Crolla il teorema contro Mario Mori, il generale dei carabinieri accusato insieme al colonnello Mauro Obinu di non aver arrestato il boss Bernardo Provenzano nel ‘95, consentendogli così di restare latitante.
Entrambi erano imputati per favoreggiamento aggravato alla mafia, ma sono stati assolti “perché il fatto non costituisce reato”.
I giudici hanno inoltre trasmesso i verbali delle dichiarazioni di Massimo Ciancimino e del colonnello Michele Riccio, i grandi accusatori che di fatto non sono stati considerati attendibili.
Non si arrendono però i pm palermitani Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia. “È una sentenza che non condividiamo e che impugneremo sicuramente”, ha detto Di Matteo. “Siamo amareggiati. Adesso si tratta di capire i punti di vista di chi, come il tribunale, ha analizzato le carte. In tutti i processi si può vincere e si può perdere ma sono importanti le motivazioni”, ha commentato invece il procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi, “Bisogna vedere il ragionamento che hanno fatto i giudici per ritenere non credibili Riccio e Ciancimino. Non conosco quale sia questa riflessione. Massimo Ciancimino è un testimone, comunque, che nel processo Stato-mafia non ha la centralità che aveva in questo dibattimento”.
Il processo di primo grado è durato poco più di cinque anni: il 18 giugno 2008 quando il gip accusò Mori, ex capo del Ros ed ex direttore del Servizio segreto civile, e Obinu del mancato blitz di Mezzojuso. Per la Dda di Palermo, infatti, il boss Bernardo Provenzano – già latitante – poteva essere catturato il 31 ottobre 1995: la sua posizione sarebbe stata rivelata dal confidente Luigi Ilardo al cononnello Michele Riccio. Mori e gli altri alti ufficiali del Ros hanno sempre sostenuto però che il colonnello non aveva mai parlato con chiarezza della presenza di Provenzano e che anzi proprio Riccio evitò l’intervento per non mettere in pericolo l’informatore Ilardo. Secondo l’accusa comunque Mori e Obinu hanno evitato ulteriori indagini che avrebbero portato all’arresto nell’anno successivo. Mori, del resto, era già stato processato per favoreggiamento in relazione al caso del covo di Riina, che non venne perquisito per diciotto giorni dopo la cattura del “capo dei capi” avvenuta il 15 gennaio del 1993. Anche in questo caso il generale fu assolto insieme al “capitano Ultimo” nel 2006. Fonte: Il Giornale, 17 luglio 2013
……………….Giustizia è fatta. Per l’ennesima volta le disinvolte tesi della Procura di Palermo sono naufragate miseramente dinanzi alla inconsistenza delle prove e sopratutto dei testi: il mafioso Ciancimino junior e un ufficiale dell’Arma roso da gelosia e desiderio di vendetta nei confronti dei suoi commiliotni e del suo comandante, il generale Mori, assolto dall’accusa infamante di aver aiutato la mafia, lui, un ufficiale che ha servito l’Arma e il Paese con fedeltà e abnegazione per decenni. Non possimao che esere felici, non solo per L’Arma ma anche per i Valori che essa da sempre interpreta e rappresenta: lo Stato, la Nazione, il Popolo. g.