L’elevato astensionismo, la crescita del voto di protesta, la più banale osservazione quotidiana mostrano quanto ormai sia diffusa tra gli elettori la convinzione che in sostanza Destra e Sinistra si equivalgano, siano «la stessa cosa». Naturalmente si possono fare molte obiezioni a questa idea. Ma essa coglie un dato reale. E cioè che nel Paese esistono ruoli, gruppi sociali e interessi assolutamente decisivi, i quali però da tempo, pur di conservare un accesso privilegiato alla decisione politica, e così mantenere e accrescere il proprio rango e il proprio potere, si muovono usando indifferentemente la Destra e la Sinistra, al di là di qualunque loro ipotetica contrapposizione. Ruoli, gruppi sociali e interessi che nessun attore politico, né di destra né di sinistra, ha il coraggio di colpire, e che con il tempo hanno costituito quello che nella vicenda della Repubblica si presenta ormai come un vero e proprio blocco storico. Vale a dire un insieme coeso di elementi con forti legami interni anche di natura personale, in grado di svolgere un ruolo di governo di fatto di aspetti decisivi della vita nazionale.
È il blocco burocratico-corporativo, a sua volta collegato stabilmente a quei settori, economici e non, strettamente dipendenti da una qualche rendita di posizione (dai taxi alle autostrade, agli ordini professionali, alle grandi imprese appaltatrici, alle telecomunicazioni, all’energia). Consiglio di Stato, Tar, Corte dei conti, Authority, alta burocrazia (direttori generali, capigabinetto, capi degli uffici legislativi), altissimi funzionari delle segreterie degli organi costituzionali (Presidenza della Repubblica, della Camera e del Senato), vertici di gran parte delle fondazioni bancarie, i membri dei Cda delle oltre ventimila Spa a partecipazione pubblica al centro e alla periferia: sono questi il nucleo del blocco burocratico-corporativo. Il quale, come ho già detto, si trova a muoversi assai spesso in collegamento con l’attività dei grandi interessi protetti.
È un blocco formidabile, accentrato nel cuore dello Stato e della macchina pubblica, il cui potere consiste principalmente nella possibilità di condizionare, ostacolare o manipolare il processo legislativo e in genere il comando politico. Non poche volte anche usandolo o piegandolo a fini impropri o personali.
Bisogna pensare, infatti, che specialmente di fronte alla componente giudiziario-burocratica del blocco in questione il ceto politico-parlamentare, quello che apparentemente ha il potere di decidere e di fare le leggi, si trova, invece, virtualmente in una situazione di sostanziale subordinazione, dal momento che nel novanta per cento dei casi fare una legge conta poco o nulla se essa non è corredata da un apposito regolamento attuativo che la renda effettivamente operante. Ebbene, la redazione di tali regolamenti è sempre tutta nelle mani dell’alta burocrazia ministeriale, nonché – senza che vi sia alcuna legge che lo preveda, ma solo per un’antica consuetudine – essa è sottoposta al vaglio del Consiglio di Stato e della Corte dei conti. Un processo al cui interno è facile immaginare quali e quante possibilità si creino di far valere interessi e punti di vista che forzano, o addirittura contraddicono, la decisione – la sola realmente legittima – della rappresentanza politica. In linea generale e da un punto di vista, diciamo così, sistemico il principale obiettivo del blocco burocratico-corporativo – a parte la protezione degli specifici interessi dei propri membri – è quello di autoalimentarsi, e quindi di frenare ogni cambiamento che alteri il quadro normativo, le prassi di gestione e le strutture relazionali all’interno del blocco stesso: insomma tutto ciò che gli assicura la condizione di potere di cui oggi gode. Potere che riveste due aspetti essenziali: quello dell’indirizzo, del suggerimento, del condizionamento, perlopiù sotto la veste del consiglio tecnico-legale; e quello – ancora più importante – d’interdizione. Il potere cioè di non fare, di ritardare, di mettere da parte o addirittura di cancellare anche per via giudiziaria qualunque provvedimento non gradito.
