Rompete le righe. Il Pdl non è mai diventato un partito, Berlusconi non l’ha mai inteso come tale, meglio per tutti voltare pagina. Ci sono molte buone ragioni per farlo e nessuna che consigli di continuare una storia finita. Che ognuno sia libero di esprimersi come meglio crede. Ciak, si gira la rupture. Incolonniamo un paio di personaggi e alcuni modesti consigli.

Silvio Berlusconi. Faccia la sua «cosa». Quel che pensa del suo partito – ribadisco, il suo – è noto e non è quello delle note ufficiali ma dei retroscena che tutti pubblichiamo: non si riconosce nei parlamentari che lo hanno seguito in questi anni. Prova perfino fastidio. Bene, ne tragga le conseguenze. Sciolga gli ormeggi e parta con la nave dei suoi (in)fedelissimi. La gratitudine non fa parte delle categorie politiche – neppure la sua – e quelli del Pdl che l’hanno sostenuto e difeso mettendoci l’onore e la faccia sapranno cosa fare in futuro. Chiarezza, please.

Angelino Alfano. Un quarantenne deve esser capace di scegliere: o con lui o contro di lui. Alfano è un delfino finito nella rete del Cavaliere, la sua segreteria è stata sterilizzata. Non è riuscito a ottenere neppure le dimissioni della signorina Nicole Minetti, nominata consigliera della Regione Lombardia da Berlusconi e non da altri. Ha cercato di costruire un dialogo con le altre forze politiche trovandosi di fronte al Cav che decideva per lui. Ora è a un bivio: restare segretario di niente o riprendersi almeno la libertà di parola. Coraggio, ora o mai più.

Fabrizio Cicchitto. Nel Psi difese Craxi dall’assalto giudiziario pur non essendo craxiano, nel Pdl ha difeso Berlusconi dalla ghigliottina pur essendo lontano dal mondo berlusconiano. È il suo destino, difendere le cause giuste con le persone sbagliate. È una delle poche figure che nel partito sa leggere la politica e dice al Cavaliere le cose come stanno. Non ha bisogno di un altro giro di giostra, ne ha viste tante, può salutare tutti, continuare a scrivere libri e godersi il tramonto. Socialista per sempre.

Maurizio Sacconi. Rischiò di non fare il ministro nell’ultimo governo perché Berlusconi gli preferiva un nome del tutto improbabile e improponibile.La spuntò per sua fierezza e oggi si ritrova a parlare di lavoro e riformismo con chi non ne sa niente, ma pensa di sapere tutto. È uno di quelli che nel Nord-Est trova ascolto tra gli imprenditori che non ne vogliono sapere di miracoli. Gondola e Marco Polo, si viaggia.

Gaetano Quagliariello. L’unico professore di grande valore che ha avuto il coraggio di confrontarsi con la realtà della politica. Dalla biografia di De Gaulle ai vertici con Silvio. Teoria e pratica. Un «consigliere del principe» prezioso, attento alle ragioni della politica senza sbracare nell’utopia. Non ha mai avuto paura della trincea. Vale per lui la frase di Bruce Chatwin: «Che ci faccio qui?».

Gianni Alemanno. Fa il sindaco di Roma e intorno a lui ci sono le macerie di un partito che non c’è più e nel Lazio è sinonimo di Francone Fiorito, noto Batman. Ha chiesto, quasi in solitudine, le primarie. Non le otterrà. Con Andrea Augello e altri è l’unico che ha mantenuto un’organizzazione, una «base», qualche voto ideale. È l’ora di dire qualcosa di destra.

Gasparri & La Russa. Sono inscindibili. E per questo vanno letti come un corpo solo. Siamesi italiani. Sono il residuato bellico degli ex colonnelli di An. Hanno rotto con Fini che galleggiava sulle correnti e – non lo diranno mai – si sono rotti del Cavaliere che galleggia su se stesso e affonda tutti gli altri. Via dal Titanic. Mi fermo qui, per ora. Potrei aggiungere molti altri caratteri e gruppi che in vent’anni hanno calcato le scene del berlusconismo e oggi si sentono «senza patria». Conclusione? È una storia che ha bisogno di un nuovo inizio. È tutta da scrivere, la cominceranno loro (forse) ma i personaggi, presto, saranno altri. Buon viaggio. Mario Sechi, Il Tempo, 8 ottobre 2012

…………..L’abbiamo già ricordato. I romani, all’indomani dell’8 settembre e poi della dichiarazione di Roma città aperta,  sui muri della città scrissero: annatevene tutti, lasciateci piangere da soli. E’ quel che ci sentiamo di dire di fronte allo sfacelo di una storia che poteva essere diversa e non lo è stata. Recriminare, cercare i colpevoli (tanti!), graziare gli incolpevoli (pochi!) non serve a nulla. Di fronte al “popolo di destra”  ci sono solo macerie e non soltanto elettorali, sopratutto morali, di Valori perduti, di sentimenti traditi, di speranze vanificate, di promesse mancate. Peccato…perciò “annatevene tutti e lasciateci piangere da soli”. g.