Cosa succede quando le autorità proibiscono la vendita di un bene del quale c’è una forte domanda? Si formerà un mercato nero. Una conseguenza è che si accentuerà il peso delle disuguaglianze. Sul mercato nero, infatti, il bene proibito costa molto di più di quanto non costasse nel mercato libero, prima che intervenisse il divieto. Chi possiede più risorse può permettersi l’acquisto del bene proibito, tanti altri no. Qualcosa di simile accade quando, come in Italia, si vieta la diffusione di sondaggi nelle due settimane che precedono il voto. I sondaggi continuano ad essere fatti, naturalmente. Ma dal momento in cui scatta il divieto di pubblicazione, solo una frazione della popolazione verrà a conoscenza dei risultati delle nuove rilevazioni demoscopiche: sono coloro che hanno accesso ai canali di informazione riservati alle élite. Le informazioni sugli orientamenti di voto spariscono dai media e entrano in un altro circuito, più ristretto, composto da coloro che godono del vantaggio sociale di poter accedere a canali personali e riservati. In questo modo, l’asimmetria informativa, il divario fra chi sa e chi non sa, fra i pochi che hanno accesso ai sondaggi e la maggioranza che ne è esclusa, si accentua.

Perché in certi Paesi si proibisce, da un certo momento in poi, la pubblicazione dei sondaggi (pur sapendo che quel divieto provocherà la formazione di un circuito informale dominato dal chiacchiericcio fra i bene informati, una sorta di campagna elettorale nascosta e parallela) mentre in altri Paesi (come gli Stati Uniti) quella proibizione non c’è? La risposta plausibile è una soltanto. Il divieto di pubblicazione dei sondaggi è possibile dove non si ha paura di stabilire per legge che l’elettore è un bambinone immaturo, che va protetto dalle (supposte) cattive influenze dei sondaggi.

Tutti noi siamo continuamente influenzati da tante cose. E le ragioni che spingono ciascun singolo elettore a votare in un modo o nell’altro (o a non votare) possono essere le più varie. Ma se si decide per legge che l’elettore è un immaturo suggestionabile il rischio è che qualcuno, un giorno, faccia anche il passo successivo, quello che discende logicamente dal primo: se l’elettore è un bambinone, perché mai dovremmo lasciargli il diritto di voto?

Sullo sfondo si intravvede la cattiva coscienza di élite che non hanno mai saputo fare ben i conti con il suffragio universale e le conseguenze che ne discendono. Élite che hanno paura del popolo. E c’è la predilezione per i circuiti ristretti ove gli ottimati — qualcuno pensoso del bene comune, i più pensosi delle future distribuzioni di cariche — possano occuparsene al riparo dalla pressione popolare. La politica è solo una faccia della società. C’è una connessione fra l’ideale di una democrazia sotto tutela (che va difesa dal suo principale nemico: il popolo) e la pratica dei mercati protetti che impedisce la libera competizione. In queste condizioni, non fa meraviglia l’insorgenza di potenti movimenti di protesta. Meraviglia che qualcuno si meravigli. Angelo Panebianco, Il Corriere della Sera, 17 febbraio 2013

..…………….Questa analisi del politologo del Corriere è la conferma della nostra tesi: un giorno o l’altro si finirà per far votare solo una esigua schiera di sondaggiati, alla faccia  della sovranità popolare frutto dell’esercizio del diritto di voto conquistato, talvolta anche  col sangue, in   decenni di battaglie politiche. Del resto non ci hanno costretto a subire il governo degli unti del Signore per volontà dell’ex comunista Nap0litano,  amico di Stalin e inneggiatore dei carri armanti sovietici che stritolavano i ragazzi di Budapest durante la rivolta del 1956? E non è stato il superGiorgio che vassallando negli Stati Uniti l’unico esempio di Premio Nobel per la Pace senza aver rinunciato a nessuna guerra, cioè Obama, ha rimproverato gli italiani che disertano l’esercito del più grande disertore della storia italiana a degli ultimi due millenni, cioè Monti Mario c he il 90% degli italiani detesta, quando non lo odia?  Siamo davvero alle prove generali di una rivoluzione all’indietro dei popoli, e di quello italiano in prima fila. g.