Per ridurre al silenzio i giornali non serve la legge sulle intercettazioni.

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Perché i giorna­li, all’occorrenza, il bavaglio se lo mettono da soli. La notizia svelata da Panorama che nelle intercettazioni segretate, Napolitano- al telefo­no con l’ex ministro Mancino – parlerebbe male di Berlusconi, Di Pietro e di alcuni pm palermitani ieri non è stata pubblicata da La Stampa e dal Messagge­ro , relegata nelle pagine interne da Repubblica e Cor­riere . Scelta professionale? Non credo. Viceversa, scommetto che oggi i medesimi quotidiani riserve­ranno titoloni all’indignata smentita di Napolitano: tutto falso, dice il capo dello Stato, dichiarazione che apparentemente cozza con il no comment di Manci­no e gli imbarazzati distinguo dei pm ( notizie parziali o inesatte) che le intercettazioni le hanno sentite.

Giornali che non hanno avuto alcuna remora a sbattere in prima pagina indiscrezioni sulle intercet­tazioni – altrettanto illegali – di Silvio Berlusconi (fa­mosa quella sulla Merkel culona, mai allegata a un at­to giudiziario), ora fanno quelli con la puzza sotto il naso e si stringono a difesa della vittima di turno. Ci risiamo con la macchina del fango a senso unico. La stampa di centrodestra dovrebbe stare zitta, perché se parla o scrive (leggi la casa di Montecarlo di Fini o la condanna di Boffo) sta complottando su mandato di qualcuno. Qui l’unico complotto è quello ordito lo scorso anno per mandare a casa il governo Berlusco­ni. Almeno fosse servito a qualche cosa. Stiamo messi molto peggio di un anno fa, e lo spread a 450 non fa più paura ai commentatori. Invece di emettere comuni­cati di solidarietà con il Quirinale, la sinistra e il gover­no Monti dovrebbero approvare subito una legge che regoli in modo civile le intercettazioni e il loro utilizzo mediatico, così come il centrodestra chiede da anni. In ogni caso l’indignazione di Napolitano sbaglia obiettivo.

Se ricatto è in corso, il Colle dovrebbe pun­ta­re l’attenzione nella zona grigia della procura di Pa­lermo dove da anni alcuni magistrati hanno smesso di applicarsi alla giustizia, preferendo tessere le tra­me della politica, in combutta con quelli de Il Fatto, come ha anche ammesso, al congresso del neo parti­to comunista, il pm Ingroia. Lo stesso che custodisce le intercettazioni di Napolitano e che ieri sera era a gi­gioneggiare (cosa che dovrebbe essere vietata) in di­retta tv. Con un ghigno che la dice lunga. Ne vedremo delle belle. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 1 ° settembre 2012