Tanto stupore e tanto scalpore per il ritorno, spesso annunciato, di Silvio Berlusconi. All’evento, ieri, ha dedicato l’articolo di fondo addirittura il Corriere della Sera con la penna del direttore, Ferruccio de Bortoli.

Il quale, se mi è consentito sintetizzarne brutalmente il pensiero, sconsiglia il Cavaliere dal rimettere il piede in campo, perché ciò impedirebbe al Pdl di emanciparsi dal fondatore e di riprendersi i consensi degli elettori moderati (si fa per dire), ancora numerosi ma indisponibili a seguire il deludente ex premier.

Il Corriere fra l’altro dà per scontata la vittoria di Pier Luigi Bersani alle prossime politiche, dalla cui parte si schiera- legittimamente – senza mezzi termini, esattamente come fece nel 2006, quando appoggiò Romano Prodi impegnato nello scontro con Berlusconi. Mi domando: se il risultato delle venture consultazioni è segnato (trionfo del centrosinistra senza centro), che importanza ha se a guidare il centrodestra sia Berlusconi o un altro, magari Angelino Alfano?

Evidentemente il discorso di de Bortoli tradisce un’inquietudine se non una preoccupazione. Questa: non sarà che quel diavolaccio di Arcore, mille volte dato per finito, si accinga con un colpo di reni a rendere la vita difficile al segretario del Pd, costringendolo a fare gli straordinari per spuntarla? D’altronde, anche sei anni or sono, in piena campagna elettorale, il Cavaliere era dato per spacciato (aveva un distacco di 10 punti dall’avversario), ma negli ultimi giorni rimontò, perdendo di un soffio.

Se non fosse questo ricordo a turbare il pensiero del direttore del Corriere , non si comprenderebbe perché lo storico quotidiano milanese dovrebbe caldeggiare l’uscita di scena – per amor di patria -dell’uomo che detiene il record di permanenza a Palazzo Chigi. Se questi fa paura ai progressisti, non può essere considerato (con­traddittoriamente) finito, bensì ancora in grado di riservare sorprese. In effetti, per quanto Berlusconi da alcuni mesi sia stato tormentato dai dubbi ( vado, resto; primarie sì, primarie no; fiducia ad Alfano oppu­re mica tanto?) è ancora una minaccia per il Pd, nonostante Bersani muoia dalla voglia di sfidarlo.

D’accordo che i sondaggi sono da prendere con le pinze, tuttavia non bisogna trascurarli: non ce n’è uno che indichi l’esistenza di un personaggio emergente alternativo a Silvio, cioè più idoneo di lui a riconquistare i consensi dei cittadini delusi dalla politica e, presentemente, intenzionati a incrementare l’astensionismo. Non svelo alcun mistero se dico che, stando a recenti studi demoscopici, un Pdl ripulito e rivitaminizzato, sotto la guida del vecchio leader è valutato dal 22 al 25 per cento: una percentuale insufficiente per governare, però bastevole a formare un’opposizione forte e pronta – se la legislatura sarà tribolata – a diventare maggioranza in caso di elezioni anticipate.

Il piano di Berlusconi si basa su questi elementi, suppongo, e non pare campato in aria. Merita un tentativo di attuazione, posto che gli alleati di Bersani non sono affidabili: il Sel di Nichi Vendola fa venire i brividi, l’Udc sista prosciugando (un giorno è sul melo, un altro è sul pero), i montezemoliani ci sono ma non si vedono.

Insomma, a primarie archiviate, il Pd da solo mostra di non garantire la governabilità. Quindi la partita è tutta da giocare. Prima di fare il funerale al Pdl, occorre ucciderlo. Vittorio Feltri, 7 dicembre 2012

.…….E’ così. Se Berlusconi è morto e sepolto perchè mai da De Bortoli a Tarquinio, direttore de L’Avvenire, dalla  Dandini al solito Saviano  ai giornaloni inglesi che grondano preoccupazione per noi mentre se ne impipano dei guai grossi di Sua Maestà brittanica, dovrebbero spendere fiumi di inchiostro per attaccarlo? Qualcosa non quadra e ciò che non quadra lo racocnta bene Feltri il quale sottolinea come al momento non c’è nessuno che nel centrodestra abbia lo stesso appeal elettorale  di Berlusconi. Certo anche questo è colpa di Berlusconi che ha ammesso al suo seguito tanti asini ma si dà il caso che qualcuno che asino no  era,  che pure c’era,  ha preferito altre strade che portano  lontano dal centrodestra e sopratutto lontano dalla gente comune, dal mondo dei moderati, del ceto medio del quale proprio oggi il Censis ha certificato la morte. Quel che resta di quel mondo, dopo la cura da cavallo inflittagli da mr. Monti (di certo prefisce essere chiamato all’inglese in attesa che anche da quelle aprti qualcuno gli riconosca le grandi doti di economista e lo faccia baronetto perchè possa insignirsi del titolo di sir), è sfiduciato, sull’orlo di una crisi di nervi, incapace di reagire. Chissà, forse  il ritorno di Berlusconi può fungere da stimolo e da reagente, capace di recuperargli la volontà di risalire la china. Che  sia questo timore  la vera ragione della rabbiosa reazione degli asini di sinistra contro il ritorno di Berlusconi? g.