Angela Merkel e Mario Monti al Consiglio europeo di Bruxelles L’altro ieri il Financial Times raccontava in un pregevole reportage «I sette giorni che hanno scosso l’Europa» dopo i turni elettorali in Francia e in Grecia. Ieri, un’altra scossa: Angela Merkel ha subìto una pesante sconfitta nel land del NordReno-Westfalia, la Cdu è crollata passando dal 34,6 al 26 per cento dei consensi. La cancelliera è stata battuta da un’altra donna, il governatore socialdemocratico Hannelore Kraft e per la sfida alla Cancelleria nel settembre 2013 molti prevedono uno scontro tra lei e Merkel. L’ondata popolare contro il «rigorismo» a tutti i costi e la politica monetaria senza crescita della Bce, prosegue. Dopo l’elezione in Francia di Francois Hollande, Berlino vede il suo asse con Parigi indebolito, ma la via teutonica alla crisi continua ad essere battuta. L’altro ieri il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, ha martellato gli esiti del voto sotto la Tour Eiffel e il Partenone, minacciando sfracelli finanziari contro chi si opporrà al Fiscal Compact (Parigi) e al salvataggio con il cappio (Atene). Un delirio istituzionale: un banchiere centrale che detta la linea ai governi stranieri. Ai tempi di Willy Brandt e Helmut Kohl sarebbe stato mandato a casa. Ma la realtà è che in Europa siamo nel pieno dello scontro tra tecnocrazia e democrazia. Conflitto talmente grande da far sorgere ieri sulla Cnn a un analista come Fareed Zakaria la seguente domanda: La democrazia è uno dei problemi dell’Europa? Sì, lo è perché la finanza e i burocrati, i poteri irresponsabili, hanno preso il sopravvento. Mentre Angela Merkel assapora il gusto amaro della sconfitta, in Grecia continuano i colloqui per la costituzione del nuovo governo. È chiaro che il «memorandum» berlinese per far pagare i conti ad Atene è un disastro. Per salvare le banche tedesche e francesi si sta affamando un popolo. Non funziona. E non funzionerà anche se i greci trovano un accordo per un esecutivo transitorio. La cura è un veleno mortale. L’Europa sta vivendo uno dei momenti più gravi della sua storia e in mezzo a questo caos c’è l’Italia, Paese con il terzo debito pubblico del mondo. Il governo Monti è nato sotto gli auspici di Berlino, ma dopo alcuni mesi lo scenario europeo è cambiato e la situazione del Belpaese è peggiorata. Siamo in recessione, la produzione è crollata e la disoccupazione tra i giovani e le donne nel Sud è da incubo. La pressione fiscale ha aggravato la crisi e la rivolta contro le tasse è in pieno svolgimento, con tanto di canaglie armate di molotov in azione. È nitroglicerina e lo scriviamo da parecchio tempo. Monti ha finalmente compreso che «il Paese è segnato da una profonda tensione sociale». Bene. Cambi marcia e saluti Berlino. Ora può farlo. Mario Sechi, Il Tempo, 14 maggio 2012

…………..Nonostante l’auspicio di Sechi, Monti non cambierà marcia. Per due fondamentali ragioni. La prima. Egli rimane “il miglior genero che un tedesco vorrebbe avere” e come tale non farebbe mai un torto alla suocera (Merkel o Germania, è la stessa cosa). La seconda. Ammesso che Monti cambiasse  marcia e musica, dovrebbe essere in grado di scegliere sia la nuova direzione che la nuova musica. Cioè dovrebbe dimostrare che al di là del credito (vantato) per via della sua lunga pemanenza nei salotti dorati di Bruxelles, egli è capace di scelte autonome e sopratutto innovative. E’ un rischio grave per un grigio funzionario. sia pure di alto livello, come lui. Rischierebbe di vedere ad un tempo annullato il credito vantato e dimostrato che esso era fondato sul nulla, cioè solo su ipotesi. E poichè l’andamento del governo in questi quasi sei mesi hanno mostrato solo questo volto di Monti, ecco perchè Monti non si slegherà dalla Merkel e dalla Germania, anche se questo potrà provocare non solo la tensione sociale di cui lo stesso Monti ha riconosciuto l’incombente esistenza nel nostro Paese ma anche il possibile e sempre più agguerrito  rigurgito terroristico che trova il suo humus migliore e più proficuo proprio quando si alza il livello dello scontro  nella società. Ecco perchè i partiti, tutti, farebbero bene responsabilmente, a porre fine a questa disastrosa esperienza “tecnica”, a riprendere nelle mani della politica la guida del sistema Paese, affidando al popolo sovrano il compito di scegliere chi dovrà governarlo. Spesso, proprio nei frangenti della propria storia più inquietanti, il popolo italiano è stato capace di compiere le scelte più opportune. E nelle democrazie non v’è nulla di meglio che fidarsi del Popolo. g.