Mi ha impressionato vedere l’espressione del viso del premier greco Antonin Samaras mentre Angela Merkel diceva che «Atene deve restare nell’Euro». Gli occhi di Samaras erano liquidi. Guardavano un orizzonte inesistente: quello della Grecia. Berlino non concede tempo. E quel cuor di leone di Hollande da Parigi si adegua. Il risultato lo vedremo presto: i greci non staranno a guardare la loro distruzione via panzer. Ripeto: quando il popolo ha fame, brucia la casa di chi lo affama. I tedeschi hanno già fatto i loro conti sull’uscita della Grecia dall’Eurozona, pensano di cavarsela bene lo stesso. Tengono sotto scacco l’Italia e la Spagna, possono far colare a picco il Partenone. E veniamo all’Italia, un Paese sovrano sulla carta, ma in realtà sotto il pieno controllo di Berlino. In autunno la crisi sarà più dura. I segnali ci sono tutti. La Fiat ha deciso di far slittare la produzione della nuova Punto, il settore dell’acciaio subirà ulteriori perdite dal rallentamento dell’Ilva, l’edilizia ha frenato bruscamente (occhio ai mutui), i tre grandi comparti (agricoltura, servizi e industria) boccheggiano. Dal primo trimestre del 2008 ad oggi l’Italia è impantanata. Il massimo risultato del Pil è stato un +1% nel maggio del 2010, poi è partita la musica di Profondo Rosso. E l’ascensore sì è portato giù il Paese. L’Italia ha un disperato bisogno di ritornare a produrre. E se è vero che è l’economia a fare l’economia, è altrettanto vero che il governo può fare alcune cose. Dovrebbe subito metter mano al Fisco, vero cuore del problema, ma in consiglio dei ministri sono diventati tutti blu dalla paura. Hanno guardato il bilancio e poi: «Cosa dirà l’Europa?». Così da Palazzo Chigi è venuto fuori un comunicato con l’immancabile parola: «rigore». E basta. Francamente, al posto del governo, io mi preoccuperei di cosa pensano gli italiani e non i tedeschi. Il Paese di questo passo finirà in una spirale depressiva. I numeri sono là, a disposizione di chiunque sappia metterli in fila senza costruirci sopra bischerate filosofiche. Dov’è il Pil? Punto. Stiamo sbagliando la cura. Così ammazziamo il paziente. E la colpa non è solo del governo senza visione politica. Ma dei partiti che se ne sono furbescamente lavati le mani. Hanno votato tutto quello che ha portato in Parlamento Monti, ma senza proporre niente di seriamente alternativo. D’altronde, il quadro è questo. Berlusconi è in Costa Smeralda a studiare una novità: il suo ritorno. Mentre Bersani è a Reggio Emilia, impegnato anima e cuore a dare del «fascista» a Grillo e ai suoi sostenitori. Servirà uno shock per svegliare tutti. E sta arrivando. Solo allora molleremo la Germania. In autunno cadranno le foglie. E il mito tedesco. E riprenderemo il nostro cammino, da italiani. Mario Sechi, Il Tempo, 26 agosto 2012

…………….Parole forti, quelle di Sechi, e dure, anzi durissime. Che condividiamo, prednendo atto che la  inziale cotta di Sechi per Monti s’è sciolta come neve al sole. Ci stupiva la tesi di Sechi secondo la quale quella di Monti era l’unica alternativa possibile. Ci fa piacere che abbia preso atto che quella di Monti non è stata mai una alertrnativa, ma solo una viua di fuga per i partiti dalle prooprie responsbailità e della politica in generale dal suo compito. Ora che il danno è stato fatto, con un  governo di tecnici che sempre più appaiono per quel che sono, cioè tanti dilettanti alla sbaraglio capaggiati da un lanzichenecco borioso quanto inconcludente, non sanno far di megli che arrovellarsi il cervello pervarare una legge elettorale che li costringa anche nell’immediato futuro, cioè dopo le elezioni, a riaffidarsi ai tecnici, cui imputare la colpa dell’affondamento della barchetta in cui si è trasformata la Nave Italia. In attesa di tempi migliori? No, in attesa che Dio faccia la sua parte. g.