Archivi per ottobre, 2013
…….Veneziani auspica che ciò che sta verificandosi in FRANCIA, con il Fronte Nazionale di Marine Le Pen al primo posto nei sondaggi per le prossime elezioni europee del maggio 2014, si verifichi anche in Italia, con una Destra che faccia davvero la Destra e lo fa con riferimento all’inziativa denominata “Officina Italia” messa in campo da talune, solo talune, formazioni ex An e che ha debuttato ieri a Roma. Non saremmo tanto fiduciosi, almeno per una ragione. Marine Le Pen, che ha ereditato il Fronte dal padre, il coriaceo fondatore dal partito, ha come questi mai tentennato sul suo essere di Destra. Non ha mai avuto titubanze o dubbi, è stata di Destra sempre. Per questo, innanzitttuo per questo, è credibile nei suoi programmi elettorali e nella ferma intenzione di limitare, in una Europa unita prima di tutto come unione di popoli, delle patrie, delle nazioni, delle tradizioni, lo strapotere sia della Germania, sia dei poteri finanziari. Possono sbandierare altrettanta coerenza e continuità quanti si sono riuniti ieri o che lo faranno ancora, i quali a noi sembra vogliano solo parteciapre alla spartizione, più o meno prossima, delle spoglie del fu berlusconismo e che come programma più concreto hanno questo e solo questo? Nutriamo dubbi che chi abbia tali obiettivi possa interpretare con successo il pensiero della gente di Destra che in Italia è maggioranza. g.
I CONCORSI TRUCCATI IN UN PAESE ANCOERA FEUDALE
Pubblicato il 6 ottobre, 2013 in Costume, Politica | No Comments »
L’inchiesta di Bari coinvolge 38 docenti, tra cui i 5 “saggi” chiamati dal governo, ma svela ciò che tutti sanno: le università sono una lobby
L’inchiesta di Bari coinvolge 38 docenti, tra cui i 5 “saggi” chiamati dal governo, ma svela ciò che tutti sanno: le università sono una lobby
Non servono i saggi per rispondere a questa domanda. Come si diventa professori universitari? Lo sanno tutti. Non basta fare il concorso. Quello è l’atto finale, la fatica è arrivarci con qualche possibilità di vincerlo.

È una corsa con regole antiche, dove la bravura è solo una delle tante componenti in gioco.
L’università è un mondo feudale. I baroni non si chiamano così per caso. Ognuno di loro ha vassalli da piazzare. Entri se sei fedele, se sei pure bravo tanto meglio. È la logica della cooptazione. Ti scelgo dall’alto, per affinità, per affidabilità, per simpatia, perché apparteniamo allo stesso partito, alla stessa lobby, allo stesso giro. I baroni si riproducono tagliando fuori i devianti, le schegge impazzite, i cani sciolti. Molti sono convinti che in fondo questo sia un buon modo per selezionare una classe dirigente.
Magari hanno ragione, magari no e il prezzo che si paga è la «mummificazione». Fatto sta che sotto il concorso pubblico ufficiale ci sono trattative, accordi, arrivi pilotati, rapporti di forza, «questa volta tocca al mio», «tu vai qui e l’altro lo mandiamo lì». La stragrande maggioranza dei futuri accademici vive e accetta questa logica. È l’università. È sempre stato così. Perché cambiare? L’importante è mandare avanti la finzione dei concorsi. È la consuetudine e pazienza se è «contra legem».
I concorsi in genere funzionano così e il bello è che non è un segreto. Poi ogni tanto il meccanismo si inceppa. Qualcuno per fortuna ha il coraggio di denunciare o i baroni la fanno davvero sporca. È quello che è successo con un’inchiesta che parte da Bari e tocca una costellazione di atenei: Trento, Sassari, Bicocca, Lum, Valle d’Aosta, Benevento, Roma Tre e l’Europea. Sotto accusa finiscono 38 docenti, ma la notizia è che tra questi ci sono cinque «saggi». Cinque costituzionalisti cari al Colle. Augusto Barbera, Lorenza Violini, Beniamino Caravita, Giuseppe De Vergottini, Carmela Salazar.
Che fanno i saggi? Solo pochi illuminati lo hanno davvero capito. Forse qualcuno ancora se li ricorda. Sono quel gruppo di professori nominati da Enrico Letta su consiglio di Napolitano per immaginare la terza Repubblica. Sulla carta dovevano gettare le basi per cambiare la Costituzione. In principio erano venti, poi per accontentare le larghe intese sono diventati trentacinque, alla fine si sono aggiunti anche sette estensori, con il compito di mettere in italiano corrente i pensieri degli altri. Risultato: quarantadue. Il lavoro lo hanno finito. Quando servirà ancora non si sa.
