A BRINDISI ATTENTATO DI MAFIA? NON STA IN PIEDI, ECCO PERCHE’, di Mario Sechi
Pubblicato il 20 maggio, 2012 in Costume, Cronaca | Nessun commento »
Brindisi. Mattina. Sole. Aria fresca. Giovinezza. Melissa. Sedici anni. Scende dal bus. Ha la vita davanti. Poi un lampo. E il buio. Roma. Accendo il pc, lancio le agenzie. Alle 8.45 l’Ansa batte la notizia: ++ ORDIGNO ESPLODE IN SCUOLA BRINDISI, STUDENTI FERITI ++ Una bomba a scuola? Com’è possibile? Il riflesso condizionato è quello di dire «criminalità organizzata». Non sono un pistarolo, ma qualcosa non torna. Metto in fila i fatti, tenendo presente quanto mi ha detto una mia fonte: «In questa storia scrivi in spagnolo: metti i punti interrogativi anche all’inizio del pezzo». Farò di più, presenterò i pezzi del puzzle. Eccoli:
1. Perché mai la mafia dovrebbe mettere la firma su un atto così atroce scatenando su di sè l’arrivo dei migliori investigatori italiani? È una manovra boomerang. Una mente criminale non commetterebbe mai un simile errore;
2. Nel vicino centro di Mesagne ci sono regolamenti di conti in corso e nuovi collaboratori di giustizia. Uno dei metodi più usati tra i clan per tappare la bocca a un pentito è quello di colpire i suoi cari. Tra gli studenti c’è qualcuno che ha lontani parenti in odor di mafia?;
3. L’ordigno è rudimentale, mentre la mafia ha a disposizione il miglior esplosivo. Trasportare tre bombole e piazzarle sull’obiettivo è un rischio. Basta niente e ti beccano. È una tecnica da guerriglieri mediorientali, non da picciotti;
4. Mettere insieme tre bombole a gas però è facile e il risultato distruttivo assicurato. Collegarle a un timer è uno scherzo. Ma è fondamentale capire se quest’ultimo è orario o elettronico. Nel primo caso potremmo anche essere di fronte a un errore per cui la bomba scoppia al momento sbagliato, nel secondo lo scoppio è telecomandato e allora siamo di fronte a qualcosa di più sofisticato e inquietante;
5. Per fare tutto questo non c’è bisogno di un team di scienziati uscito dall’accademia dell’esplosivo. Qualsiasi persona con un filo di folle lucidità e crudeltà può mettere insieme le bombole a gas, il timer, trasportarle sull’obiettivo, attendere e provocare il botto per spezzare delle vite. Ecco perché anche la pista del folle non può essere per il momento accantonata.
In ogni caso, ha ragione il procuratore Pietro Grasso: di qualsiasi natura sia, questo «è terrorismo puro». Le indagini sono in corso, sono in pista investigatori in gamba e il procuratore Motta è serio. Ieri sera c’era già un sospettato sotto torchio. Aspettiamo. Lo Stato faccia lo Stato: deve prendere i colpevoli, condannarli, metterli in prigione e buttare la chiave. Mario Sechi, Il Tempo, 20 maggio 2012
..…………Ha ragione Sechi. La lettura più ovvia spesso non è la più corretta. La criminalità, quella organizzata, la più pericolosa, solitamente le sue “attenzioni” le rivolge agli obiettivi che possono nuocerle, non a quelli dimostrativi. Non solo. La criminalità organizzata sa che atti di guerra come è quello compiuto ieri a Brindisi inevitabilmente strasferisce l’attenzione massiccia della Magistratura e delle Forze dell’ordine verso i luoghi teatro delle stragi e ciò “nuoce” agli interessi della criminalità che preferisce vivere sottoacqua così da potersi meglio mimetizzare e sfuggire agli investigatori e alla cattura da parte della polizia e dei carabinieri. Perciò, al di là delle identiche opinioni espresse dal Procuratore della Repubblica di Brindisi, Di Napoli, che tende ad escludere o almeno a considerarla possibnile insieme ad altre, la pista mafiosa o della criminalità organizzata, è opportuno che le indagini si svolgano a 360 gradi, così da perseguire ogni possibile pista che possa portare alla individuazione dei responsabili di un eccidio tanto odioso quanto inutile. Colpire i ragazzi è ignobile, provocarne la morte è terribile. I colpevoli devono essere identificati e come scrive Sechi messi nelle condizioni di non nuocere più. Per esserne certi, e non scandalizzi nessuno, c’è la pena di morte. La stessa inflitta, con terrificante cattiveria, alla giovane studentessa di Mesagne. Perchè chi dà la morte, merita la stessa sorte. g.