Al Pdl serve urgentemente un Renzi di destra, uno che non debba baciare l’anello a Berlusconi, uno che sappia parlare al Paese con un linguaggio fresco. E che, a differenza di Berlusconi, sia molto meno vulnerabile dal punto di vista giudiziario. Sia chiaro, un tale (ipotetico) Renzi di destra non dovrebbe affatto piacere alla sinistra: il processo di autoaffondamento politico di Gianfranco Fini cominciò quando, rotto con Berlusconi, egli diventò per un certo periodo l’eroe dei giornali di sinistra. Sinistra e destra sono ovunque separati da interessi contrapposti, da opposte visioni del mondo, da opposti codici morali. Nel nostro Paese, poi, gli elettorati di sinistra e di destra (basta ascoltarne le conversazioni) nutrono gli uni nei confronti degli altri più o meno gli stessi sentimenti che il Ku Klux Klan nutre nei confronti dei neri. È vero, come accennava ieri Galli della Loggia, che la sinistra ha avuto finora più successo nel convincere persino l’establishment che gli elettori di destra siano solo buzzurri impresentabili. Ma si conoscono anche tanti elettori di destra che pensano la stessa cosa di quelli di sinistra.
Il Renzi di destra dovrebbe fare, anche lui, orrore alla sinistra. Tanto più ci riuscirebbe quanto più coerentemente e aggressivamente (che non significa urlare: significa avere la solidità culturale necessaria per dare efficacia e un alto profilo alla propria proposta) fosse capace di rappresentare idee e interessi che hanno da sempre una precisa connotazione: l’individualismo come valore, la proprietà privata come diritto fondamentale, e fonte di libertà, anziché come colpa da espiare, l’idea che sia il «vil commercio», che siano i mercanti, e non i Savonarola, i costruttori di società decenti.