I cinque saggi fino a prova contraria sono innocenti. Non è il caso di metterli alla gogna. Il sistema feudale però esiste. Basta chiederlo in privato a qualsiasi barone. Ed è qui che nasce il problema politico. Questo è un Paese feudale dove chi deve cambiare le regole è un feudatario. Non è solo l’università. L’accademia è solo uno dei simboli più visibili. È la nostra visione del mondo che resta aggrappata a un eterno feudalesimo. Sono feudali le burocrazie che comandano nei ministeri, paladini di ogni controriforma. È feudale il sistema politico. Sono feudali i tecnici che di tanto in tanto si improvvisano salvatori della patria. È feudale il mondo della sanità, della magistratura, del giornalismo. È feudale la cultura degli eurocrati di Bruxelles. È feudale il verbo del Quirinale.
È stato sempre così. Solo che il sistema negli anni è diventato ancora più rigido. Lo spazio per gli outsider sta scomparendo. L’ingresso delle consorterie è zeppo di cavalli di frisia e filo spinato. La crisi ha fatto il resto. Se prima era tollerata un quota di non cooptazione dall’alto, ora la fame di posti liberi ha tagliato fuori i non allineati. E sono loro che generano cambiamento.
Il finale di questa storia allora è tutto qui. Quando qualcuno sceglie 42 saggi per pilotare il cambiamento non vi fidate. Nella migliore delle ipotesi sta perdendo tempo, nella peggiore il concorso è truccato. Il prossimo candidato vincente è già stato scelto. Il nome? C’è chi lo sa. da Il Giornale, 6 ottobre 2013
……..Nessun commento!
LE ULTIME ORE DA SENATORE DI SILVIO BERLUSCONI
Pubblicato il 5 ottobre, 2013 in Il territorio | No Comments »
Siamo convinti che la storia di Silvio Berlusconi non si concluderà quando l’aula del Senato, salvo sorprese sempre possibili, avrà definitivamente sanzionato la sua decadenza da senatore. Nè, comunque, la sua storia è la storia di un “pregiudicato evasore fiscale” come qualche imbecille in cerca di padrini ha scritto sui muri del nostro paese. La storia di Berlusconi è innazitutto la storia esaltante che ciascuno di noi avrebbe voluto aver vissuto, partire dal basso e salire in alto sempre più in alto, prima nel mondo dell’imprenditoria, dal complesso settore dell’edilizia, il pilastro della economia che negli anni del secondo guerra segnò la rinascita del nostro paese, a quello innovativo e intrigante del mondo della tecnologia che ruotava negli anni 80 intorno alla televisione, e infine, nella politica. La sua discesa in campo nel 1994 fu inatteso e straordinarimente vincente, issandolo più volte sullo scranno più politicaente importante, quello di presidente del Consiglio. Comunque lo si vuole giudicare il suo impegno in politica, resta il fatto che nessuno nella storia della repubblica ha lasciato maggior segno come lui, amato ed odiato con pari intensità, medesimo passionale trasporto e identica forza, da milioni di persone, fatto segno, tra l’altro, di una invasiva attenzione da parte della Magistratura, la stessa che negli anni in cui mieteva successo nel mondo della economia non lo aveva mai incrociato, almeno come lo ha incrociato dal 1994 in poi, sino ad oggi, sino alla sentenza che lo condanna per frode fiscale, un paio di milioni di euro che sarebbero stati evasi da parte di chi di milioni di euro al fisco ne ha versati a centinaia e centinaia, due miliardi e mezzo negli ultimi ventanni. Ma le senteze sono sentenze e vanno rispettate. Giusto. Ma ciò non significa che chi ne sia stato oggetto debba diventare oggetto di insulti al limite della paranoia. Da chi squallidamente non ha esitato a far riferimento a criticità fisiche dovute all’età e che riguardano il privato, a chi, dalle nostre parti, per offrirsi a buon meracato a qualcuno che se lo comperi a poco prezzo per facilitarne le a dir poco bizzarre aspirazioni di premiership locale, non ha esitato, dimentico di non dimenticate esaltazioni, a scrivere sui muri frasi oltraggiose con abbondanza di inutili maiuscole, che non raggiungono Berlusconi, ma attestano solo la grettezza, la pochezza, la piccolezza morale ed etica del loro autore. Berlusconi ha di certo commesso molti errori, di certo ha mancato a molti impegni, di certo ha disatteso molte speranze, dopo averle alimentate con l’incomparabile traguardo che solo lui ha conseguito, riunire sotto una sola bandiera il popolo dei moderati del nostro Paese, disperso in mille rivoli dopo la fine della prima repubblica, ma fosse solo per questo, destinato ad essere da ora in poi, solo grazie a lui, obiettivo permanente del centrodestra, merita il rispetto di chi come noi ha come parametro della vita il rispetto dei Valori della lealtà, della correttezza, dell’onore, che non si comperano al supermercato: come soleva dire Pinuccio Tatarella, di cui conserviamo per sempre nel cuore il ricordo e l’affetto, o ce l’hai o non ce l’hai. g.
