La palla di neve che in pochi minuti si trasfor­ma in una devastante slavina è l’sms che Gasparri in­via a Letta quando sono ormai le dieci di sera di un mercole­dì convulso.

Silvio Berlusconi e Mario Monti a Montecitorio

Nelle ricostruzio­ni del vertice di qualche ora prima uscite sulle agenzie, si parla infatti di un Berlusconi pronto al passo indietro, det­taglio che il Cavaliere non prende affatto bene. A cena a Palazzo Grazioli ci sono Alfa­no, Verdini, Brunetta e Ghedi­ni ed è davanti a loro che l’ex premier non si tiene più. Pren­de carta e penna e scrive di get­to un comunicato durissimo nonostante qualche ritocco del sempre prudente Letta. Il senso è chiaro: me lo chiedo­no in tanti e sono pronto a tor­nare.
Berlusconi, dunque, tira dritto. E lo fa in maniera così netta che Alfano non ha esita­zioni nel mettergli a disposi­zione i suoi comitati per le pri­marie (che ovviamente – e co­me era largamente prevedibi­le – non si terranno). Ed è sem­pre in quella cena che il Cava­liere decide che è arrivato il momento di affondare i colpi contro il governo Monti. Un antipasto della campagna elettorale ormai alle porte, ma soprattutto una risposta ad un esecutivo che «non man­tiene gli impegni presi». Il provvedimento sulla incandi­dabilità dei condannati lo ab­biamo appoggiato anche noi ma- è il senso del ragionamen­to di Berlusconi – nel pacchet­to c’era anche la responsabili­tà civile dei magistrati e il ddl sulle intercettazioni. Di tutti e due nulla di fatto. Così arriva l’ordine di scuderia: prima al Senato e poi alla Camera il Pdl non partecipa al voto di fidu­cia. Per dare «un segnale». Una presa di distanza netta dal governo con una richiesta chiara:fare l ’election day ,pos­sibilmente a febbraio. Questo dirà stamattina Alfano quan­do salirà al Quirinale per in­contrare Giorgio Napolitano. Altrimenti il Pdl dopo il voto sulla legge di stabilità si senti­rà libero di far saltare il banco.
L’ex Guardasigilli fa poi sa­pere che Berlusconi «tornerà in campo da protagonista». Sarà lui, insomma, a dare an­cora una volta le carte, che poi questo significhi davvero can­didarsi a Palazzo Chigi la cosa resta da decidere. Di certo, c’è che la sfuriata di mercoledì se­ra e la ridiscesa in campo del Cavaliere ha compattato il partito al punto che nel verti­ce di ieri a Palazzo Grazioli nessuno ha fatto obiezioni. Certo, qualche presa di distan­za c’è. Come quelle di Pisanu, Frattini e Mantovano. E del ca­podelegazione a Bruxelles Mauro che insieme a Formigo­ni rappresenta quella parte di Cl con cui la rottura è sempre più netta. «E pensare – diceva mercoledì sera il Cavaliere ­che sono perfino andato a Var­savia a perorare la candidatu­ra di Mauro alla presidenza del Parlamento europeo».
Ora,c’è solo da capire quan­to profondo sarà il restyling del Pdl, non solo nel nome ma anche nelle persone visto che Berlusconi ripete come un mantra di volere «facce nuo­ve ». Con un buon programma e giovani promettenti, assicu­ra l’ex premier durante i vari vertici, possiamo puntare ad un 30%. «Ed essere – spiega in privato – o il primo partito di governo o il primo d’opposi­zione ». Lo guiderà lui, ma non è escluso un ticket – magari con Alfano – per il candidato a Palazzo Chigi. 7 DICEMBRE 2012

….Ciò che non è mai mancato a Berlusconi è l’ottimismo che è la prima virtù dell’uomo di successo, anzi è la prima virtù di chiunque voglia combattere: non è vero che si combatte per partecipare, questo non è vero neppure nello sport, si partecipa per vincere e per vincere occorre avere una valanga di volontà per farlo,  il che, tradotto, vuol dire essere in possesso di una dose massiccia di ottimismo. Altrimenti si perde in partenza. Berlusconi s’era appannato, aveva perso ottimismo e perciò si sentiva fuori dalla mischia. E’ bastato però che fatti e circostanze (leggi persecuzione giudiziaria e vessazione politica) lo rimotivassero che Berlusconi si è sentito nuovamente scosso dalla volontà di tornare a combettere e vincere. Già nel 2006, dopo 5 anni d sfibrante oscillazione tra i due caballeros Fini e Casini, quando era da tutti dato per perdente, Berlusconi incrociò la spada con il suo antagonista, Prodi, che doveva vincere alla grande grazie al porcellum, voluto da Fini e Casini e scritto materialmente da Calderoli, e alla fine perse per appena 24 mila voti alla Camera – 24 mila voti su 40 milioni di elettori – e vinse al Senato con oltre 300 mila voti di scarto su Prodi che al Senato per sopravvivere un paio d’anni dovette far ricorso al voto “amico” dei senatori a vita, la più stupida delle anomalie della Costituzione italiana  che non trova eguali in nessuna parte del mondo democratico. Anche ora è dato largamente perdente ma forse proprio questo – l’odore della sfida – lo invoglia a “ritornare in campo” , con la voglia di rivincita e di vincita. Ce la farà? Chissà…Tutto è possibile in un Paese come il nostro, dove albergano e si incrociano vizi e virtù di ogni genere, dove la gratitudine politica cessa quando incomincia il proprio tornaconto, dove spesso, anzi, sempre, come diceva Flaiano, si sale con acrobatica velocità sul carro dei vincitori e si ridiscende non appena io carro perde non una ruota ma un minuscolo perno senza del quale, però, la ruota non gira. Berlusconi ha dalla sua la sua storia, ma ha contro due cose fondamentali: non aver mantenuto molte delle promesse fatte e di aver fatto senatori e deputati molti asini. Sulla prima gli italiani, per tradizionale abitudine, sono anche pronti a dimenticare, sulla seconda no. Berlusconi se come dice cambierà molte facce, quasi tutte, forse aiuterà gli italiani a perdonarlo per averne tradito le speranze e magari a rivotarlo, e magari facendolo tornare a vincere perchè manenga le promesse, vecchie e nuove. g.