Il sindaco de L'Aquila Cialente Una città devastata dal terremoto, dal lutto, da una ricostruzione difficile, da una corruzione che emerge tra mattoni vecchi e nuovi, da una crisi che si accanisce contro la rinascita, meriterebbe una politica dal volto umano, un impegno diverso dei partiti, una trasparenza non solo dichiarata ma praticata. E invece no. All’Aquila sembra che neanche questo elementare impegno sia possibile. A tre giorni dal ballottaggio per eleggere il sindaco della città, emerge un carteggio davvero istruttivo tra i partiti. I protagonisti sono il Pd e Futuro e Libertà i quali in campagna elettorale sbandierano «alti ideali», propositi di rinascita, ricostruzione, rilancio morale e via discorrendo. Poi si spengono i microfoni e torna la realtà. Quella delle poltrone e dei posti di comando barattati per l’appoggio al secondo turno, con tanto di scambio di lettere, protocolli d’intesa e manuale Cencelli. I più cinici diranno che si usa così, ma vedere in un luogo simbolico come L’Aquila esponenti del Partito Democratico offrire posti per avere voti, francamente, è troppo anche per uno allenato a vederne di ogni colore. I duri e puri di Futuro e Libertà trattavano il loro gruzzolo di consensi in cambio dei seguenti incarichi: un assessore, la presidenza di una municipalizzata, un consigliere d’amministrazione nella Asm, la presidenza di una commissione consiliare, la presidenza del collegio dei revisori dell’Ama, un posto nel collegio dei revisori del Comune, un consigliere d’amministrazione nella Gran Sasso Acque, un membro nel consorzio dei Beni Culturali, un pacchetto di consulenze e contratti part-time. Tutto ciò conferma che il Paese ha bisogno di un nuovo inizio. Finché i partiti non la smetteranno di occupare e lottizzare ciò che va assegnato per merito e non per cooptazione di regime, l’Italia non farà alcun passo in avanti. Il candidato sindaco Cialente dirà che quell’accordo non si è realizzato materialmente, è saltato. Solo formalmente – per l’opposizione di altre liste – visto che dai carteggi emerge un impegno a dare contropartita in nomine in cambio di appoggio elettorale sottobanco da parte di Fli. Non siamo di fronte a un fatto di provincia, ma alla metafora dell’Italia. Un suk politico che suscita una profonda rabbia e tristezza. Nella città dove la ricostruzione post-terremoto ha visto gli sciacalli in azione, si consumano commerci politici da basso impero e i partiti continuano a fare e disfare come in questi mesi nulla fosse successo e tutto va bene madama la marchesa. Sì, L’Aquila è ferita, ma gli avvoltoi volano ancora in alto. Mario Sechi, Il Tempo, 17 maggio 2012

………………..Che il PD, che della questione morale ha sempre fatto il suo cavallo di battaglia e che della sua immacolatezza abbia fatto sfoggio ad ogni occasione, compreso l’altra sera in TV con Bersani che più che un aspirante premier ci sembrava un buon venditore di tappeti, abbia mercanteggiato l’appoggio di altri partiti al ballottaggio di domenica all’Aquila,  non meraviglia. Non meraviglia perchè è da un pezzo che il PD, ex Pci, ex Pds, ex Ds, ha gettato la falsa maschera di perbenismo per mostrarsi del tutto uguale agli altri partiti, nè, in fondo meraviglia la notizia in se, perchè è da un pezzo che tutti i partiti, nessuno escluso, hanno trasformato la politica in un grande, immenso mercato perr trarre vantaggi per sè e per i propri cari.I casi della  ex Margherita e della Lega, esplosi e riesplosi in questi giorni, anzi in quesste ore, sono significativi e riguardano tutti. Nè meraviglia che nel mercato dell’Aquila, uno dei contraenti dell’affare sia il partito dei cosiddetti duri e puri del FLI, tutti o quasi tutti ex An, tutti o quasi tutti ex MSI. Non meraviglia pechè la fuoruscita dal PDL di Fini e camerati (ormai “compagni” a tutti gli effetti) non fu affatto determinata da ragioni di cuore ma da ragioni di posti, presenti e futuri. Sopratutto futuri. Però la realtà fu abilmente mascherata, cosicchè si tentò di far passare la spaccatura tra Fini e Berluscojni come un ritorno alla “fede” antica, a quella missina. Non era vero. Lo abbiamo sempre saputo e questa squallida vicenda dell’Aquila lo conferma. Come conferma che per il FLI, cioè Futuro e Libertà, cioè Fini,  nell’oscurità della notte tutti i gatti sono bigi, cioè si può passare sopra a tutto,  e andare da destra a sinistra, senza alcuna remora nè morale nè politica, pur di guadagnarsi un posto al sole.Salvo gli incidenti di percorso come la pubblicaizone del prezzo concordato per il sostegno al candidato di sinistra all’Aquila, così come prezzo  ampiamente pubblicizzato per il sostegno del FLI barese al sindaco Emiliano a Bari doveva essere un assessorato nella Giunta di sinistra, accordo anche questo saltato per l’imponderabile intervento di una tonnellata di cozze pelose. Dovremmo dolerci per questa inqualificabile caduta di stile di ex militanti della destra  missina, ma non ce n’è bisogno visto che secondo gli ultimi sondaggi del FLI e di Fini e dei suoi camerati-compagni tra poco meno di un anno non si sentirà più parlare. g.