L’ERBA DI CASA NOSTRA….
Pubblicato il 3 ottobre, 2013 in Il territorio | No Comments »
Come è noto, da quest’anno la Tarsu, la tassa sui rifiuti, è stata trasformata in TARES (in attesa di ulteriore trasformazione dal 2014 in Service Tax che dovrebbe ricomprendere anche l’IMU) che per il momento comprende insieme alla tassa sui rifiuti anche quella quella per la manutenzione dei servizi pubblici, tra cui le strade.
Ed infatti…se non ci pensano i cittadini e aspetti il Comune, campa cavallo che….. l’erba cresce. Ed è proprio l’erba, tanta e rigogliosa come in un terreno incolto, quella che, come si vede nella foto che ci è stata inviata perchè la rendessimo di pubblica conoscenza, volenterosi cittadini, sostituendosi al latitante ente pubblico, stanno estirpando lungo i marciapiedi di Via Cadorna, strada non periferica del nostro paesino, percorsa ogni giorno da tantissima gente, compreso poco accorti amministratori pubblici e autorevoli funzionari comunali preposti, questi ultimi, proprio alla responsabilità della settore comunale che si occupa o che dovrebbe occuparsi dell’igiene e del decoro pubblico.
E non è solo via Cadorna che è in queste condizioni. Basta girare per le strade e per le piazze cittadine per constatare che la cosa è abbastanza, anzi molto diffusa e per nulla oggetto di preoccupato interesse di chi dovrebbe provvedere e non lo fa.
Da ciò il timore, fondato, fondatissimo, che i 30 o 40 centesimi a metro quadro che con la rata di conguaglio della Tares i cittadini saranno chiamati a pagare per la cosiddetta mantuenzione dei servizi, null’altro sarà che un aumento camuffato della vecchia Tarsu, senza nessun beneficio per i cittadini.
L’occasione ci è utile anche, visto che ci siamo, per ricordare a chi ne ha la responsabilità che qualche lavaggio in più ai cassonnetti maleodoranti che ornano le nostre strade cittadine non guasterebbe. Anzi!
BERLUSCONI “ZITTISCE” IL PDL E CHIAMA AL VOTO
Pubblicato il 1 ottobre, 2013 in Politica | No Comments »
Per il Pdl doveva essere il teatro dei tormenti, e ciascuno degli attori sulla scena, falchi e colombe, Santanchè e Augello, Schifani e Quagliariello, si era preparato un discorso, ognuno pronto a recitare le sue rimostranze da cuore infranto al sovrano e di fronte alle fazioni avversarie, quasi nemiche, a mostrare i denti persino, “vorrei che dal raccontarsi di oggi venisse un senso al nostro destino”, diceva Sandro Bondi, il coordinatore fedelissimo, prima di entrare a Montecitorio. Ma alla fine la riunione dei gruppi parlamentari del Pdl, in un’aula della Camera, silenziosa e cinerea, è stato lo spettacolo d’un uomo solo, Silvio Berlusconi sul palco, riflettori puntati, tutti gli altri zitti, un’attenzione, intorno, tesa, muta, a tratti feroce, ansia di rivelazione imminente. E il Cavaliere li ha lasciati poi così, i suoi deputati e senatori, ancora incerti e malmostosi, “Berlusconi ci lascia appesi”, si lagna Fabrizio Cicchitto. Il grande capo, senza tentennamenti e senza dibattito, ha detto loro che “l’esperienza di governo è finita”, “ora mi aspetto che si dimettano anche i sottosegretari”, ma poi ha pure ritirato le dimissioni di massa dei parlamentari, ha assicurato il voto sull’Iva e sulla legge di stabilità, e non ha nemmeno accennato – mai – a come votare, mercoledì, la possibile richiesta di fiducia al governo di Enrico Letta (che tuttavia appare improbabile senza prima le dimissioni del premier).