È stato un errore, ha detto Roberto Maroni ieri al Giornale. La reintroduzione del carcere come pena per il reato di diffamazione votata l’altro giorno dal Senato (che la riforma in discussione stava eliminando) sta provocando fiumi di lacrime di coccodrillo.

«Una provocazione sfuggita di mano», piagnucola il segretario leghista. Ieri sera, a Otto e mezzo su La7, è toccato a Francesco Rutelli tentare di salvarsi la coscienza rimettendo assieme i cocci di una situazione che sta per portare in carcere Alessandro Sallusti, direttore del Giornale.
«Forse abbiamo trovato il sistema per risolvere il caso-Sallusti», ha annunciato il leader dell’Api prima di andare in onda ricordando di essere «pubblicista da trent’anni» e di «avere giornalisti in famiglia» (la moglie Barbara Palombelli). La soluzione, studiata con l’avvocato Nicola Madia, sarebbe depenalizzare il reato di omesso controllo e la responsabilità del direttore per gli articoli firmati con pseudonimi o privi di firma.
Un capolavoro di ipocrisia smascherato in diretta da Sallusti. «Ringrazio per l’interessamento, ma questa ipotesi eviterebbe il carcere ai direttori, non ai giornalisti. E se Rutelli avesse letto le carte processuali, avrebbe scoperto che il giudice che mi ha condannato (senza fare indagini) mi ha attribuito la paternità dell’articolo. Per la Cassazione l’autore sono io. Sono stato condannato al carcere come delinquente abituale a motivo delle sei precedenti condanne per omesso controllo e le oltre 60 cause in corso, mentre Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della Sera, ha 130 querele pendenti e un numero maggiore di precedenti condanne».
Nel pomeriggio erano stati i leghisti a mettere la retromarcia. L’ex Guardasigilli Roberto Castelli si è appellato al capo dello Stato: «Dia la grazia a Sallusti». «Le idee non vanno in galera», ha aggiunto l’eurodeputato Matteo Salvini.
Dall’Europa, la musa del governo Monti invocata a modello per tutto fuorché i reati di opinione, arriva un altro avvertimento. Secondo l’onorevole Luca Volontè (Udc) sarebbero pronte sanzioni per l’Italia se non verrà cambiata la legge e non si eviterà il carcere al direttore del Giornale. «Io stesso chiederò l’apertura di un dossier sulla legge italiana in tema di diffamazione», dice Volontè, che è presidente del gruppo popolare all’assemblea del Consiglio d’Europa.
La prossima settimana il magistrato di sorveglianza di Milano deciderà sull’esecuzione della pena (14 mesi di arresto) cui Sallusti è stato condannato alla fine dello scorso settembre. «In Italia i problemi si risolvono un minuto prima o un minuto dopo che succede il patatrac», ha detto ieri Sallusti intervenendo a Un giorno da pecora su Radio2. «Monti scenda dal suo piedistallo ipocrita e faccia un decreto legge che dica che per i reati di opinione non si va in carcere, punto».
Il direttore del Giornale ha rivelato che qualcuno, forse dei servizi segreti, gli ha proposto di fuggire in Francia per evitare il carcere. «Gli ho detto che non trattavo nulla», è stata la risposta. Dura anche l’ex sottosegretario Pdl, Daniela Santanchè a La Zanzara su Radio 24. «Si deve aprire un caso perché è una tragedia umana». Il Giornale, 16 novembre 2012

….……………..Lo abbiamo detto da subito. Che Monti avrebbe dovuto fare un decreto legge – ne ha fatti centinaia questo dittatore sudamericano in età da ospizio – per cambiare solo la norma fascista che prevede il carcere per  i giornalisti condannati per diffamazione,salvo in corso di esame in Parlamento arricchire il decreto degli ulteriori aggiustamenti necessari a rendere la legislazione italiana  in questa materia degna di un sistema di libertà, oppure che Napolitano, motu proprio, firmi la grazia per Sallusti. Monti, con il supporto della ministro Severino, ricca avvocatessa del sistema, si è rifiutat,  invocando, ipocritamente,  la competenza del Parlamento che salva i ladri, i delinquenti e i corrotti, ma manda in galera coloro che denunciano le malefatte del potere. Ora resta Napolitano. Vedremo se  in lui prevarrà l’antica fede comunista che i giornalisti non solo li mandava  in galera, ma, talvolta, li uccideva,   o prevarranno le più recenti manfiestazioni di rispetto dei valori della democrazia che contengono anche il più rigoroso rispetto per quelli che esercitano il diritto di denunciare le malefatte del potere? Dobbiamo aspettare poco per vedere come andrà a finire. g.