C’è un effetto Veltroni in quel che sta accadendo in queste ore nel Pd, ma anche quest’ultimo è figlio di un fenomeno ben più grande che sta mostrando la sua forza: la fine del berlusconismo. E dell’antiberlusconismo. Caduto il primo, non ha più senso il secondo. Vent’anni imperniati sulla figura del Cavaliere – anche quando non governava – non sono come girare la pagina di un romanzo. Con un libro si può tornare indietro e ricominciare la storia, con la realtà il vai e vieni è impossibile. Quando Berlusconi fece il passo indietro, la sinistra festeggiò stappando lo spumante e riversandosi in piazza. Si illuse, ancora una volta, di sopravvivere al moto della storia – come accadde in Italia dopo il crollo del Muro di Berlino – e di poter ricominciare la partita a risiko con la stessa classe dirigente. La fine dell’onda lunga del berlusconismo trascina nel riflusso anche i «nemici» che hanno edificato le proprie fortune politiche (e non solo) sulle gesta del Cavaliere. Simul stabunt simul cadent. Ci sono molte resistenze, colpi di coda e colpi bassi, ma il muro si sta sgretolando. Quando Bersani qualche giorno fa ha detto «non ci ammazza più nessuno» ho avuto la netta sensazione che sia suonata l’ultima campana. I figli di Berlinguer sono riusciti a prendere il potere scalzando prima Natta e poi Occhetto, ingaggiando una guerra feroce, ma trovando nella lotta fratricida il modo di alternarsi alla guida dei postcomunisti. Sembrava un blocco granitico. Ora è un wafer politico. E il tramonto del berlusconismo – vera dinamite – ha aperto crepe enormi. Veltroni, da amante delle buone sceneggiature, ha scelto il momento migliore per uscire di scena. In modo plateale – come si conviene a un protagonista – con il beau geste di quello che non vuole essere emulato da nessuno, ma con l’acuminata consapevolezza del politico che sa di aver innescato un effetto domino. Credo che in lui abbia finalmente prevalso la sua più vera e intima passione, quella per la scrittura e il gusto di scrivere un gran finale biografico. Si divertirà parecchio. Paradossalmente, la nomenklatura del Pd può essere salvata da una sola persona: Berlusconi. Un suo ritorno in pista rimetterebbe in corsia anche gli antiberlusconiani. Cavaliere, per favore, stia fermo. Mario Sechi, Il Tempo, 16 ottobre 2012

..……………………..Ci spiace doverlo dire, ma davvero è meglio per tutti che Belrusconi se ne stia da parte. Non solo contribuirà ad evitare che alle sue spalle continuino a soppravivere dinosauri della politica ma potrebbe essere  questo un vero e reale contributo alla rifondazione del centrodestra italiano. Naturalmente, insieme a Berlusconi se ne stiano da parte in tanti, a destra, e in primo luogo autentici veterani della politica  come Fini e Casini che appena nati si iscrissero  non all’asilo ma al Parlamento, sulla falsariga di Enrico Berlinguer del quale il caustico Giancarlo Paietta ebbe a dire che si era iscritto da bambino alla Direzione del Pci. Ma trano altri tempi e, sopratutto, altri Uomini. Anche se dell’altra parte. g.