LE SENATRICI DEL PD CONTRO LE DONNE:VIETARE LA PUBBLICITA’ CON LE BELLE RAGAZZE
Pubblicato il 6 luglio, 2013 in Costume, Politica | Nessun commento »
Vietata Belen in ogni sua apparizione. Oscurata Uma Thurman che si beve un’acqua tonica. Bruciata come una strega ogni immagine di Letitia Casta che reclamizzava un profumo di due stilisti italiani. Seppellito sotto colate di cemento lo spot di una marca di jeans girato da una sensualissima Megan Fox. Tremate, tremate, perché le cacce alle streghe sono tornate. A volere scatenare la nuova Inquisizione e fare roteare come negli anni ‘50 le forbici della censura è un nutrito gruppo di senatrici del Partito democratico. Un drappello guidato da Silvana Amati, e con subito a ruota Manuela Granaiola, Daniela Valentini e il vicepresidente di palazzo Madama, Valeria Fedeli, che ha appena firmato un disegno di legge già incardinato dal titolo «Misure in materia di contrasto alla discriminazione della donna nelle pubblicità e nei media». Il titolo sembra generico, ma il contenuto non lo è affatto. L’obiettivo infatti è quello di vietare con pesanti sanzioni (fino a 5 milioni di euro) l’utilizzo del corpo della donna nella pubblicità televisiva o stampata (giornali e manifesti).
Siccome tutte e quattro le prime firmatarie avevano venti anni nel 1968, erano di sinistra e in prima linea a sventolare la bandiera della rivoluzione sessuale, per fare tornare l’Inquisizione nel secondo millennio provano a scegliere le parole adeguate. La sostanza è quella del rogo per tutte le pubblicità che utilizzano il corpo della donna. Ma certo scagliarsi contro «immagini che trasmettono, non solo esplicitamente, ma anche in maniera allusiva, simbolica, camuffata, subdola e subliminale, messaggi che suggeriscono, incitano o non combattono il ricorso alla violenza esplicita o velata, alla discriminazione, alla sottovalutazione, alla ridicolizzazione, all’offesa delle donne», è modo assai più elegante e consono ai tempi per accendere il fiammifero sotto quel cumulo di manifesti e celluloide.
Una Belen o una Uma Thurman sensuale in uno spot devono rassegnarsi al rogo perché «stereotipi di genere», che «restringono dunque il margine di manovra e le opportunità di vita di donne e ragazze, ma anche di uomini e ragazzi». Come avrebbe detto negli anni Cinquanta un Oscar Luigi Scalfaro pronto a coprire la balconata abbondante di una matrona in un ristorante romano, «pubblicità e media presentano il corpo femminile come mero oggetto sessuale, esistente per l’uso e per il piacere altrui». Così – dicono le Inquisitrici del Pd, «nelle adolescenti, nelle donne giovani», diventa epidemia «un’ossessiva attenzione al corpo che provoca manifestazioni di ansia e aumento di emozioni negative, riduce la consapevolezza dei propri stati interni». Di più – perché le inquisitrici Pd hanno a cuore soprattutto la salute – vedere una Belen con farfallina evidente «provoca anche conseguenze molto serie sul benessere psico-fisico delle persone che la subiscono: è infatti correlata a un aumento dei disturbi depressivi, delle disfunzioni sessuali, dei disordini alimentari».