L’economia non cresce più. Decresce. La politica non ragiona più. Litiga. L’Italia non va avanti. Arretra.
Continua ad esserci una dissonanza tra la drammatica situazione economica del Paese, che peraltro si sta estendendo nel resto d’Europa se la «cugina» Francia è ufficialmente in recessione e la Germania cresce lentissimamente, e la scarsa volontà riformatrice della politica. Andiamo con ordine.
Il Pil, il prodotto interno lordo italiano, è calato per la settima volta consecutiva. La crisi economica continua a frenare il nostro Paese malgrado la politica di austerità imposta da un governo tecnico durato tredici mesi. Nel primo trimestre di quest’anno il Pil è calato dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e del 2,3% nei confronti del primo trimestre del 2012 e, ricorda l’Istat, un’analoga situazione non si è mai registrata dall’inizio delle serie storiche, nel primo trimestre 1990. L’andamento negativo dell’economia italiana è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto nei comparti dell’industria e dei servizi e di un aumento nel settore dell’agricoltura. La variazione acquisita per il 2013 è pari a -1,5%.
Gli ottimisti dicono che guardando bene, la «curva» del Pil mostra una piccola inversione verso l’alto, cioè, nel quarto trimestre dello scorso anno la discesa era stata dello 0,9, da gennaio a marzo 2013 ha recuperato uno 0,4. Potere consolatorio dei decimali… che ieri si è sommato all’approvazione alla Camera (grillini esclusi, chissà poi perché…) del decreto sui pagamenti dei debiti delle Pubbliche Amministrazioni. Si tratta di quaranta miliardi di euro di disponibilità finanziarie che saranno trasferiti dalle casse del settore pubblico a quelle del settore privato (peraltro così finalmente lo Stato onora i suoi impegni verso le imprese) dopo aver preteso dall’Europa la flessibilità che meritava l’Italia che ha saputo risanare i propri conti e creare le condizioni per uscire dalla procedura per deficit eccessivo.
Un Paese strano che merita fiducia se, sempre ieri malgrado l’Istat, investitori istituzionali hanno destinato i loro soldi (6 miliardi ma le richieste erano per 13) a un Btp che scade tra 30 anni.
Per i comuni mortali, invece, quelli che hanno messo tutti i loro risparmi nella prima, e unica, casa, il consiglio dei ministri ha disposto la sospensione della rata dell’Imu. Poca cosa? Neanche per sogno, se proprio l’imposta municipale insieme alla contrazione della concessione dei mutui hanno fatto crollare il mercato immobiliare e non solo.
E mentre gira questa giostra di numeri impressionanti e soldi mancanti, i nostri politici continuano a pensare alle intercettazioni, ai processi del Cavaliere, al corto circuito giustizia-politica. Ma si rendono conto che gli italiani sono stanchi dei caroselli? Sarina Biraghi, Il Tempo, 18 maggio 2013