Siamo alla vigilia di una mutazione della Repubblica italiana? Le «volpi» stanno per essere sopraffatte dai «leoni»? È accaduto tante volte. Sta per accadere in Italia? Il modo in cui avverrà l’elezione del presidente della Repubblica non ci darà la risposta conclusiva ma forse chiarirà quale sia la direzione del nostro cammino. Tutto si riduce a un interrogativo: il Movimento 5 Stelle sarà determinante nella elezione del presidente, i suoi leader potranno intestarsi, di fronte alla opinione pubblica nazionale e internazionale, il titolo di king-makers ? Se ciò accadrà guadagneranno una legittimazione che li galvanizzerà e li renderà fortissimi, e anche coloro che si sono fin qui ostinati a non prendere sul serio le loro idee, la loro visione del mondo, i loro programmi, dovranno abbandonare ogni illusione. Perché nessuna delle due strategie immaginate per fronteggiare l’affermazione di questo nuovo soggetto politico reggerebbe.

Risulterebbe impraticabile la strategia passiva (« ha da passà ‘a nuttata »), di chi immagina che i 5 Stelle siano una meteora (come L’Uomo Qualunque o i poujadisti nella Francia degli anni Cinquanta) e che sia sufficiente aspettare che si distruggano da soli. Così come risulterebbe illusoria la strategia di chi ha pensato che fosse possibile coinvolgerli nel gioco politico con lo scopo di addomesticarli, di de-radicalizzarli (o, in subordine, di dividerli). Vari precedenti storici testimoniano di come il tentativo suddetto possa facilmente risolversi in un suicidio politico.

Il guanto della sfida alla nostra acciaccatissima democrazia rappresentativa è stato lanciato e, fino ad oggi, senza sbagliare un colpo. Non è vero che la democrazia rappresentativa sia sul punto di essere resa obsoleta, nel mondo occidentale, per l’avvento della cosiddetta democrazia del web. La democrazia rappresentativa è oggi, quasi dappertutto in Europa, in grave sofferenza a causa di una prolungata crisi economica. Solo in Italia (e in pochi altri luoghi), però, potrebbe uscirne davvero travolta o stravolta. Per la gracilità e il malfunzionamento delle nostre istituzioni e la radicalità degli odi che dividono le élite politiche tradizionali.

Occorrerebbe un governo stabile per porre in essere le condizioni necessarie alla ripresa economica. Ma la profondità della crisi politico-istituzionale, e il no di Bersani e dei suoi seguaci a un accordo con Berlusconi, rendono, al momento, impossibile la sua nascita. È un circolo vizioso: l’incapacità della politica tradizionale di trovare soluzioni stabili pone le condizioni per un ulteriore aggravamento della crisi economica e ciò promette di fare ulteriormente lievitare la protesta contro la politica tradizionale. Dove si colloca il punto di rottura? Quale è il momento superato il quale non c’è più ritorno?

La democrazia assembleare, checché molti oggi ne pensino, non è la soluzione. Ha funzionato qualche volta, solo in comunità piccole e isolate, autarchiche. Ove prevalgono le grandi dimensioni e l’interdipendenza sostituisce l’autarchia, la democrazia rappresentativa è la sola democrazia possibile. La partecipazione via web può influenzarla ma non surrogarla.

La sfida portata da un movimento rivoluzionario come i 5 Stelle risulterà, col senno del poi, un grande servizio per il Paese se convincerà anche i più accesi conservatori della necessità di un nuovo patto costituzionale, di una rigenerazione della democrazia rappresentativa mediante radicali innovazioni.Angelo0 Panebianco, Il Corriere della Sera, 15 aprile 2013