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Dire che le conferenze stampa alla Renzi sono ispirate alla più completa irritualità è diventato in poco tempo un eufemismo. Il neopremier ieri ha illustrato le scelte e i provvedimenti votati poco prima in Consiglio dei ministri alla stregua di un banditore e francamente il metodo non aiuta. Specie quando sono in gioco misure complesse, quando si tratta di valutare i delicati equilibri di finanza pubblica o solo individuare il perimetro delle novità normative, una più pacata trasmissione delle informazioni giova. Sicuramente al lavoro dei media (compresi quelli stranieri) ma ancor di più a quella trasparenza del rapporto tra politica e cittadini che rientra tra gli intendimenti prioritari di Matteo Renzi.

Ieri quest’obiettivo non è stato centrato perché alla fine dello show sappiamo i titoli dei provvedimenti che il premier ha fatto approvare, conosciamo l’indirizzo di alcuni di essi ma ci è rimasta la sensazione di non aver del tutto chiara la relazione che intercorre tra le decisioni di spesa adottate (e scandite) e le coperture di bilancio. Al punto che dovremo giocoforza aspettare il Def (il Documento economico-finanziario) per poter usufruire di elementi più certi di valutazione. Come riuscirà, ad esempio, il bisturi della spending review nel 2014 a raddoppiare i risparmi dai 3 miliardi previsti finora da Carlo Cottarelli ai 7 promessi ieri da Renzi? E ha senso adottare come riferimento per il rimborso dei debiti della pubblica amministrazione una stima di Bankitalia (90 miliardi) contestata ancora pochi giorni fa dal ministro del Tesoro uscente, che ha parlato di un pregresso limitato a 50 miliardi?

I dubbi, dunque, ci sono e abbracciano sia metodo che merito ma non per questo annullano il valore di singole scelte operate ieri dal governo. Al di là delle stime quantitative è giusto sbloccare i pagamenti dello Stato e degli enti locali alle imprese, è più che sensato semplificare la via crucis dell’apprendistato, hanno una loro ratio provvedimenti-ossigeno come quelli destinati a mettere in sicurezza le scuole, è utile venire incontro alle imprese tagliando i costi dell’energia, dell’Irap e dell’Inail ma soprattutto va apprezzata l’idea di ridurre le tasse ai redditi fino a 25 mila euro con la speranza che la mossa generi un rilancio dei consumi. E ha fatto bene Renzi anche a individuare per il suo jobs act lo strumento della legge delega invece che riscrivere di botto e per l’ennesima volta le regole del mercato del lavoro.
Restano tutte in campo, invece, le perplessità per l’aumento della tassazione delle rendite finanziarie. Nessuno nella condizione in cui versa il nostro Paese ha voglia di vestire i panni di Cassandra ma intravediamo il pericolo che in mezzo a tante coperture aleatorie alla fine la contropartita più corposa e certa passi ancora una volta attraverso l’incremento delle entrate fiscali. E temiamo che ciò possa rivelarsi alla fine un indigesto antipasto della patrimoniale .  Il Corriere della Sera, 13 marzo 2014

.….De Vico, butta acqua sul fuoco che eglis tesso ha acceso. La sceneggiata di Renzi, tanto vanesia quanto offensiva per la gente, è prova che siamo più ad uno spettacolo da circo equestre che non nella dura realtà di un governo che non deve annunciare ma deve fare. Renzi ha vinto le primarie del PD, poi la cacciata di Letta, giocando con l’unica cosa che sa usare, cioè le parole, ma con le parole non si governa, anzi… E la verità, sebbene ammorbidita dala speranza, come la descirve De Vico è che Renzi continua ancor oggi che ha la responsabilità di governo a giocare con le parole e fare annunci che rischiano di rimanere tali, con grande rabbia degli italiani. g.