
Questo tripudio di bandiere nel salone della Fiera di Roma segna la nascita ufficiale del Popolo della Libertà: è il marzo del 2008, pochi mesi prima della straripante vittoria elettorale che riportò il centrodestra al governo e il presidente Berlusconi per la terrza volta in pochi anni a Palazzo Chigi.
L’entusiasmo era alle stelle, la commozione era visibile nei volti di tutti, dagli anziani che da decenni attendevano che si realizzasse il sogno della Grande Destra inseguito da sempre, ai giovani che vedevano realizzate le premesse per un grande futuro del nostro Paese governato all’insegna dei Valori della Libertà.
Eravamo lì, in quei giorni, sopratutto quel giorno e il nostro animo e il nostro cuore partecipavano alla gioia comune e non riuscimmo a trattenere nè le lacrime nè la consapevolezza di stare vivendo giornate storiche.
Il pensiero e la memoria ritornavano indietro, agli anni della giovinezza, alla lontana e mai dimenticata militanza nei ranghi della Giovane Italia, l’associazione studentesca che faeva capo al Msi, prima, alla Destra Nazionale, poi. Alle tante battaglie, alle tante sconfitte, alle tante speranze che avevano nutrito il nostro spirito, E ritornavano al 1976, alla diaspora all’interno della Destra e alla scissione che ne seguì, che, a prescindere dalle colpe e dalle ragioni, segnò, allora, la fine di un sogno e di una speranza.
Quel giorno di marzo del 2008, nell’aria primaverile di Roma, mentre le bandiere del PDL si incrociavano con i Tricolori e insieme sventolavano spavalde fra le migliaia di delegati di tutta Italia, convenuti per celebrare finalmente l’unità dei moderati italiani, ritrovammo lì, nella Roma tanto amata, nella Roma cantata da Puccini, teatro di tante speranze, la voglia di riprendere con rinnovato vigore, come tanti anni prima, la lotta per una Italia migliore, più giusta, più libera, più felice.
Sono passati pochi anni da allora, questa mattina, in queste ore, il sogno svanisce, ritorna lo spettro della divisione, sopratutto il timore della irrilevanza politica del centrodestra in un Paese che ora più che mai ha bisogno dei suoi Valori per resistere e superare le contigenze determinate da politiche europee errate e invasive della nostra autonomia e della nostra sovranità nazionale, carpitaci senza che si sia dato vita ad un grande stato unitario dell’Europa, non dei banchieri ma dei popoli.
Anche ora, a prescidere dalle colpe e dalle ragioni, è la fine di un grande sogno e di una grande speranza che erano diventate realtà, svanita fra le reciproche accuse che peseranno nell’immediato sul futuro del centrodestra italiano e quindi del nostro Paese, della nostra Patria, l’Italia. Peccato! g.