L'Italia va sempre più a fondo Ma tutti (Cav compreso) vogliono il Monti-bis. Ma perché?

Meglio lasciar parlare le cifre. Le ultime di una infinta e allarmante serie sono quelle diffuse dal Fondo Monetario Internazionale sul nostro Paese: outlook negativo, un futuro nero. O meglio, un bagno di sangue. Parliamo di Pil, che nel 2012 sprofonderà del 2,3% e nel 2013, alla faccia delle ottimistiche previsioni di Mario Monti, calerà di un ulteriore 0,7 per cento. Il Fmi ha poi parlato di disoccupazione, che schizzerà dall’8,4% del 2011 al 10,6% del 2012, per poi ritoccare la “vetta” raggiungendo l’11,3% nel 2013. E secondo la Bce, ad oggi (e non nel 2013), la situazione nel Belpaese sarebbe ancora peggiore: i senza lavoro, secondo l’istituto centrale di Francoforte, sarebbero il 12,5% (il tasso include chi ha smesso di cercare lavoro, i cosiddetti “scoraggiati”). Infine l’Istat secondo il quale, ad agosto 2012, il tasso di disoccupazione era al 10,7%, invariato rispetto ai due mesi precedenti e in aumento del 2,3% su base annua, quella in cui ha operato il governo tecnico.

Deficit-Pil – Sempre secondo il Fiscal Monitor diffuso dal Fmi peggiorereanno anche i conti pubblici: il rapporto tra deficit e Pil in Italia scenderà all’1,8% nel 2013 rispetto al 2,7% del 2012: certo, un miglioramento c’è, ma rivisto al ribasso dello 0,3% per entrambi gli anni a causa dell’acuirsi delle difficoltà economiche. Insomma, non ci sono tasse e tagli che tengano: la “macchina Italia” è impantanata e i balzelli (o le stangate, fate voi) dei tecnici non sono altro che nuovo fango gettato, copiosamente, su ruote che non riescono a ripartire.

I fallimenti delle imprese – Il bollettino di guerra è appena iniziato. Prendiamo la produzione industriale, in calo dello 0,3% a settembre rispetto ad agosto, quando era stata stimata una variazione nulla sul mese precedente. I dati, elaborati dal Centro Studi di Confindustria, indicano che nel terzo trimestre dell’anno in corso l’attività è diminuita dello 0,9 per cento. In sostanza il livello dell’attività industriale è molto basso, lontano anni luce da quello pre-crsisi. Di pari passo viaggiano i fallimenti delle pmi. Emblematico (e drammatico) uno studio di Unimpresa: un’azienda su tre, entro la fine del 2012, rischia il fallimento. Il 33%, insomma. L’analisi del Centro riguarda l’organizzazione di rappresentanza delle micro, piccole e medie imprese, e il quadro che emerge dagli indicatori, dai bilanci e dalle segnalazioni delle banche è drammatico. Otto imprese su 10 peggioreranno la performance e la salute finanziaria nei 12 mesi successivi al segnale di rischio. In soldoni, come detto, la elevata probabilità di default per le imprese riguarda 1 esercizio su 3.

Debito pubblico – Un altro annoso capitolo è quello del debito pubblico, che sfiora i 2mila miliardi di euro. Secondo l’ultima rilevazione, che risale allo scorso luglio, il debito pubblico si attesta a 1.967,5 miliardi di euro, in calo di 5,5 miliardi. Una flessione, però, che secondo la Banca d’Italia riflette essenzialmente l’avanzo di di cassa registrato nel mese, pari a 5 miliardi (fanno 5,5 miliardi escludendo la quota di pertinenza dell’Italia dalle erogazione effettuate dall’European Stability Facility). Al netto di queste ultime l’avanzo del mese è stato di 0,5 miliardi superiore a quello del corrispondente periodo 2011: ben poco, se rapportato agli sforzi compiuti dagli italiani e ai tagli che hanno colpito gli enti locali.

Le truppe cammellate del Prof – Il contesto economico, in definitiva, è drammatico, in costante e irreversibile deterioramento. La “manina” dei tecnici e il loro programma eterodiretto (dall’Europa) di risanamento eterodiretto sta naufragando, condannato dalle cifre e dalle evidenze di un Paese che non riesce più a reggersi in piedi, bastonato e stordito dalle tasse. Eppure mezzo paradiso politico preferisce applicare le proverbiali fette di salame sugli occhi e invoca il bis di Monti, dell’unico uomo che può salvare la patria. In prima fila Pierferdinando Casini, sorretto dall’impalpabile Gianfranco Fini. Poi l’ala riformatrice del Partito Democratico, Matteo Renzi in testa, e anche in quella più di “sinistra” che risponde al segretario, Pierluigi Bersani, l’agenda Monti viene citata come il Vangelo (un Vangelo da correggere in certi punti, ma pur sempre Vangelo). Scontato che anche tutte le autorità europee (ci mettiamo anche Giorgio Napolitano, che agisce più da emissario della Bce che da presidente della Repubblica) chiedano in coro che continui il regno di Monti. Forse lo fanno perché hanno il terrore di non farcela, ma se così fosse, piuttosto che permettere a Mario di ultimare la distruzione, i politici (tutti) farebbero meglio a lasciare il passo.

E anche il Cavaliere… – Meno scontato, seppur nell’aria e più volte sussurrato, era l’appoggio che anche il Pdl ha accordato a Monti. La maschera è stata gettata. Lo ha fatto Silvio Berlusconi in persona, intervistato dal direttore di Libero, Maurizio Belpietro. “Sono pronto a fare un passo indietro per riunire i moderati, magari con Monti premier”. Anche il Cav, insomma, si è piegato alle pressioni delle ali azzurre che non vedono alternativa migliore a un raddoppio del professore (i Colonnelli in primis). Forse – anzi, con tutta probabilità – si tratta di calcolo politico: Berlusconi ha paura di perdere gran parte del suo peso parlamentare e preferisce caldeggiare un Monti bis, magari sostenuto da una nuova grande coalizione all’interno della quale abbia possibilità di manovra. Nel peggiore dei mondi possibili si tratterebbe, al contrario, di un reale convincimento. In entrambi i casi – ma nel secondo sarebbe un errore ancora più grave – la scelta (del Pdl e di tutti quelli che sostengono Monti) appare sciagurata. Ogni indicatore lo condanna, in un anno ha ottenuto poco e nulla, l’Italia è devastata da disoccupazione e pressione fiscale, le mirabolanti riforme promesse sono state approvate a singhiozzo dopo essere state sottoposte a violentissime mutilazioni. Questo è il governo dei tecnici. Questo è il governo che molti, compreso Berlusconi, vogliono riproporci. Una sola domanda: perché?  LIBERO, 9 OTTOBRE 2012

……Già, perche’?