Ho dato disposizione ai miei avvocati di non chiudere l’ipotesi di accordo con il magistrato che mi ha querelato per un articolo neppure scritto da me e che ha ottenuto da un suo collega giudice la condanna nei miei confronti a un anno e due mesi di carcere.

Il signore voleva altri soldi, oltre i trentamila euro già ottenuti, in cambio del ritiro della querela e quindi della mia libertà. Io penso, l’ho già scritto, che le libertà fondamentali non si scambino tra privati come fossero figurine ma debbano essere tutelate dallo Stato attraverso i suoi organi legislativi e giudiziari.

Anche perché nel caso specifico c’è un’aggravante, e cioè che a essere disposto a trarre beneficio personale dal baratto è un magistrato.

Vi svelo un particolare inedito della vicenda. In primo grado sono stato condannato a cinquemila euro di multa più diecimila di risarcimento, nonostante l’accusa avesse chiesto per me due anni di carcere. Al momento di stendere le motivazioni della sentenza, il pm si pente: ho sbagliato a non dare a Sallusti anche una pena detentiva, scrive nero su bianco, ma ormai è fatta. Che cosa è intervenuto tra la sentenza e la stesura delle motivazioni? Non è che per caso qualcuno ha privatamente protestato per la mitezza della condanna, che a mio avviso era invece più che equa, non avendo io diffamato nessuno? La risposta arriva in appello: due anni forse sono troppi, ma quattordici mesi ci stanno.

Giudici che ammettano di sbagliare, giudici che cambiano idea, giudici che se la fanno e disfano tra di loro? Ma che giustizia è questa? Una persona, per di più magistrato, in buona fede avrebbe dovuto prendere l’iniziativa una volta appreso il verdetto: mi rifiuto di essere la causa di una carcerazione ingiusta, tengo il risarcimento e ritiro la querela. Non è avvenuto, peccato. Adesso, vi assicuro, il problema non è più mio ma loro. Trovino il modo di uscirne con percorsi trasparenti e legali, altrimenti vadano al quel Paese. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 25 settembre 2012

.………….Caro Direttore, la schiena dritta o uno ce l’ha o non ce l’ha. Tu ce l’hai e meriti la solidarietà  di quanti non si piegano come fanno le canne allorchè tira il vento contrario. E’ quello che consiglia un proverbio cinese ma da noi ha un altro nome : adattamento. Si,  adattarsi e magari piegarsi in attesa che cambi il vento. E’ quello che ha prodotto nel tempo l’involuzione della nostra società, la perdita dei Valori e dei sentimenti, il trionfo della mediocrità. Noi non ci stiamo, per questo stiamo con Te. In bocca al lupo per domani. g.