Tutto come previsto. Ora tra la vita e la morte politica di Silvio Berlusconi c’è solo un passo, una sentenza della Cassazione.

È quella sul processo diritti Mediaset che dovrà confermare o no, entro l’autunno, la condanna a quattro anni di carcere e cinque di interdizione dai pubblici uffici inflitta in secondo grado al leader del Pdl.

come chiesto dalla difesa – sostenendo che un Consiglio dei ministri convocato d’urgenza (su pressione dell’Europa) dall’allora premier Silvio Berlusconi non poteva valere come legittimo impedimento a partecipare a un’udienza (che i giudici svolsero senza l’imputato).

In sintesi: dei giudici che decidono che cosa è utile, necessario per un governo e quindi per il Paese. Un’arrogante interferenza di un potere dello Stato (la magistratura) nei confronti di un altro potere (l’esecutivo), ultimo atto di una persecuzione formale e sostanziale iniziata all’indomani della famosa discesa in campo. Tra pochi mesi, quindi, il leader del Pdl perderà l’agibilità politica. Non uso il condizionale perché sono sicuro che la sentenza di morte è in realtà già scritta. Non c’è motivo perché la casta dei magistrati, se lasciata libera di scorrazzare, si fermi sul più bello. So che non pochi, dentro il Pdl e nella corte, consigliano Berlusconi di stare fermo immobile perché in qualche modo le cose ancora si possono aggiustare. Sono le famose colombe, le stesse che garantivano il buon esito della sentenza di ieri. Io non sono contrario alle mediazioni, ma ai fallimenti sì. Colomba è colui che fa la spola portando avanti e indietro un ramoscello di pace. Mi pare che le nostre colombe invece partano col ramoscello e tornino regolarmente a zampe vuote. Cioè sono inutili, direi dannose come i piccioni.
Berlusconi se la cava alla grande quando dà retta solo a se stesso, al massimo all’umore del suo elettorato. E non credo proprio che gli elettori del Pdl siano felici di vederlo uscire di scena silente e umiliato. Perché è chiaro che, via lui, il Pdl si scioglierà come neve al sole. E non è un mistero che già qualcuno dei colonnelli per salvarsi si stia spalmando crema protettiva gentilmente offerta da finti amici (la stessa usata da Fini al tempo del tentato golpe).
Tre mesi. Questo il tempo per stanare il presidente Napolitano, duro nel sostenere il governo di larghe intese ma ambiguo nel garantire l’agibilità politica di uno dei due soci. Non so se la sentenza di ieri inciderà sulla tenuta del governo (Berlusconi dice di no). Ma so che andare a braccetto e spianare la strada a chi ti vuole morto non è da colombe. O è da fessi o da doppiogiochisti
. Alessandro Ssallusti, 20 giugno 2013

……..Non ci sembra che siano alternative, nè che quanto sostiene Sallusti sulla sentenza già scritta dalla Cassazione sia campato in aria. Potremmo limitarci a sottolineare che quel che accade oggi è la conseguenza delle incertezze degli anni trascorsi dinanzi al problema giustizia e alla necessità di riformarla, senza che si sia mai tentato davvero di farlo. Ma diserteremmo dinanzi al problema che realisticamente evidenzia la prosa scarna ma efficace di Sallusti: il rischio che certa magistratura possa di fatto dettare le regole del gioco per i prossimi decenni e che nei prossimi decenni quel che resta della destra italiana ( bella o brutta che sia, fallace o meno che possa essere stata a parere di Antonio Polito  in  un suo recente  saggio sui fallimenti della destra italiana negli ultimi cent’anni) sia costretta a fare tappezzeria e i suoi esponenti – colombe o falchi – ad accontetarsi del ruolo di maggiordomi, è talmente alto e sopratutto inaccettabile, tanto da indurci a considerare unica alternativa ciò che sotto sotto Sallusti propone: far saltare il tavolo e giocare il tutto per tutto delle elezioni anticipate, con tutti i rischi che ciò comporta. Ma dinanzi all’inelluttabile, occorre far di ragion virtù. Del resto l’alternativa è  vedere che le cosiddette colombe, con l’aggiunta dei falchi che a loro volta, per salvarsi il c…o, si trasformeranno anch’essi in colombe, piangeranno lacrime di coccodrillo nel mentre  si appresteranno  a riciclarsi nel panorama che verrà. E’ un film già visto, purtroppo, e tante volte, nel corso della breve storia del nostro Paese, dal postunità a  tangentopoli.  Con buona pace di Berlusocni che ha trasformato tanti asini in cavalli e li ha issati sugli scranni più alti della Repubblica, come neppure Caligola aveva fatto che senatore ne fece solo uno. g.