Nessuno dividerà il Pdl. Silvio Berlusconi ne è convinto e non esita a ripeterlo. Parole, quelle dell’ex capo del governo, che cercano di ridimensionare l’evidente caos che anima il Pdl e la guerra tra falchi e colombe, ormai venuta alla scoperto. Una miscela che sta portando il partito ad un passo dalla spaccatura sulle sorti del governo. La decisione di accelerare la crisi annunciando la fine del sostegno all’esecutivo e le dimissioni della delegazione ministeriale ha fatto esplodere un pesante malumore tra i dirigenti. Prese di distanza e accuse reciproche come non si era mai visto e sullo fondo il rischio, paventato allo stesso Cavaliere, di scissioni nel momento in cui il partito sarà chiamato alla conta in Parlamento sul voto di fiducia. Il redde rationem è fissato per oggi pomeriggio quando alla Camera si terrà la riunione congiunta dei gruppi di Camera e Senato alla presenza di Berlusconi per decidere cosa fare. Che il rischio di una spaccatura sia nell’aria è la paura di molti. Ecco perché il Cavaliere ha intenzione di arrivare all’incontro con una strategia ben definita provando a far rientrare la frattura in un vertice ristretto a via del Plebiscito. Domani a palazzo Grazioli incontrerà i capigruppo, i coordinatori ma soprattutto Angelino Alfano. E, con il segretario del Pdl che le distanze in questo momento sono più evidenti. Il vice premier non ha gradito di essere rimasto tagliato fuori dalla decisione del Cavaliere di diramare la nota per ufficializzare la crisi. E così dopo 24 ore di pressing dell’ala governativa e di molti dirigenti del Pdl, che individuano in Denis Verdini e Daniela Santanché i cattivi consiglieri, responsabili del precipitare degli eventi, il segretario del partito decide di mettere nero su bianco la sua contrarietà alla gestione della situazione.
Maurizio Lupi e Beatrice Lorenzin sono lontani dall’idea di Forza Italia che hanno in mente i falchi del partito. Al di là delle tensioni dei governativi, il Cavaliere deve fare i conti anche con il dissenso che ormai traspare nei gruppi parlamentari. Ed in particolare tra le fila dei senatori, tenute sotto stretta osservazione per l’alto rischio smottamento nel momento in cui Letta sarà chiamato a chiedere la fiducia. Sorprese non si escludono nella pattuglia siciliana anche se Gianfranco Micciché ha smentito l’idea di sostenere il governo delle tasse. Osservato speciale è anche Maurizio Sacconi, contrario a derive estremiste del partito. Poi c’è Gaetano Quagliariello, ormai considerato fuori dal partito: secondo fonti Pdl, starebbe da tempo lavorando per arruolare senatori per sostenere Letta.
Numeri e scissioni certi non ce ne sono perché tutto dipenderà da quello che dirà Silvio Berlusconi nei due incontri, a Palazzo Grazioli e alla Camera. L’obiettivo dell’ex capo del governo sarà quello dunque di trovare un compromesso riconoscendo ad Alfano un ruolo di primo piano. E magari ridimensionando i cosiddetti falchi in modo da tenere il Pdl unito nel momento della conta in parlamento.
“Io ho espresso più una forte opposizione alla decisione di far dimettere i nostri parlamentari. E’ vero che era un fatto simbolico e soprattutto un fallo di reazione, perché per prima ha sbagliato la sinistra, ma ad un fallo non si risponde con una testata sennò si perdono le partite”. Lo ha detto Gaetano Quagliariello, ministro dimissionario per le riforme, a La telefonata di Belpietro. “Credo – ha aggiunto – che quello sia stata la madre di tutti gli errori, da cui siano discesi tutti gli altri. Penso che siano state fatte le cose un po’ affrettatamente, ma prima di sganciare l’atomica bisognava fare una serie di passi”. Oggi, alla riunione delle 17 dei gruppi del Pdl, “Discuteremo – ha detto Quagliariello – spero a volto scoperto, apertamente su che cosa è meglio fare in questo situazione”. La Stampa, 30 settembre 2013
….Questo che pubblichiamo è il commento meno fazioso – da una parte e dall’altra – sulle vicende interne al partito che fu – doveva essere- il partito di tutti i moderati italiani, finalmente riuniti sotto una sola bandiera, un solo simbolo,un solo obiettivo, e che invece rischia fortemente non solo di spaccarsi, di dividersi, forse anche di trasformarsi in un fantasma di ciò che doveva essere e non è stato. Di sicuro, comunque vadano oggi le cose alla riunione dei gruppi parlamentari ex PDL, ritrasformatosi in Forza Italia senza alcun “passaggio” formale come avviene di solito nei partiti retti con statuto democratico, qualcosa si è rotto e difficilmente, come insegnava quasi un secolo addietro Pirandello, potrà più rincollarsi. La sensazione che la strategia sia stata sostituita dalla tattica nelle scelte politiche, senza respiro se non l’invocazione del ritorno alle urne con tutti i punti interrogativi che le urne normalmente pongono, è difficilmente smentibile e di per sè crea non pochi problemi, specie nelle periferie elettorali, dove vivono, anzi sopravvivono, gli elettori alle prese con il difficile barcamenarsi tra tasse, balzelli, difficoltà di ogni genere e che si domandano perchè mai si ponga fine al governo fino ieri rappresentato come il grande capolavoro dello statista Berlusconi, da questi invece messo in crisi proprio quando doveva cogliere i risultati concreti per i quali era stato fatto nascere. Forse, come adombra il commento della Stampa, prevarrà in molti la tutela del “personale” esistente rispetto alle attese del popolo nel cui nome si dichiara di operare, forse no, ma qualsiasi decisione sarà assunta, di certo lascerà il segno nella vasta area dei moderati italiani che avranno la sensazione di essere rimasti di nuovo, ancora una volta, senza guida e rappresentanza, come da centanni a questa parte. g.