Beppe Grillo È scomparsa anche l’orchestrina, ma il Titanic della politica continua a viaggiare contro l’iceberg, nonostante sia pieno giorno e il gigante di ghiaccio visibile. I ballottaggi confermano quel che il primo turno aveva fatto emergere: i partiti si stanno squagliando senza neppure provare a riformarsi. Scenario: pochi votanti, partiti sempre più piccoli, nuove forze emergenti. Il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo che elegge un sindaco con una votazione bulgara in una città borghese come Parma, conservatrice anche quando è progressista, produttrice di establishment e lontana dall’ultrapop, dimostra che gli elettori sono in libera uscita. Chi pensa a un caso isolato, sbaglia. La faccia del neo sindaco Pizzarotti trasmette un’aria di normalità e le idee non sono esoteriche. Beppe fa il saltimbanco, ma i suoi candidati sono con i piedi per terra. Se funziona là, andrà bene anche altrove. E gli altri? Sono tutti agonizzanti. Anche il Pd che canta vittoria lascia sul terreno molto sangue: a Genova, Parma e Palermo è suonato il de Profundis per i suoi candidati. I Democratici usano una vecchia tattica: fanno proprie le vittorie degli altri, ma restano le loro sconfitte. Detto questo, il Pd è ancora in piedi. Anche se per demerito altrui. Dove «l’altrui» è da leggersi come Pdl. Il partito di Berlusconi esce malissimo dal voto. È vero, non ha più l’alleanza con la Lega (che perde sette ballottaggi su sette), paga in parte l’appoggio al governo Monti, ma il Pdl così com’è non è un progetto politico spendibile. Alfano lancia una «nuova offerta». Vedremo. Non è solo un problema di nomi e vecchie file da cambiare, ma di sostanza. Vogliono «riunire i moderati» e già la parola, «moderati», fa venire in mente un’assemblea alla casa di riposo Anni Azzurri e non un partito che si rinnova. E poi quali moderati? Si pensa di riproporre lo schema di vent’anni fa? Quel mondo non esiste più. La Lega è in declino e tra il Bossi delle camicie verdi e il Maroni degli occhiali rossi qualche differenza corre, l’Udc è un partito pocket con Casini in cerca d’autore, il resto dell’allegra brigata non esiste. Manca meno di un anno al voto e il Pdl ancora non ha chiarito le seguenti cose: 1. Chi sarà il candidato a Palazzo Chigi; 2. Qual è il programma del partito; 3. Qual è l’alleanza di governo; 4. Qual è la visione per il futuro del Paese. Mi fermo qui, mi pare sufficiente. Il Pdl vota Monti – e in queste condizioni non può fare altro – ma poi tira a campare, senza sapere dove andare. Buon viaggio.Mario Sechi, Il Tempo, 2 maggio 2012

.……………Non avremmo saputo descrivere meglio l’agonia di quello che fu un grande partito e prima ancora un grande sogno. Il PDL ieri ha ricevuto l’estrema unzione dagli elettori che stanchi di aspettare ripensamenti e/0 cambimenti di rotta,  hanno deciso o di non andare a votare o di votare ad altri, e non è il caso di discettare se hanno votato Grillo o altri, anche la sinistra.  Magari turandosi il naso, perchè Grillo, in primo luogo,  non è una soluzione, è solo un moschetto, ma lo hanno fatto. Senza che nessuno li abbia teleguidati perchè è finito il tempo delle teleguide, ora gli elettori non ne hanno davvero bisogno. Gli elettori del PDL al 70% sono contrari al governo Monti e  in questi mesi non hanno nascosto il loro disappunto, e nonostante ciò il PDL ha continuato a sostenere il governo dei dilettanti allo sbaraglio, buono solo a tassare, tassare, e ancora tassare, oppure a lasciare soli i cittadini dinanzi alle calamità, come si è appreso l’altro ieri, quando sulla testa dei terremotati dell’Emilia si è abbattuta come una  doccia fredda la notizia che nella riforma della Protezione Civile, voluta da Monti,   smantellata e privata di autonomia finanziaria, è previsto che lo Stato non risarcirà più i cittadini per i danni subiti da terremoti o altre calamità naturali,ma al massimo consentirà uno sconto fiscale sulle assicurazioni contro i danni che i cittadini dovranno stipulare con le compagnie assicurative a chissà quali costi per tutelarsi dalle calamità atmosferiche. A prescindere dal solito e ulteriore regalo alle assicurazioni (parenti strettissime delle Banche)  non v’è dubbio che questa è una decisione che non può non ulteriormente falcidiare la residua fiducia dei cittadini nello Stato. Torniamo al PDL. Frastornato dalla batosta elettorale, il segretario del PDL, Alfano,si è affrettato a dire che il PDL deve cambiare e ha proposto, come ricorda Sechi, l’unione dei moderati. Questa è retorica spicciola da mercato rionale. Il problema, anzi i problemi,  sono altri, e di certo non possono essere risolti con le solite e ormai desuete formulette con le quali anche nel recente passato si sono abbagliati gli elettori. Gli elettori del centrodestra, che a milioni, avevano dato fiducia al PDL hanno visto vanificato il loro voto e tradite le loro attese che erano quelle di vedere uno Stato riformato nelle istituzioni,  una burocrazia meno invasiva, un sistema fiscale più equo,  un sistema giustizia velocizzato e rispettoso dei diritti dei cittadini, una classe dirigente scelta dagli elettori e non nominati dall’alto, il costo della politica drasticamente ridotto senza se e senza ma, ad incominciare dagli enormi finanziamenti pubblici che hanno consentito ruberie e profitti illeciti. Le istanze tradite sono state il detonatore della fuga dal PDL, non dal centrodestra, degli elettori che lo avevano copiosamente votato nel 2008 e sino al 2008. A  questi elettori l’unica risposta che ha saputo dare Alfano è quella riposta nella formula “magica” della unione dei moderati, magica quanto vuota. Come vuota è l’idea di cambiare nome al partito, avanzata da altri esponenti del PDL. Il problema non è il nome, fatto meramente formale, ma sono i fatti, ad incominciare dalla prosecuzione di un esperimento di governo che non ha prodotto alcun risultato, salvo le vacue affermazioni di Monti, cui si accompagna come un cantante stonato il gran capo Napolitano,  che “il Paese ce la farà“. A quale prezzo? E sopratutto come ci arriveranno gli italiani al traguardo il cui orizzonte si sposta in avanti ogni volta che un qualsiasi  evento non previsto si verifica? Certo la  cura da cavallo di Monti, alla lunga, potrebbe  pure dare un risultato  più o meno positivo (il pareggio di  bilancio in due anni, di un disavanzo pazzesco creato in 50 anni),  ma potrebbe accadere che nel frattempo l’ammalato, guarito , muoia, magari sano, ma muoia, epilogo farsesco di un tragedia “greca”. E qui che si misura la classe dirigente di un grande partito, che altrimenti non è. g.