Presentati come preparatissimi e integerrimi, dovevano dare lezioni a tutti. Ma sono incappati in inchieste, strani affari immobiliari e ferie a scrocco: da Grilli a Passera, da Griffi a Malinconico

Roma Per essere i portabandiera della sobrietà, i ministri di Mario Monti sono stati coinvolti, nei loro 13-mesi-13 di impero tecnico, in scandali, scandaletti e vicende inopportune né più né meno degli esponenti di ogni altro governo repubblicano.

Il ministro dell’Economia Vittorio Grilli

A volte piccoli inciampi, altre volte storiacce da dimissioni. Di certo nel libro nero del governo del Professore ci sono abbastanza pagine da sbianchettare ogni vanto di pretese virtù.
La vicenda di Paola Severino che raccontiamo in altra parte di questo giornale, è solo l’ultima. E nemmeno la più imbarazzante. Come spesso accade in Italia gli scheletri sono nascosti tra i mattoni. Fu una casa, infatti, a far arrossire nel gennaio 2012 Filippo Patroni Griffi, ministro della Semplificazione. Si scoprì che il magistrato «salito» al governo la vita se l’era semplificata eccome acquistando nel 2008 l’appartamento in cui vive da affittuario dalla fine degli anni Ottanta, (109 metri quadrati catastali al primo piano con vista sul Colosseo) a un prezzo decisamente di saldo: 177.754 euro. Patroni Griffi beneficiò, come gli altri condòmini, di un prezzo già vecchio e scontato di un altro 45 per cento grazie alla vendita in blocco. Una clausola che non si dovrebbe applicare agli immobili di pregio. Ma il fatto è che Patroni Griffi e i suoi coinquilini riuscirono a farsi riconoscere dapprima dal Tar e poi dal Consiglio di Stato lo status di «immobile non di pregio». Sulla vicenda la Procura di Roma ha aperto un fascicolo di cui non si è saputo più nulla. E sulla casa si è impantanato anche Vittorio Grilli, ministro dell’Economia che, come da noi raccontato ieri, nel 2004 acquistò un quartierino da oltre 300 mq ai Parioli per un prezzo (1,065 milioni) pari a metà del valore dell’immobile e contraendo un mutuo gonfiato fino a 1,5 milioni. Le spiegazioni fornite dal ministro sono state finora tutt’altro che chiarificatrici.

Di tutt’altra natura l’affaire che portò alle dimissioni da sottosegretario della Presidenza del consiglio con delega all’editoria Carlo Malinconico: a partire dal 2007 era stato più volte ospite di un lussuoso resort dell’Argentario, Il Pellicano, senza sborsare un euro. Il conto infatti veniva regolarmente saldato da Francesco De Vito Piscicelli, imprenditore della cricca di Angelo Balducci. Malinconico, bontà sua, invocò la clausola-Scajola: l’inconsapevolezza.
Poco rilievo ha avuto tutto sommato l’iscrizione nel registro degli indagati da parte della procura di Biella di un pezzo grosso del governo tecnico, Corrado Passera, perché nel 2006-07, da amministratore delegato di Banca Intesa prima e consigliere delegato di Intesa Sanpaolo poi avrebbe operato un arbitrato tributario internazionale per garantire al gruppo bancario benefici di carattere fiscale. «Un atto dovuto», tagliò corto lui.

Questioni di incompatibilità investirono invece Francesco Profumo, ministro dell’Istruzione, e Corrado Clini, titolare dell’Ambiente. Il primo il 30 gennaio si dimise dalla presidenza del Cnr, ente dal suo stesso dicastero controllato. Il conflitto di interessi era chiarissimo e l’incompatibilità palesemente prevista dallo statuto del Cnr, eppure Profumo traccheggiò chiedendo un parere all’Antitrust prima di capitolare in seguito alle polemiche sollevate. Quanto a Clini, lasciò la presidenza dell’Area Science Park di Trieste, la cui nomina è espressa dal governo: non bastò l’iniziale autosospensione.
Tra gli altri esponenti del governo dei sobri si fa per dire vanno ricordati il sottosegretraio ai Beni Culturali Roberto Cecchi rinviato a giudizio alla Corte dei

Conti per danno erariale che sarebbe stato procurato dall’acquisto di una costosa «patacca» da lui raccomandato allo Stato; il sottosegretario alla Giustizia Andrea Zoppini, dimessosi il 15 maggio 2012 perché indagato per concorso in frode fiscale e dichiarazione fraudolenta; il viceministro del Welfare Michel Martone, la cui carriera accademica, secondo Arcangelo Martino, imprenditore coinvolto nell’inchiesta sulla P3, sarebbe stata forse agevolata da «aiutini» sollecitati dal papà. Andrea Cuomo, 24 gennaio 2013