BERLUSCONI NON RIDE, MA GLI ALTRI PIANGONO, di Giuliano Ferrara
Pubblicato il 16 dicembre, 2012 in Politica | Nessun commento »
Dire che Berlusconi si comporta in modo confuso, oscillante, incomprensibile è un’ovvietà. Ma come si comportano gli altri? Bersani sembra ragionevole. Ha scommesso sulle primarie e con l’aiuto di Renzi gli è andata benone.
Ha mantenuto i nervi a posto nel rapporto con il governo Monti, anche sotto la ferula severa di Giorgio Napolitano, facendo però crescere l’idea che all’agenda del premier occorra aggiungere due cose di una certa importanza, la democrazia elettorale e l’attenzione al lavoro in fase di recessione. Ma questa ragionevolezza si scontra con il fatto che il principale alleato è un partito di sinistra radicale ostile per principio a compromessi con quanto fatto da Monti, Fornero e dagli altri del gabinetto tecnico. Il che sarebbe ancora poco: fatto è che sui fondamentali del riformismo europeo non c’è accordo né tra il Pd e Vendola né dentro il Pd. E allora? Tutta questa ragionevolezza dove mette capo? Eppoi, alla prima curva, si osserva un gruppo dirigente democratico con tendenza all’imbroglio. D’Alema manovrava per un’alleanza con Casini, e diceva di Monti e dei suoi ministri che stavano lì, poi se ne sarebbero andati, e ben altri tecnici, un Padoa-Schioppa, un Ciampi, avevano governato con il suo Ulivo: sprezzante. Poi, all’improvviso, se ne esce accusando Monti di immoralità per la sola possibilità che si candidi alle elezioni. Non è pazzesco, almeno quanto le giravolte del Cav?
Pier Ferdinando Casini non sembra l’immagine della lucidità politica. Va bene che non voleva avere niente a che fare, «mai più», con Berlusconi, ma con ogni evidenza il suo compito, la sua missione, era quella di federare in tempo un’area di riformismo popolare capace di essere competitiva con la sinistra da una parte e con Berlusconi, se rimasto in campo, dall’altra. Ha fatto ben poco, tardi e male. È un uomo di partito, non un leader per una fase di ricostruzione e ristrutturazione del sistema politico. Deve badare a liste e clientele, si federa forse con i nuovi venuti della cosiddetta società civile, un’impresa rispettabile ma intrinsecamente minoritaria, centrista nel vecchio senso del termine e della collocazione parlamentare, sempre che Monti non la benedica o addirittura non la faccia sua, il che non è probabile allo stato. Casini poteva proporre uno schema di gioco interessante agli italiani, era il ponte naturale tra un’esperienza di centrodestra, vissuta contraddittoriamente ma per lungo tempo e con alti consensi, e una necessaria evoluzione in senso popolare ed europeo, con la figura di Monti e la scelta del governo di emergenza e di impegno nazionale sullo sfondo; ma vuole assolutamente morire di tattica, come gli ha ricordato Bersani, vuole che si pensi questo: la sua preoccupazione è di puro potere, un posto influente per sé, e questo è tutto.
Non voglio parlare di Grillo e Vendola, figure grottesche, il cui successo peraltro molto aleatorio è legato a fattori meramente emotivi.
Per non menzionare un Di Pietro, corteggiatissimo anche lui dai mass media e poi gettato come un limone spremuto, o quell’accozzaglia di mozzorecchi giustizialisti che si traveste di arancione in permanente dialogo televisionista con l’espatriato guatemalteco, l’inventore di una trattativa che non esiste, in trattativa lui stesso per uno sbocco politico-professionale fuori della magistratura, ma da ottenere usando dei poteri della magistratura penale.
Veniamo a Monti. Rischia parecchio in fatto di stile. Dire e non dire, ciò che sta facendo da qualche tempo, non è da lui.
Anche la sua immagine sta diventando quella di una personalità parecchio confusa. La sua legittimazione è nelle cose che ha sempre detto e in quelle che ha sempre evitato di dire, oltre che nella sua terzietà quasi naturale, quasi una seconda pelle. Mai dalla parte della chiacchiera fumosa, moralistica, puritaneggiante, mai Solone, mai in cattedra politica ed etica, ma sempre fisso su quelle due o tre idee di economia sociale di mercato e di sistema politico moderato, con il centro che governa e il taglio delle ali per fare le riforme europee in un quadro di stabilità e funzionalità istituzionale.
Tutto questo può fondare una leadership elettorale? In molti ci auguriamo che Monti abbia delle carte nascoste, non solo in termini di personalità ma di idee, e che ove lo decida possa fare un salto nella lotta politica diretta. Però sembra difficile, e questo traccheggiare nell’incertezza non aiuta a sovrapporre un profilo di trascinatore, necessario nella politica popolare diretta, a quello di amministratore e governatore di un sistema in stato di eccezione.
Ora dovrei riaprire l’articolo e riparlare di Berlusconi, dei suoi cento pronunciamenti contraddittori su tutto, sulla forma-partito, sulle alleanze, su Monti, su se stesso, sui suoi e il suo partito.
Ma non c’è bisogno. Tutto questo è, come sempre per il Cav, iperbolico e chiaro, eccessivo e visibile in piena trasparenza. La sua confusione mi sconforta, ma quella degli altri mi fa una certa paura, alla vigilia delle elezioni. Giuliano Ferrara, 16 dicembre 2012
..………………Per non parlare delle tante anime in pena del PDL, da Alfano, oscillante tra la fedeltà al Capo e suo inventore politico, ai tanti ex missini che impadronitisxi del potere fanno di tutto per tenerselo, disperandosi all’idea di poter (dover!) tornare dal’altgra parte della barricata e infine agl inventati di Berlusconi, Formigoni intesdta che invede di pensioanrsi lui ha pensionato oggi Berlusconi assegandogli il ruolo di “fondatore”, come se potesse mai toglierglielo. Siamo in biena babele, specie, per quel che ci interressa, nel PDL parte del quale è tentato di federarsi agli ordini Monti: se ora il PDL rischia di perersi i cifre elettorali a due numeri, sotto i 20, se facesse questo si ritroverebbe con cifre da prefisso telefonico. g.