Silvio Berlusconi, dopo la sentenza con cui il Tribunale di Milano, per la prima volta dopo un ventennio di assedio giudiziario, è riuscito a condannarlo, amareggiato e sconfortato, si è rivolto ai suoi elettori con una lettera che qui riproduciamo. E’ una lettera assai breve ma racconta in sintesi una storia giudiziaria, anzi una tappa di questa storia,  che sa dell’incredibile. Sopratutto mette in evidenza che la giustizia in Italia è spesso usata per fini politici. Lo sa bene Berlusconi che ne è stato e  ne è  vittima, ma Berlusconi sa che egli è il primo a doversi rimproverare per non aver operato per riformarla questa giustizia quando ne ha avuto la possibilità e gli strumenti. Nel 2001 e sino al 2006 egli ha governato questo Paese con una maggioranza che poteva consentirgli di adottare i necessari provvedimenti legislativi e così dal 2008 sino al 2010. E’ vero, in Parlamento, nelle maggioranze,  c’erano ostacoli e continue imboscate da parte   di ascari pronti a sabotare i provvedimenti legislativi, specie in materia di giustizia. E’ vero! Ma è anche vero che non li si è messi alla prova e nemmeno alla porta. La conseguenza è che nè i provvedimenti, quelli seri, cioè quelli strutturali sono mai stati adottati, almeno in Consiglio dei Ministri, nè lo stesso Berlusconi ha battuto il bastone sulla scrivania licenziando gli ascari, palesi e nascosti. Se lo avesse fatto, forse quegli ascari o sarebbero venuti allo scoperto o  si sarebbero visti costretti a piegarsi alla logica della maggioranza oltre che della necessità di varare le riforme strutturali delle quali il Paese aveva bisogno, tra cui, ovviamente, quella della Giustizia. Berlusconi non lo ha fatto, adottando la politica  andreottiana del tirare a campo, neppure memore dell’insegnamento craxiano che, comunque,  tutte le volpi finiscono in pellicceria,   ma alla fine ha dovuto comunque togliersi di mezzo e cedere il passo prima ai governi tecnici che nulla hanno di liberale, e poi a tirarsi fuori, come ha fatto l’altro ieri, dinanzi alla evidente insofferenza di tanti suoi beneficiati che dopo esserlo stati dalla discesa in campo di Berlusconi ora aspirano ad esserlo dalla sua ritirata nelle retrovie. Ed ora su di lui  cade questa tegola di una sentenza che sembra scritta con l’inchiostro della fazione. E’ solo una sentenza di primo grado che dovrà passare il vaglio di un’altra corte, quella di appello, e,  nel caso,  quello della Cassazione. Ma la sua immagine ne esce comuqnue compromessa e forse tanto basta perchè quanti, anche a lui vicini, hanno traccheggiato per un suo pensionamento oggi si sentono più tranquilli per il loro personale futuro. Ma non lo sono gli italiani, i milioni di italiani che in questi anni avevano votato Berlusconi fidando nei suoi impegni elettorali, nelle sue promesse di cambiamento del Paese, nelle sue assicurazioni che i cittadini non avrebbero più subito le prepotenze di uno Stato che dopo 70 anni di democrazia non è mai diventato liberale e dove i diritti dei singoli vengono conculcati ogni giorno dalle burocrazie di ogni genere e dalle caste di ogni risma. Non lo sono ancor più oggi,  di fronte ad una condanna che lungi dal dimostrare che “la legge è uguale per tutti”, semmai dimostra che la legge è inflessibile contro chi  non si conforma alle regole delle caste. La parabola di Berlusconi nè è la tangibile prova. Per questo, nonostante le delusioni,  gli esprimiamo la nostra solidarietà. g.

ECCO LA LETTERA DI SILVIO BERLUSCONI

Cari Amici,

è una condanna politica, incredibile e intollerabile. E’ senza dubbio una sentenza politica come sono politici i tanti processi inventati a mio riguardo. Ero certo di essere assolto da una accusa totalmente fuori dalla realtà. La sentenza di oggi è la conferma di un vero e proprio accanimento giudiziario e dell’uso della giustizia a fini di lotta politica.

Ci sono molte prove della mia inocenza, due delle quali assolutamente inoppugnabili:


1) L’accusa mi vorrebbe socio di due imprenditori americani, uno dei quali io non ho mai conosciuto. Se io fossi stato socio di questi imprenditori sarebbe bastata una telefonata all’ufficio acquisti di Mediaset per far acquistare i diritti televisivi che questi due imprenditori volevano vendere, senza pagare tangenti.
2) Se fossi stato socio sarei subito venuto a conoscenza di una tangente così elevata versata ai responsabili del servizio acquisti, e non avrei potuto che provvedere al loro immediato licenziamento, visto che per quell’ufficio passavano 750 milioni di acquisti all’anno. Nessun imprenditore si sarebbe potuto comportare diversamente, permettendo di continuare a rubare ai danni della sua azienda e di se stesso.

Non c’è nessuna connessione assolutamente con la rinuncia alla corsa alla premiership nel 2013. Io e i miei avvocati ritenevamo impossibile una condanna qualsiasi in questo processo e infatti le motivazioni della condanna sono assolutamente fuori dalla realtà. Non si può andare avanti così: dobbiamo fare qualcosa. Quando non si può contare sull’imparzialità dei giudici, questo paese diventa incivile, barbaro, invivibile e cessa anche di essere una democrazia. E’ triste, ma la situazione del nostro paese oggi è così. SILVIO BERLUSCONI, 26 ottobre 2012