Parlamento Le transizioni politiche hanno sempre esiti imprevedibili. Nel 1992 l’Italia con un sistema dei partiti spazzato via da Mani Pulite trovò la sua risposta alla crisi nel berlusconismo/antiberlusconismo. Vent’anni dopo quel mondo è in declino e non dobbiamo sorprenderci. Le cause sono molteplici: le riforme mai fatte, gli errori di una maggioranza che poteva governare con numeri enormi e s’è ritrovata con il pallottoliere in mano, i ritardi di una sinistra chic a parole e retrò nei fatti, la recessione economica, il Fisco oppressivo con gli onesti e inesistente con i furbi. Risultato: la fiducia dei cittadini nei confronti dei partiti è al minimo storico. E cosa fanno i partiti in questa situazione? Votano una riforma che reintroduce le norme sul loro finanziamento cancellate da un referendum nel 1993. E su 630 deputati al voto a Montecitorio sono presenti solo in 386 e gli altri…desaparecidos. Parliamo di una riforma di “sistema” che impegna i soldi dei contribuenti, non di una leggina qualunque. Una decisione che tocca il cuore della democrazia è stata liquidata come un passaggio burocratico e non degna di una sessione speciale, diretta televisiva e dibattito all’altezza del momento storico. I leader degli schieramenti sarebbero dovuti intervenire in aula per spiegare le ragioni delle loro scelte. Silenzio. E perciò penso che non siamo di fronte a una svolta, ma a un altro capitolo sul tramonto della Seconda Repubblica. Vivo immerso nella realtà, ascolto le persone, leggo cosa scrivono i miei lettori. Il malcontento non solo è diffuso, ma è associato alla volontà di picconare tutto quello che c’è. Questo è il nocciolo della questione: come evitare le pulsioni distruttive, le soluzioni pasticciate e le derive demagogiche. Il voto del Parlamento sul finanziamento ai partiti ieri è quel che non ci voleva. È sbagliato nella forma e a mio modesto parere anche in gran parte della sostanza. Un solo esempio: perché mai i partiti devono avere la facoltà di investire la loro liquidità in titoli pubblici dell’Unione Europea? Fanno politica o speculano sul debito sovrano? Se qualcuno fa un referendum per cancellare questa legge, io lo firmo.Mario Sechi, Il Tempo, 25 maggio 2012

………Anche noi!