Pubblichiamo la lettera-editoriale con cui oggi il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, si rivolge al Procuratore capo di Milano, invitandolo a”carcerarlo”. E’ un atto di profondo coraggio e di ammirevole determnazione, quale non siamo più abituatui a vederne in giro. Insomma, Sallusti si appresta ad andare in galera, dopo due mesi durante i quali il Senato, a maggioranza di centrodestra, non è riuscito a varare un provvedimento sensato di modifica di una legge fascista mantenuta in piedi nonostante  una settantina d’anni di declamata democrazia  e di sempre conclamata difesa della libertà di stampa. Con il carcere a Sallusti,  che ha solo due precedenti, come ricorda egli stesso, il carcere a Giovanni Guareschi che fu condannato per aver accusato di un reato infame l’allora presidente del consiglio De Gasperi, quello cioè di aver chiesto agli alleati di bombardare Roma – accusa che si rivelò falsa – per cui lo stesso Guareschi, dopo aver chiesto scusa a De Gasperi, andò volentuieri nel carcere di Parma per scontare la pena, e il carcere “graziato” da Ciampi a Lino Iannuzzi, si mette una pietra tombale sulla libertà di stampa, affondata sotto i colpi di una casta che pretende di essere immune dacritiche, quella dei giudici, e l’altra, la casta dei politici che pretendono di essere esenti dalle inchieste sulle loro malversazioni. Il caso di Sallusti, poi, si incrocia con il fatto che Sallusti è un giornalista di destra, un editorialista che a costo di provocare le vendette di cui egli stesso parla, ha difeso con coraggio, determinazione, talvolta al di là anche delle ragioni della politica, il centrodestra. Ora è proprio il centrodestra ad averlo abbandonato, ad aver rinunciato a varare almeno in Senato, dove ha ancora lamaggiranza, un provvedimento che riparasse alle dimenticanze di questi ultimi 70 anni per porre poi la Camera dei Deputati di fronte alle sue responsabilità, così come il ministro, il premier, il capo dello Stato. Su quest’ultimo che spande e sparge tante belle parole da “padre della patria” nonostantre le durissime parole che gli ha dedidcato Sallsauti, vogliamo ancora porre fiducia che tra stanotte e domanimattina riesca a comprendere che l’essere stato comunsita non lo esime,  oggi, dall’evitare che un uomo innocente vada in galera, graziandolo come fece Ciampi con Iannuzzi. Meno fiducia, anzi nessuna, poniamo nel partito politico per difendere il quale Sallusti oggi si ritrova a dover varcare tra poche ore le porte di una cella. Il PDL, impegnato a sopravvivere a se stesso, sul caso Sallusti misura la sua ragion d’essere. Se non è capace di difendere uno dei suoi migliori “propagandisti”, quale è sempre stato Sallusti,  come può pretendere di riconquistare la fiducia dei milioni di elettori che in questo ultimo anno, sopratutto, ha deluso e tradito? Abbia un soprassalto di dignità e mandi all’aria governo e sistema per restituire agli italiani di centrodestra la voglia di ritornare a combattere sotto le insegne della libertà. g.

Il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti
LA LETTERA DI SALLUSTI AL PROCURATORE CAPO DI MLANO
A mezzanotte scade la sospensione dell’ordine di carcerazione emesso nei miei confronti dopo la condanna a dodici mesi per un reato di opinione commesso da altri ai tempi incui dirigevo Libero.

Inutile ricordare che la cosa ha soltanto due precedenti, Guareschi e Jannuzzi (evitò il carcere con la grazia) nella storia della Repubblica, inutile ricordare come a mio avviso la sentenza sia stata motivata con dei falsi, inutile sostenere, come è, che si tratta di una vendetta nei miei confronti e dell’area politico-culturale cui appartengo da parte di una magistratura ideologica che se la fa e se la mena (la querela è di un pm).

La politica ha avuto due mesi di tempo per rimediare a questa barbarie. Non lo ha fatto. Non pochi senatori si sono prima messi il passamontagna (voto segreto) come comuni rapinatori per confermare il carcere ai giornalisti, poi hanno versato lacrime di coccodrillo approvando un comma ad personam che salva i direttori (ma, paradosso, non me) e infine si sono arenati nelle sabbie mobili. Il nostro Senato l’unica cosa che ha provocato è uno sciopero dei giornali italiani, al quale noi non aderiamo come spiega oggi su questa pagina Vittorio Feltri. Non parliamo di Napolitano, capo della magistratura, che non ha proferito parola in tutti questi giorni dimostrando di essere quello che è, un rancoroso comunista che pensa così di prendersi una squallida rivincita sulla storia che lo ha visto sconfitto. Non sono da meno il premier Monti, campione di liberismo a parole, e la ministra Severino che evidentemente ha una coscienza che sta alla Giustizia come la mia al greco antico.

Dunque non c’è via d’uscita, devo andare in carcere, è questione di ore. L’ordine lo deve firmare la Procura di Milano, il cui capo è Bruti Liberati. Mi dicono, ho letto su alcuni giornali, che lui non è entusiasta di rimanere con il cerino in mano e fare eseguire una condanna scritta da altri e che sporcherebbe il suo prestigioso curriculum. Procuratore, almeno lei non mi deluda. Ha il dovere di applicare la legge, senza inventare per me scorciatoie o privilegi non richiesti, tipo ulteriori dilazioni, arresti domiciliari diretti o cose del genere.

Glielo dico, glielo chiedo, perché lei non ha il diritto di infliggermi ulteriori pene rispetto a quella erogata. Che sia prolungare l’attesa (a questo punto lei si macchierebbe oltre che di omissione di atti d’ufficio anche del reato di tortura) o che si tratti di farmi entrare in una casta alla quale non voglio appartenere. Non si inventi balle o scuse. Nelle carceri italiane solo quest’anno sono entrate 6.095 persone con condanne simili alla mia (pena definitiva inferiore ai due anni) e altre diciassettemila potrebbero uscire per fine pena anticipata (residuo inferiore ai due anni). Io non ho alcun diritto di passare davanti a tutti questi disgraziati, neppure all’ultimo marocchino, solo perché dirigo un giornale. Non ci provi, procuratore, perché l’unico patrimonio che abbiamo noi giornalisti sono credibilità e coerenza. Se proprio c’è un problema di sovraffollamento faccia così: scarceri o mandi ai domiciliari un avente diritto con più anzianità di me e così si libera la branda.

Io e gli italiani, signor procuratore, ci aspettiamo che lei faccia fino in fondo il suo lavoro senza guardare in faccia nessuno e si prenda le responsabilità che le competono come io mi sono prese le mie. Se poi, per caso, si dovesse vergognare, sono affari suoi, non miei. Non mi rovini più di quanto abbiano già fatto suoi indegni colleghi. Mi creda, non me lo merito.  Alessandro Sallusti.