CASINI VUOLE L’AMMUCCHIATA
Pubblicato il 26 giugno, 2012 in Politica | Nessun commento »
Tira aria di grande ammucchiata. Da Vendola a Casini, passando per Bersani e forse Di Pietro. Ma non solo. Una sorta di balena rossa è pronta a ergersi a salvatrice del Paese.
Con l’ambiziosa convinzione di poter garantire stabilità a un eventuale governo del dopo Monti.
Casini ha gettato la maschera: vuol salire sull’arca di Bersani. E il segretario democratico non ha atteso un attimo ad accettare gongolante e a siglare un “patto” tra progressisti e moderati. Che non sembra altro che l’aggiornamento linguistico e temporale del vecchio compromesso storico tra comunisti e cattolici.
“Qui nessuno deve fare la plastica facciale: Massimo D’Alema è Massimo D’Alema, è la sua storia, la sua presenza nel partito comunista, io sono un democratico cristiano che nella prima repubblica è stato alternativo al Partito comunista, ma arrivano momenti nella storia dei Paesi in cui è necessario mettere da parte l’orgogliosa rivendicazione delle proprie identità, dei propri passati e delle proprie radici e c’è la necessità di collaborare per il bene del Paese“, ha cercato di giustificare la sua scelta il leader dell’Udc.
Che ha subito raccolto anche il sostegno di D’Alema che, in un’intervista all’Unità, ha detto “sì al patto con i moderati, perché va sconfitto chi vuole impedire che si esca dalla crisi con uno spostamento a sinistra“.
Insomma, anche per l’ex diessino è necessario “un asse forte per il dopo Monti per dare stabilità all’unica prospettiva realistica per il Paese”. Difficile scommettere sulle garanzie di stabilità assicurate da una ammucchiata che vedrebbe ultracattolici e ultralaici scontrarsi su temi scottanti come l’aborto, l’eutanasia, le coppie di fatto, i matrimoni tra omosessuali, per non parlare poi di politica estera, sicurezza e via dicendo. Ma al momento né a Casini né a diversi esponenti del Pd questo rischio pare dar pensiero.
Quello che conta è stare insieme. Almeno sulla carta e assicurarsi un posto in Parlamento. La pensa così anche il vicesegretario del Pd, Enrico Letta, che in una intervista al Mattino si dice fautore di “un grande patto costituente tra progressisti e moderati che escluda dal governo i populismi di Grillo, Berlusconi e Di Pietro“.
A giudizio di Letta, l’alleanza con Nichi Vendola “è nella logica delle cose ma dipende dal progetto, non si possono proporre alleanze prescindendo dai programmi, occorre una chiara coesione sulle cose da fare“.
Insomma, Vendola sì, Di Pietro ni. Pare essere questa l’idea di Letta. Idea suffragata anche da Dario Franceschini, secondo il quale Vendola è “imprescindibile, è una persona responsabile, conosce bene la situazione del Paese e sa che potrebbe avere grande spazio per far sentire le proprie ragioni“, mentre Di Pietro “si è costruito un suo percorso con altri criteri. O tira le cannonate e insegue Grillo e il vento dell’antipolitica per incassare qualcosa; o si colloca nella prospettiva di governo”. O l’ex pm si allinea o rimarrà fuori dai giochi: sembra essere il messaggio indiretto del capogruppo Pd alla Camera.
Che poi spiega che “da molto tempo lavoriamo all’ipotesi di una asse tra progressisti e moderati perché serve un consenso sociale il più largo possibile, serve avere dietro sindacati e imprenditori, laici e cattolici, pensionati e giovani delle partite Iva“. E già questa dichiarazione sembra la certificazione del calderone priva di una valutazione dei rischi di tenuta e di scontro che si manifesterebbero.
Se c’erano ancora dubbi, adesso vengono fugati: la foto di Vasto va definitivamente in cantina. O se volete, si allarga. Con Casini che siede alla destra di Bersani e Vendola alla sua sinistra. Di Pietro rischia di essere tagliato fuori. E Fini?
Ripudiato, emarginato e non menzionato. Nella sua apertura al patto con i progressisti, Casini infatti non lo ha nemmeno nominato per sbaglio. Tanto che Carmelo Briguglio si è sfogato su Twitter così: “A Palermo Fli si prese i fulmini di Casini perché scaricammo Costa che accettò il Pdl con cui poi l’Udc si alleò contro di noi. Ora Casini scarica il Pdl e annuncia il patto col Pd. Ok e Fini?”. Non menzionato, appunto. Il Giornale, 26 giugno 2012
.………..Povero Fini, da principe ereditario o delfino designato di Berlusconi, a capo di u grande partito di centrodestra, a miserabile mendicante di un posto in Parlamento. Con il rischio, assai concreto, di fare la fine di Bertinotti, suo immediato predecessore sullo scranno più alto di Montecitoiro. Pure lui passò dallo scranno più alto alla più clamorosa trombatura. g.