’Euro a due velocità, qualcuno ci prese per matti. Avevamo solo fatto le letture giuste. Ora ci siamo. I grandi uffici legali internazionali mettono nei loro contratti la clausola della doppia moneta, le banche d’affari sfornano studi sulle conseguenze economiche e tutti sembrano scoprire l’acqua calda. E si bruceranno. Mario Sechi, Il Tempo, 11/05/2012

.……………Il più patetico e il più ridicolo, fate voi!, in questo panorama da cataclisma finale è Mario Monti che impeterrito annuncia a Napolitano – perchè a Napolitano?, forse che il Parlamento italiano è stato sciolto?, forse che Napolitano ha poteri che la Costituzione non gli assegna?, forse che ci siamo trasformati, senza che nessuno lo sappia, in una Repubblica presidenziale?- che lui “andrà avanti nell’incarico ricevuto”. Se non ci trovassimo alla vigilia di una tragedia senza eguali ci metteremmo a ridere dinanzi a tanta tracontante insulsaggine di questo superincapace che di fronte alla sua constatata  ignoranza della realtà, per non dire che non riesce neppure a capire cosa stia succedendo, monta a cavallo e fa ancora il Napoleone, questa volta, però, di Waterloo, dove il “grand empereur”  trovò la sconfitta e l’oblio. Purtroppo, però, non si tratta della sconfitta di Monti e del suo immanente oblio, qui si gioca con i destini di un continente, e dei suoi popoli, dei suoi bambini. Scrive Sechi, ed ha ragione,  che non si può rimanere inerti dinanzi all’affamamento dei bambini greci, per effetto  di un revanscismo germanico che non è migliore di quello che produsse  la tragedia  della seconda guerra mondiale, e, dopo, dei bambini, compresi quelli italiani,  dei popoli del vecchio continente che non può finire stritolato dalle logiche affaristiche e finanziarie delle banche che fanno perno sui “nein” della Germania per arricchirsi a danno dei popoli. A parte, poi, che una volta arricchiti non saprebbero che farsene della ricchezza in un continente desertificato. g.