Sul piano generale il risultato inevitabile di una simile azione finisce così per essere nella maggior parte dei casi quello di impedire tutte le misure volte a introdurre meccanismi e norme di tipo meritocratico, intese a liberalizzare, a semplificare, a rompere le barriere di accesso, le protezioni giuridiche e sindacali indebite. Spesso per il proprio interesse, ma il più delle volte per la sua stessa natura inerziale, il blocco burocratico-corporativo, infatti, tende a lasciare sempre tutto com’è: sotto il controllo di chi è dentro, dei poteri esistenti e dei loro vertici di comando. Non importa se per far ciò bisogna arrivare a vanificare pure il ruolo di imparzialità e di terzietà che dovrebbe essere proprio dello Stato: se per esempio le Authority di garanzia e di controllo piuttosto che esercitare con incisività il proprio mandato e rivendicare con altrettanta incisività un potere di sanzione, preferiscono – come accade di regola – voltare la testa dall’altra parte e lasciar fare i grandi interessi su cui in teoria dovrebbero vegliare.
Intendiamoci, fenomeni più o meno analoghi a quelli fin qui accennati caratterizzano tutti i regimi democratici. Ma tra i grandi Paesi dell’Europa un processo così forte ed esteso di autonomizzazione degli apparati burocratico-giudiziari e di crescita dei loro collegamenti con gli interessi economici mi pare si sia avuto solo in Italia. Solo in Italia quegli apparati e gli interessi, economici e non, ad essi collegati, si sono appropriati di spazi di potere così vasti. E di conseguenza – complice il discredito generale della politica – solo in Italia il comando politico e i suoi rappresentanti sono stati così intimiditi, messi così nell’angolo, sono stati resi così subalterni alla sfera amministrativa. E non a caso, forse, ciò ha corrisposto a una crisi generale del Paese, a una sua stasi progressiva in tutti i campi, alla sua crescente incapacità di cercare e di trovare strade e strumenti nuovi per il proprio sviluppo. La gabbia di ferro del blocco burocratico-corporativo e degli interessi protetti ha soffocato la politica. C’è solo da sperare che questa, nella nuova stagione che sembra annunciarsi, torni a respirare liberamente per assolvere i compiti cruciali che sono esclusivamente i suoi. Ernesto Galli della Loggia, Il Corriere della Sera
…Si potrebbe dire, senza voler essere irridenti di uno studioso e politologo di ecceziuonale valore quale è Galli Della Loggia, che scoprire che il principale bubbone della nostra malata democrazia è la buricrazia è come scoprire l’acqua calda, ma che qualcuno, oggi Galli Della Loggia, ieri altri come lui, lo scriano e lo denuncino è senza dubbio un bene. Specie se ciò può servirfe a svegliare la politica perchè la smetta di mettersi nelle maniu dei burocrati che senza mettere la faccia dispongono a loro piacere di un potere illimitato perchè senza controlli. Qualche giorno fa convenivamo con un autorevole funzionario governativo in servizio presso la Prefettura di Bari che il governo degli enti loclai è mutato, in peggio, ovviamente, dalla Legge Bassanini in poi e dalle rforme che l’accompagnarono che sottrassero alla politica ruoli e responsabiolità che sono, denbbono essere della politica, per affidarli ai funzionari che, non ovunque, non sempre fortunatamente, ne hanno fatto un uso improprio il che è solo un eufemismo oper nascondere la verità che è ben altra, quella che tra le riga si legge nel piccolo trattato di Galli della Loggia. E quel che è successo negli enti locali, avviene nell’intero apparato dello Stato che è nelle mani di “irresponsabili” funzionari che governano e regolamentano non pensando al bene comune ma solo al proprio. E’ tempo che la politica si dia una mossa, ma se il buongiorno si vede dal mattino, dobbiamo dire che la mattina è piena di nuvole che possono trasformarsi in temporali, visto che la legge elettorale, la madre di tutte le riforme, parte dal porcellum per portarci verso un truffellerem, nel senso che stiamo per cadere dalla padella nella brace, visto che dalla camera dei nominati si intende arrivare ad un’altra camera di nominati, persone, cioè, che no hanno a cuore il bene comune ma solo di quello di chi li nomina. E allora, si metta il cuore in pace Galli Della Loggia, perchè il male oscuro della democrazia italiana, la burocrazia, continuerà imperterrita a sovrastare alle cose del nostro sventurato Paese. g.