Quando il passato metterà la giusta distanza con il presente, questa stagione italiana verrà raccontata dagli storici come l’era degli ignavi. Chi sono? Nel terzo canto della Divina Commedia Dante li piazza nell’Antinferno e sulla riva del fiume Acheronte, il luogo dove sono punite le anime «sanza ’nfamia e sanza lodo», quelli che in vita non hanno scelto né il bene né il male, scacciati dal Cielo perché ne offuscherebbero lo splendore, rifiutati dall’Inferno perché non hanno avuto neppure il coraggio di abbracciare il male: anime senza la speranza di morire. Il Parlamento corre sulla via degli ignavi, ma a differenza di Dante, che nel suo viaggio con Virgilio, udendo il loro lamento, si mise a piangere, noi non verseremo neppure una lacrima. Un Parlamento che dichiara in coro di voler fare la legge elettorale e dopo mesi non ha prodotto nient’altro che un fastidioso ronzìo di voci, merita di finire come gli ignavi. Mancano pochi mesi alla campagna elettorale e né a destra né a sinistra traspare la volontà di restituire lo scettro al popolo. Il Pdl ha ancorato – sbagliando – la riforma della legge elettorale a un’utopistica revisione della Costituzione in senso presidenziale, il Pd fa i suoi calcoli da partito con la vittoria in tasca ma il governo in forse. Il risultato è una palude su cui il Presidente della Repubblica ha lanciato ieri un sasso. L’ultima parte del settennato di Giorgio Napolitano somiglia sempre più a quella di Francesco Cossiga che aveva avvertito lo sfacelo del Palazzo prima che scoppiasse Tangentopoli e in un drammatico messaggio alle Camere chiese – inascoltato – le riforme. Vent’anni dopo, siamo punto e a capo. La lettera spedita dal Quirinale ai presidenti delle Camere è l’urlo di un uomo di Stato che vede il pericolo alle porte: la minaccia di un voto irrazionale e distruttivo, l’Armageddon della politica e l’apertura di una stagione di caos istituzionale. Invece di interrogarsi su «cosa ha in testa Napolitano» i partiti dovrebbero cogliere l’ultima possibilità che hanno per riprendere il cammino verso la democrazia. Senza una nuova legge elettorale che dia al cittadino la possibilità di scegliere i suoi candidati non ci sarà alcun futuro. I sondaggi parlano chiaro: c’è un partito anti-tutto (il Movimento 5Stelle) destinato a raccogliere vasti consensi e in mezzo l’incertezza e la confusione ideologica il cui risultato è la somma di due debolezze (il Pdl e il Pd) e un centro con qualche discreta idea ma poca forza (l’Udc di Casini) per reggere lo tsunami in arrivo. Quelli che teorizzano una larga coalizione prima del voto sbagliano, ma chi la ipotizza come soluzione per «il dopo» è vicino alla realtà. All’orizzonte c’è l’ingovernabilità. L’eredità degli ignavi. Mario Sechi, Il Tempo, 10 luglio 2012

…………Tutto giusto, meno l’accostamento di Napolitano a Cossiga. Quest’ultimo piconò il sistema senza avere nulla del  suo passato  di cui doversi dolere, anzi  fu l’unico che in un Paese di politici incollati alla  poltrona, diede prova di essere diverso: si dimise da ministro dell’Interno subito dopo l’assassinio di Aldo Moro, e di dimise da presidentre della Repubblica per tentare di dare uno scossone al sistema che stava crollando. Napolitano, che del suo passato ha tanto di cui doversi dolere, si è autoincaricato del ruolo di predicatore ma le prediche non servno a nulla, specie in materia elettroale quando si è commissariata la demiocrazia e si è  favorio l’insediamento di  un governo privo di legittimazione da parte del popolo che secondo la Csotituzione “è sovrano”.  Per il resto,  ci stupisce lo stupore di Sechi di fronte alla vacuità politica dei parlamentari, deputati e senatori, in carica  solo perchè nominati  dai capipartiti e privi del tutto di autonomia e sopratutto di fantasia. A dire il ver, e cio è ciò che maggiormente ci stupisce,  nessuno ha mai creduto che ci fosse un solo partito disponibile a modificare la legge porcata, varata dal governo Berlusconi e che reca ingiustamente il nome di Calderoli, avendola, di fatto, suggerita nel 2006 il duo Casini-Fini, perchè i capipartito di ciò che resta del sistema varato all’indomani della guerra l’ultima cosa che vogliono è rinunciare a gestire le nomine dei parlamentari per assicurarsene l’obbedienza. Naturalmente a discapito della democrazia.  Ma questa è un’altra storia. g.