Uno sul palco a Reggio Emilia aveva iniziato bene sul tema del lavoro, poi è crollato nell’analisi ed è riapparso Bersani. Il segretario del Pd ha retto un quarto d’ora, poi è emersa la sua reale figura: un uomo fermo sul binario morto del Novecento. Dopo aver ascoltato il suo discorso ho capito che ci siamo ficcati in un guaio colossale. E non perché Bersani abbia detto cose sorprendenti, ma perché ha confermato i miei timori: i partiti sono un irriformabile sistema che non riconosce il corso della storia e pensa di aprire e chiudere parentesi a suo piacimento. La sinistra è archeologica, la destra s’è squagliata, i liberali sono una minoranza litigiosa, il resto è un magma indefinito. Il Pd è l’unico partito rimasto in piedi, male, ma comunque in piedi. Vincerà le elezioni per assenza dell’avversario, o meglio, per la presenza energizzante del nemico di sempre (Berlusconi) che invece di accompagnare il partito sulla strada del rinnovamento ha deciso di accompagnarlo all’eterno riposo. Messa così la faccenda, non resta che sperare in Matteo Renzi, in un suo exploit alle primarie, un risultato grande abbastanza da correggere in corsa la linea di Bersani, il tanto che serve per cominciare a traghettarlo verso la contemporaneità, e innescare un big bang anche nel Pdl. La situazione di questo partito è da allarme rosso: per assenza di dibattito interno e democrazia è sparito dagli schermi radar della politica. Può tornare in gioco solo con le primarie. Una competizione vera, aperta all’imprevisto e agli outsider. Una corsa vera, non un rally in playback tra concorrenti tutti presenti nel telecomando del Cavaliere. Incapaci di esprimere una classe politica nuova, ci ritroviamo con i boss della destra e della sinistra che cercano di disegnare a tavolino il futuro. Ci sono milioni e milioni di voti in libera uscita, ma loro giocano a Risiko. La tecnocrazia villeggiante a Cernobbio – il forum dove l’establishment che da vent’anni sbaglia ricetta ci dice come cambiare ricetta – ha illustrato un’agenda contabile senz’anima, mentre nel Palazzo si progetta una restaurazione inquietante: il ritorno della partitocrazia senza i partiti. Mario Sechi, Il Tempo, 10 settembre 2012

………….Cos’altro agiungere a questa analisi stringente e puntigliosamente esatta della situaizone in cui versa la politica nel nostro Paese? Forse val la pena di ricordare l’irridente e permalosa punzecchiatura dell’”homo novo”, creato in provetta dal re Giorgio 1° d’Italia, cioè Monti, che l’altro ieri a Cernobbio, a proposito del servile e leccante invito di Casini a rifare il premier anche dopo le elezioni, ha chiosato: ma no, possibile che in Italia non c’è un nessun altro leader da eleggere?  Ovviamente nascodnendo la risposta che “si, proprio non c’è, per cui ci sono io, super Monti!” Insomma nella tragedia affiora la farsa della presa per il culo,   di  una  intera classe dirigente da parte di quelli, tra cui lo stesso Monti,  che l’hanno fedelmente assecondata in questi ultimi decenni  nell’opera di distruzione della nostra economia e del nostro futuro. g.