8 maggio: atto finale di Fli. Fini esce di scena: dopo tre anni il suo progetto è fallito

Oggi, 8 maggio, è convocata a Roma l’ultima assemblea nazionale di Futuro e libertà. Fli si scioglie e il partito sarà traghettato da un triumvirato, formato da Roberto Menia, Aldo Di Biagio e Daniele Toto, verso una comune casa di destra.  Sarebbero in corso contatti sia con Fratelli d’Italia sia con il gruppo che ha dato vita giorni fa un incontro sulla destra all’Adriano cui hanno preso parte Silvano Moffa, Pasquale Viespoli, Mario Landolfi, Gennaro Malgieri e Domenico Benedetti Valentini.  E il 16 maggio a Palermo è in programma un convegno su An organizzato da Domenico Nania e al quale ci sarà anche Roberto Menia. Anche la Destra di Storace guarda con interesse a questi lavori in corso. Ovviamente Gianfranco Fini, che dovrebbe tenere  in assemblea il suo ultimo discorso agli amici ed ex camerati che l’hanno seguito nell’avventura futurista, è costretto a farsi da parte e ad addossarsi tutte le responsabilità del fallimento di un progetto di destra alternativa al berlusconismo ( forse si ritirerà a vita privata) . Il passo indietro, che probabilmente è destinato a segnare la definitiva uscita di scena dell’ex leader di An, consentirà così all’ala destra di Fli (quella che aveva sempre coltivato, in modo più o meno segreto, l’aspirazione a tornare nell’alveo rassicurante della rete degli ex An) di compiere l’unico percorso possibile, a questo punto, per una formazione prima ammaccata dalle accuse di tradimento, poi dalla scarsa chiarezza del progetto e quindi dall’abbraccio fatale con Casini e Monti. Un percorso che non sarà seguito da esponenti ex finiani che non hanno mai fatto mistero della loro collocazione al di là della destra e della sinistra: Fabio Granata, Enzo Raisi, Flavia Perina, Umberto Croppi. L’unico collante che teneva insieme personaggi tra loro così diversi era appunto Fini, il quale però dalla nascita di Fli in poi si è occupato di fare il presidente della Camera più che di fare il leader di partito.

Inoltre, l’antiberlusconismo non avrebbe potuto ancora a lungo sostituire una chiara collocazione nello scenario politico del soggetto finiano soprattutto nella fase attuale che vede il Cavaliere trionfatore su vari tavoli. Fli era nato nel 2010 dopo la famosa direzione del Pdl in cui Fini si era scontrato con Berlusconi (quella del “che fai mi cacci?”). Era seguita un’altra direzione in cui Fini e le sue idee erano state dichiarate incompatibili con il Pdl. Di lì la decisione di uscire dal partito da poco fondato dallo stesso Fini con Silvio Berlusconi formando gruppi autonomi a Camera e Senato. Avevano aderito 34 deputati e 10 senatori. Ma dal primo congresso di Fli a Milano, dopo il fallito progetto di mandare a gambe all’aria il governo Berlusconi con un voto di sfiducia, erano emerse divisioni insanabili e guerre interne tra i colonnelli che avevano seguito Fini. Lo scandalo della casa di Montecarlo ha fatto il resto, distruggendo la credibilità di Fini sia presso i suoi ex elettori sia presso quella parte di opinione pubblica che avrebbe potuto guardare con faveore alla sua idea di destra postfascista, postmissina e non conservatrice. da Il Secolo d’Italia, 8 maggio 2013

…………….Non si infierisce su chi è stato causa del suo male. E’ il caso di Fini, Gianfranco, partito  da Bologna per poter vedere in pace, a Roma,  il film Berretti Verdi.  A  Roma, invece,  incontra la fortuna che man mano lo innalza a segretario nazionale del Fronte della Gioventù per volontà di Almirante, a successore di questi alla sua morte, di nuovo a  capo del MSI-DN dopo la breve eperienza di  segretario misisno di Pino Rauti e poi, nel 1993, a candidato prescelto da Berlusocni nella corsa asl Campidoglio e nel 1994 ad alleato di Berlusconi che inventa Forza Italia, la alleanza variegata del nuovo partito al nord con la Lega di Bossi e al Sud con il MSI-DN di Fini, e vince le elezioni portando il MSI-DN dalla opposizione durata 45 anni al governo, con Tatarella, alleato storico di Fini, che diventa  vicepresidente del Consiglio. Negli anni successivi, nonostante i tanti errori tattici di Fini – la fine della bicamerale, lo scioglimento anticipato delle Camere del 1996, l’alleanza con Segni alle elezioni europee del 1999 – Fini sale sul treno del potere che lo porterà alla vicepresisdenza del Consiglio e al Ministero degli Esteri e poi…e poi lo ubriacherà inducendolo a scontrarsi con Berlusconi alle elezioni del 2006 quando con Casini inventa l’alleanza a tre punte e poi alle sortite antiberlusconiane del 2008 – siamo alle comiche finali…, dirà della nascita del PDL annunciata da Berlusconi sul predelllino di una auto a Milano) per poi all’ultimo momento accordarsi con Berlusconi facendo confluire nel PDL la destra missina  nel 1995 trasformatasi in Alleanza Nazionale. Nel 2008, vinte le elezioni dal centrodestra, Fini viene eletto presidente della Camera, ed è il delfino designato di Berlusconi, ovviamente alla sua morte, almeno politica. Ma Fini non sa attendere e da presidente della Camera superpartes, si trasforma poco alla volta in una spina nel fianco del governo, del PDL e di Berlusconi. Non può durare e Fini, impaziente come tutti gli eredi per caso e per di più ingrati, rompe clamorosamente con Berlusconi e fonda un suo partito, il FLI, appunto. Che più che un partito di destra appare subito come un nebuloso contenitore di luoghi comuni che si vorrbbero far passare per novità politiche. Per di più è evidente lo strappo violento e ingiustificato di Fini con la storia politica nella quale si era formato e aveva vissuto. Di strappo in strappo finisce coll’apparire una delle tante meteore del cielo di sinistra senza idee e senza riferimenti. Dura poco. Alle elezioni di due mesi fa il partito che doveva rifondare la destra guardando a sinistra, cioè il FLI, raccoglie poche briciole di voti e nessun seggio alla  Camera, uno solo al Senato ma nella lista unica di Monti. E’ la fine annunciata di un equivoco politico ed umano chiamato Gianfranco Fini. Che da oggi è un pensionato della politica, dopo aver distrutto, anzi disintegrato,  la Destra italiana, quella (ri)nata dopo la fine della guerra, costruita poco alla volta con i sacrificio di giovani e meno giovani che vi avevano creduto. Non lo rimpiangerà nessuno,  nessuno infierisca. g.